Ucraina: senza un bagno di realismo il negoziato resta al palo
di ANALISI DIFESA (Gianandrea Gaiani)
Il negoziato per la pace in Ucraina dopo i colloqui tra le delegazioni russa e ucraina in Turchia e la conversazione telefonica tra Donald Trump e Vladimir Putin, sembra arenarsi sugli scogli di sempre: da un lato la pretesa russa che Kiev e l’Europa tengono conto della situazione sul campo di battaglia, dall’altro la pretesa di ucraini ed europei che Mosca accetti di sospendere le operazioni militari per un mese per negoziare.
“Russia e Ucraina inizieranno immediatamente i negoziati per un cessate il fuoco” ha detto Trump dopo la conversazione con Putin definita “molto positiva. Russia e Ucraina avvieranno immediatamente i negoziati per un cessate il fuoco e, cosa ancora più importante, per la fine della guerra”, ha scritto Trump. Secondo il presidente americano, le condizioni dell’accordo saranno stabilite dalle due parti, perché “solo loro conoscono i dettagli” necessari a raggiungere un’intesa autentica.
Dettagli a dire il vero sostanziali sulla cui definizione Trump sembra volersi sottrarre preferendo sottolineare che la Russia sarebbe pronta ad avviare un commercio su larga scala con gli Stati Uniti una volta raggiunta la pace: “C’è un’enorme opportunità per la Russia di creare posti di lavoro e ricchezza. Il suo potenziale è illimitato”. Allo stesso modo il presidente ha evidenziato le prospettive economiche future per l’Ucraina, parlando di grandi benefici nel contesto della ricostruzione del Paese dopo la fine del conflitto.
Trump come sempre esalta le prospettive economiche determinate dalla fine del conflitto e ha posto l’enfasi sul ruolo che potrà avere il Vaticano con Papa Leone XIV nel guidare i negoziati ma in termini di sostanza dal faccia a faccia telefonico è emersa la conferma che USA e Russia marciano verso il ristabilimento di importanti relazioni bilaterali, non certo l’imminenza di un accordo per il cessate il fuoco e la pace in Ucraina.
Il portavoce del Cremlino, Dmitry Peskov, ha ammesso che nel colloquio si è parlato anche di un futuro possibile incontro tra Putin e Zelensky ma è probabile che questo avverrà una volta definiti i dettagli di un accordo che ancora non c’è.
Nei giorni scorsi Peskov aveva detto che “un incontro tra Putin e Zelensky è possibile, ma solo se le delegazioni raggiungeranno prima accordi concreti”.
Oggi ha sottolineato che “i russi e gli ucraini sono ora impegnati in un dialogo. Questi contatti sono stati ripristinati, il che è piuttosto importante in questa fase”. Per quanto riguarda il coinvolgimento degli Stati Uniti, ha confermato che Washington mantiene il suo ruolo di mediatore. “No, gli Stati Uniti non si stanno ritirando dalla mediazione. Tutti conoscono l’iniziativa del Papa. Il Vaticano ha rilasciato una dichiarazione in merito. Naturalmente, la parte russa apprezza qualsiasi sforzo volto a contribuire. Tuttavia, non sono stati confermati accordi specifici riguardo alla sede dei futuri colloqui”, ha aggiunto Peskov.
Il portavoce ha osservato che “gli Stati Uniti vogliono risultati il più presto possibile. Trump ne ha parlato e Putin è d’accordo. C’è un interesse comune a una rapida risoluzione. La nostra priorità è risolvere il conflitto affrontandone le cause profonde”, ha concluso il portavoce del Cremlino.
Il presidente ucraino Volodymyr Zelensky, sostenuto dai “volenterosi” europei, ritiene che sia “ovvio che la Russia sta cercando di guadagnare tempo per continuare la guerra e l’occupazione. Stiamo lavorando con i nostri partner per fare pressione sui russi affinchè si comportino diversamente. Le sanzioni sono importanti e sono grato a chiunque le renda più tangibili per i responsabili della guerra. Non abbiamo dubbi che la guerra debba concludersi al tavolo delle trattative. Dovrebbero esserci proposte chiare e realistiche sul tavolo. L’Ucraina è pronta per qualsiasi formato di negoziazione produttivo. E se la Russia continua a proporre condizioni irrealistiche e a compromettere i possibili risultati, le conseguenze saranno sicuramente dure. Oggi sono previsti anche colloqui con gli altri nostri partner”.
