Meloni oltre la Via della Seta, faro resta il partenariato
di ANSA (Paolo Cappelleri)
ll “faro” dei rapporti fra Roma e Pechino è il Partenariato strategico globale del 2004.
Giorgia Meloni guarda oltre la Via della Seta e, dopo l’incontro con il premier cinese Li Qiang a margine del G20, sembra delinearsi la strada per un’uscita soft dell’Italia dall’accordo infrastrutturale-commerciale, soluzione di cui anche il partner avrebbe ormai preso atto, nel comune impegno a rilanciare il rapporto a 360 gradi e a mantenerlo nei canali della solida amicizia. Per certi versi, era l’appuntamento più delicato dei tre giorni a New Delhi, da dove Meloni ha offerto aiuto al Marocco colpito dal sisma ed è stata tra coloro che hanno criticato apertamente la Russia, per “l’aggressione” all’Ucraina e l’uso delle forniture energetiche “come arma di ricatto”. A quanto raccontano fonti italiane, alla fine è stato positivo l’incontro (il primo) con il capo del governo, che in India ha fatto le veci del grande assente, il presidente della Repubblica popolare Xi Jinping. Il bilaterale aperto alle delegazioni ha preso poi la forma di un tête à tête con interpreti. Il premier cinese avrebbe provato a evidenziare i vantaggi portati dalla Via della Seta all’Italia, unico Paese G7 ad aver aderito, nel 2018 con il governo Conte. L’esecutivo di centrodestra è intenzionato a non rinnovare l’accordo e si profila l’uscita soft già prospettata ai cinesi nella recente visita del ministro degli Esteri Antonio Tajani.
Un’exit strategy senza polemiche, con il massimo rispetto della leadership cinese e di Xi, che a ottobre celebrerà il decennale dell’iniziativa strategica. In parallelo sarà rilanciato il partenariato strategico – avviato dall’allora premier Silvio Berlusconi – che compirà vent’anni a maggio. Nel 2024 è prevista la visita in Cina di Sergio Mattarella. Quella di Meloni non è ancora in calendario. C’è anche l’anniversario dei 700 anni della morte di Marco Polo, a gennaio. Non è escluso un passaggio parlamentare, ma potrebbe essere ritenuto non necessario. Una mozione, si ragiona in ambienti di maggioranza, potrebbe servire per una valutazione sul futuro dei rapporti. Nella nota post bilaterale, Palazzo Chigi ricorda “la storia millenaria”, forte della quale i due Paesi condividono il partenariato “che costituirà il faro per l’avanzamento dell’amicizia e della collaborazione tra le due Nazioni in ogni settore di comune interesse”. Inoltre “il colloquio ha confermato la comune intenzione di consolidare e approfondire il dialogo tra Roma e Pechino sulle principali questioni bilaterali e internazionali”. Se da una parte è fondamentale evitare ritorsioni economiche, non è meno cruciale mantenere il dialogo politico con una potenza mondiale protagonista in aree fondamentali come Medio Oriente e Africa, dove – secondo la linea italiana – non si deve combattere ma competere. E possibilmente collaborare”.
Una relazione sana e stabile tra Cina e Italia “è in linea con gli interessi comuni di entrambi i Paesi ed è necessaria per un migliore sviluppo di entrambi”, ha detto Li Qiang a Meloni, ribadendo un auspicio più volte espresso da Pechino, ossia “che l’Italia fornisca un ambiente imprenditoriale equo, giusto e non discriminatorio affinché le aziende cinesi possano investire e svilupparsi in Italia. La Cina continuerà ad espandere l’accesso al mercato per creare maggiori opportunità per i prodotti di qualità di entrare nel mercato”. Poche ore dopo Meloni ha avuto un bilaterale con il leader dell’India, che invece con la Cina è ai ferri corti per tensioni al confine. Si è congratulata con il padrone di casa Narendra Modi per il “successo” del G20, esito sperato anche dal governo italiano, che vede in New Delhi la leadership ideale del Sud globale. Guardando a quella parte del mondo, l’Italia ha spinto per l’ingresso nel G20 dell’Unione Africana, e quindi di molti Paesi da coinvolgere con il Piano Mattei. “L’Italia – ha detto la premier – destinerà all’Africa oltre il 70% suo Fondo Italiano per il clima, 3 miliardi di euro nei prossimi 5 anni”. E, ha affermato davanti agli altri leader, “deve riguardare davvero tutti” la lotta per mitigare gli effetti “dei cambiamenti climatici, che impattano soprattutto sui Paesi del sud globale”.
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