Bon voyage
di FERDINANDO PASTORE (Pagina FB)
Al principio del viaggio Ferdinand Bardamu lascia il tavolino del Caffè e segue, tra le vie di Parigi, l’incupita fanfara militare per poi arruolarsi nella trappola disumana delle trincee.
Prossimamente la riproduzione di quel chiasso psicotico andrà in scena in forma amorfa. Il 15 marzo nessun Bardamu si arruolerà, mentre dal palco risuoneranno parole di guerra, ingentilite dalla presunta civiltà degli oratori. I liberali contemporanei non possiedono neanche l’ardore del tempo in cui riuscivano ad infiammare i cuori e le menti del popolo minuto, per portarlo estaticamente al massacro.
Oggi la retorica bellica allude a una mission aziendale, alla sopravvivenza della ditta. L’Unione Europea è ormai ente totalmente scorporato da qualsiasi dimensione territoriale e sociale. Si esprime per protocolli o per linee guida in ragione della produttività futura. L’articolato board al vertice, selezionato in quel professionismo spettacolarizzato che compone la società civile, trema per la propria sopravvivenza. Innalza gli stendardi delle passioni tristi per pretendere la propria salvaguardia, con il richiamo ad armamenti più efficaci, più risolutivi ma, al contempo, anonimi. Nessuno di loro si sporca le mani di sangue.
Tutto il progressismo eversivo, che negli ultimi trent’anni ha disfatto la Costituzione, disarticolato la rappresentanza, verticalizzato il sistema istituzionale, immiserito i partiti politici con il girotondismo, esaltato la taumaturgica via personale al riscatto nello spirito concorrenziale, si riverserà in piazza il 15 marzo senza alcun imbarazzo, per chiedere più Unione Europea, più armi, più morte, più cimiteri, più vendette. Per chiedere a quel gruppo di grigi teppisti, che pochi anni or sono accerchiarono Tsipras per minacciarlo di invasione militare nel corso di un celebre Eurogruppo, di utilizzare 800 miliardi per la corsa agli armamenti.
Gli stessi che, nelle loro orazioni domenicali, ammoniscono lo spirito di cupidigia delle classi popolari quando queste hanno l’ardire di chiedere più protezioni sociali, più sanità, più case popolari, più sicurezza, salari, lavoro, pensioni, trasporti. No, in quel caso non si dimostra la necessaria frugalità del vero imprenditore di sé, che plasma il futuro con le proprie mani, che accresce il proprio capitale sociale, la propria rete d’influenza, che riga dritto senza imprecazioni; docile, mansueto, ipnotizzato, assuefatto, resiliente. Europeo, moderno.
In piazza li troverete tutti, questi reazionari dalle pose sempre composte, dal galateo impeccabile, che inorridiscono come contesse di fronte ad accenni di socialismo e perdono la memoria di fronte al genocidio di Gaza. Questi epigoni dei loro omologhi destri, pronti a invocare il sacrificio altrui per la loro superflua vanità. Una parata di regime da contestare con il disprezzo che meritano i collaborazionisti dell’invasore. A loro il nostro bon voyage; che sia molto lontano dai nostri sguardi e dalle nostre vite.
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