E’ bene comprendere che quelle che Zelensky definisce “proposte irrealistiche” che non è disposto a accettare sono le cessioni territoriali alla Russia di Crimea e altre quattro regioni già sotto controllo militare russo completo (Crimea e Lugansk) o solo parziale (Zaporizhia, Kherson e Donetsk).
Il nervosismo che si respira a Kiev e in molte capitali europee è determinato dall’indifferenza di Mosca di fronte alle pressioni per una tregua di un mese a che aiuterebbe solo gli ucraini, in difficoltà su tutti i fronti dove perdono terreno ogni giorno con il rischio che i russi dilaghino anche in altre regioni.
Oggi hanno preso il via le operazioni di trasferimento di 86mila civili da oltre 200 località nella regione ucraina di Sumy, vicino al confine con la Russia, che secondo le previsioni di Kiev potrebbe essere uno degli obiettivi di un’attesa offensiva russa.
L’intesa Russia-USA prioritaria per Trump
Che a Washington si attribuisca maggiore importanza alle relazioni con Mosca che alla pace in Ucraina lo si evince anche da almeno due elementi. Il primo è che mentre l’Unione europea annuncia il varo di un nuovo pacchetto di sanzioni a Mosca Trump avrebbe scoraggiato tale iniziativa.
Secondo quanto rivelato da Axios, Trump avrebbe detto ai leader europei e a Zelensky di non ritenere opportuno imporre sanzioni alla Russia, poiché quest’ultima desidera raggiungere un accordo per porre fine alla guerra contro Kiev.
Del resto ieri il portavoce del Cremlino, Dmitry Peskov, aveva detto chiaramente che “la posizione di Trump è neutrale, ed è realmente impegnato nelle questioni di risoluzione” della crisi ucraina, mentre “la posizione dei politici europei è apertamente filo-Ucraina”.
Il Cremlino ha fatto sapere ieri che nel colloquio telefonico Donald Trump non ha posto “ultimatum” a Vladimir Putin per un cessate il fuoco in Ucraina. “No, non hanno parlato di questo, anche se Trump naturalmente sottolinea il suo interesse nell’arrivare a questo o quell’accordo il più presto possibile”, ha detto il consigliere presidenziale russo Yuri Ushakov, citato da Interfax.
Il secondo punto è rappresentato da fatti che Trump ha ceduto a Recep Tayyp Erdogan le redini dei negoziati tra russi e ucraini, pur riservandosi di discuterne in un faccia a faccia telefonico con Vladimir Putin.
L’Amministrazione Trump non sembra voler rischiare il valore strategico della ripresa della ripresa delle relazioni con Mosca agganciandola al positivo esito dei negoziati di pace in Ucraina. Del resto da quando USA e Russia hanno ripreso a parlarsi Trump ha incassato il doppio successo dell’avvio di negoziati con l’Iran e l’accordo con le milizie yemenite Houthi per la fine dei raid aerei americani e lo stop agli attacchi alle navi mercantili in transito in quelle acque.
Europei irrilevanti e litigiosi
Anche se i colloqui di Istanbul tra russi e ucraini hanno portato solo a un’intesa per lo scambio di mille prigionieri per parte, la decisione condivisa da Trump e Putin di affidare la mediazione alla Turchia ha permesso di tagliare fuori ancora una volta dai negoziati i sempre più irrilevanti europei.
L’Europa appare infatti tagliata fuori da ogni processo negoziale e infatti né la UE né una sola singola nazione europea siedono a nessuno dei tavoli dei colloqui. Zelensky e i leader europei condividono invece la consapevolezza che senza un accordo che porti a un immediato cessate il fuoco l’Ucraina subirà ulteriori perdite territoriali e la sconfitta di Kiev trascinerà nel baratro la dirigenza ucraina, quella della Ue e molti leader e governi europei.
La coppia tedesca composta da Ursula von der Leyen e dal cancelliere Friederich Merz sembra determinata a puntare ancora sul logoramento della Russia con sanzioni e forniture di armi (sempre meno) all’Ucraina, valutazione rivelatasi dopo oltre tre anni fallimentare.
