Su Trump? Unione Europea divisa tra ‘vecchio’ e ‘nuovo’ padronato
di INDIPENDENZA (Canale Telegram)
Su Trump? Unione Europea divisa tra ‘vecchio’ e ‘nuovo’ padronato
L’attivismo estero dell’amministrazione Trump è figlio dell’urgenza dei tempi. Washington non è stato in grado di imbrigliare e direzionare a proprio piacimento un mondo in profondo cambiamento, nonostante due-tre decadi a disposizione di supremazia unipolare e di aggressività finanziaria/militare diretta ed indiretta su scala quasi globale. Questa sconfitta ‘di fase’ spiega gli interessi profondi che hanno portato a questa amministrazione. L’attivismo estero di Trump è figlio dell’urgenza di riconsiderare le priorità delle aree d’interesse –e di conflitto– con relativi riposizionamenti e ridefinizione delle relazioni. Un riorientamento complessivo a beneficio del ‘proprio’ (statualmente parlando) sistema di interessi, quantunque internamente divergenti ed anche conflittuali; un ripiegamento ed un riassestamento (più che una ‘ritirata strategica’) per tornare più robustamente all’offensiva.
Tutto questo all’insegna di un ‘marchio di fabbrica’ utile al ‘vettore’, cioè un muscolare (per ora nei toni e nelle parole, più che nei fatti) e disinvolto pragmatismo da navigazione ‘a vista’. La prospettiva strategica per ora si riassume nella generica aspirazione a rilanciare la potenza imperiale, a ‘rifare grande l’America’. Che queste ambizioni neo-imperiali si attuino –ed in caso in che misura– sarà tutto da vedere.
Rispetto all’amministrazione Trump, nella UE (e internamente agli Stati che la compongono) si stanno scontrando due linee di indirizzo (e di ‘interessi’) con differenti prevalenze, trasversali anche per orientamento ‘ideologico’ e non scontatamente stabili nemmeno nel breve periodo: una si oppone frontalmente a Trump (con qualche ‘esecutivo’ che, ponendosi alla testa, probabilmente punta a negoziare in extrema ratio ‘accomodamenti’ pro domo propria). Chi persegue questa linea, ritiene Trump una parentesi destinata a chiudersi in tempi relativamente brevi. Non coglie che si tratta non di un eccentrico magnate dai modi spavaldi e arroganti, ma della necessità di sopravvivenza e rilancio del sistema imperiale statunitense, al netto delle sue articolazioni e conflittualità interne di interessi. Su questa ‘linea’ spicca Macron (Francia), più ambiguamente Starmer (Gran Bretagna) e vedremo se si aggregherà anche Merz (Germania). Per ora le loro dichiarazioni e annunci mostrano di non considerare i rapporti di forza effettivi. Sull’Ucraina, ad esempio, è esilarante il loro atteggiamento bellicista, pronto all’invio di truppe, salvo chiedere a Washington una copertura militare.
L’altra linea vede i ‘trumpiani’ (in alcuni casi governi, in altri forze di opposizione) che vedono nel tycoon una sorta di ‘liberatore’, senza comprendere un ‘fondamentale’ della Storia, e cioè che una potenza imperiale ragiona, nelle sue relazioni e azioni, per ‘sottomissioni’ non per ‘liberazioni’.
Queste due linee europee (in cui si scontrano, variamente combinati peraltro, due diversi europeismi, confederale e federale) sono accomunate dalla medesima ‘dialettica servo-padrone’. I primi rimpiangono il vecchio padronato, i secondi –consapevolmente o meno– sono instradati per prostrarsi al nuovo.
Fonte: https://t.me/s/rivistaindipendenza
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