Tenere la posizione

Ho bisogno di tenere i contatti con chi mi è cresciuto accanto, con chi ha accompagnato le mie giornate. Ho bisogno di mettere i piedi nei luoghi che mi hanno visto nascere e crescere, quelli nei quali ho sperimentato la vita. Ho bisogno di rivedere quei ‘posti’, respirarne l’aria.

Ma parimenti ho bisogno d’altro. Quel luogo e quelle persone definiscono uno spazio fisico e mentale circoscritto; spazio che valorizza alcune istanze e ne esclude altre; spazio che traccia un confine tra ciò che è ‘dentro‘ e ciò che è ‘fuori‘.

Ho bisogno di stare con ‘chi non è come me‘.

Ho bisogno di starmene ‘fuori‘ e vedere che cosa accade, sperimentare nuove combinazioni, mettere in discussione l’esistente, espormi alle sollecitazioni, farmi provocare da percorsi e storie ‘altre’.

Ho quindi scelto di ‘uscire‘ slegandomi dall’identità originaria, anche mettendola in discussione. Ho scelto di ‘ripartire da altro‘ rischiando l’acquisita appartenenza, contaminando gli originari riferimenti. Ho scelto di ‘allargare il giro’ in modo da non escludere ciò che è fuori, accogliendo altre possibilità, altre condizioni.

Altri hanno fatto diversamente. Hanno optato per stare là dove ‘sono venuti al mondo’. Hanno accettato ‘il cambio’ prendendo il testimone da chi li ha preceduti, portando avanti quanto trovato in una sorta di trascinamento: abitare gli stessi luoghi, alimentare quelle relazioni, contribuire alle iniziative presenti. Insomma, hanno scelto di stare dentro i confini, appartenendo a quello stato delle cose, assumendone in toto l’identità.

Si può scegliere di stare ‘dentro‘ o ‘fuori‘. Nè l’uno nè l’altro è in sè un problema; lo diventa qualora la posizione non venga tenuta in modo adeguato, cioè quando si pretende di essere e fare ciò che non si è ovvero quando una posizione viene vissuta e agita come se fosse superiore all’altra, entrando in una logica di ‘giusto’ e ‘sbagliato’. Una deriva che presagisce il tradimento di se stessi.

Pubblicato su Invito a …

Foto: me.