Questo elemento conferma come gli europei si stiano avvitando nella loro irrilevanza. La cosiddetta coalizione dei volenterosi esprime valutazioni e condizioni del tutto ininfluenti minacciando nuove sanzioni alla Russia se non accetterà il cessate il fuoco.
Le polemiche per l’assenza dell’Italia al tavolo dei volenterosi sono state liquidate dal premier Giorgia Meloni con l’affermazione che Roma, a differenza dei “volenterosi”, non intende inviare truppe in Ucraina. Prima Emmanuel Macron e poi Friedrich Merz hanno precisato di non voler valutare ora l’invio di militari anche se il presidente francese ne parla da molti mesi e sono ormai molte decine i “volontari” francesi uccisi dalle armi russe.
In realtà l’Italia si è decisamente smarcata dal dibattito che vede Gran Bretagna, Francia, Germania e Polonia insistere sulle garanzie di sicurezza da offrire all’Ucraina dopo un eventuale accordo di pace poiché tali garanzie, da quanto emerso finora, prevedono l’invio di militari europei a Kiev e se fino a poche settimane or sono si parlava di truppe pronte al combattimento oggi si discute di una presenza a più basso profilo di istruttori per addestrare le forze di Kiev.
Del resto anche il governo polacco ha più volte espresso contrarietà a inviare propri militari in Ucraina e in ogni caso la Russia non accetterebbe mai di sottoscrivere un accordo che preveda la presenza in Ucraina di truppe di nazioni aderenti alla NATO.
Il governo italiano sembra puntare a tenere per quanto possibile unito il fronte occidentale nonostante le tensioni su Ucraina e dazi, con l’incontro a tre tra Giorgia Meloni, Ursula von der Leyen e JD Vance.
Un bagno di pragmatismo
A Istanbul il capo della delegazione russa a Istanbul, Vladimir Medinsky, ha chiarito che l’obiettivo dei colloqui diretti era stabilire una pace duratura affrontando le cause profonde del conflitto. Mosca vuole evitare accordi temporanei e non accetterà soluzioni simili agli accordi di Minsk che avrebbero dovuto risolvere il conflitto nel Donbass e che, per ammissione di alcuni leader europei dell’epoca quali Angela Merkel e Francois Hollande, servirono solo a prendere tempo consentendo agli ucraini di armarsi.
La disponibilità di Mosca a continuare i colloqui con gli ucraini, espressa in Turchia e nei colloqui Putin-Trump, non lascia spazio a facili illusioni circa le prospettive di un cessate il fuoco a breve termine.
Il Cremlino ha ribadito le condizioni di sempre per accettare il cessate il fuoco:
- la neutralità dell’Ucraina, la rinuncia di Kiev a ospitare truppe e basi straniere, a possedere armi di distruzione di massa e a chiedere risarcimenti alla Russia,
- il riconoscimento da parte dell’Ucraina e della comunità internazionale dell’annessione alla Russia di Crimea, Donetsk, Lugansk, Kherson e Zaporizhia con il ritiro immediato delle forze di Kiev da queste regioni
L’aspetto che sembra sfuggire a molti osservatori in Europa è che per raggiungere la pace le condizioni le dettano i russi che sul campo di battaglia stanno vincendo la guerra e avanzano ogni giorno lentamente ma su tutti i fronti. Negli ultimi giorni hanno raggiunto in due punti la periferia della roccaforte di Pokrovsk e sono ormai a un chilometro dal confine con la regione di Dnepropetrovsk.
Sviluppi possibili
Se Kiev non accetta tali condizioni nessuna tregua risulterà accettabile per Mosca, poiché servirebbe solo a far tirare il fiato alle stanche e sempre più esigue truppe ucraine. Né Zelensky né molti leader europei possono accettare le condizioni poste da Putin perché sancirebbero la loro sconfitta e il loro declino politico.
Zelensky ha più volte definito “irricevibili” le richieste dei russi, che nei colloqui in Turchia hanno chiesto il ritiro delle forze ucraine dai territori delle quattro regioni contese ancora sotti il controllo di Kiev. Ieri il presidente ucraino ha aggiunto che “la Crimea, come tutta l’Ucraina, deve essere libera. Gli imperi cadono sempre”.
Affermazioni che non convincono più neppure gli ucraini, dal momento che è ormi evidente che in termini militari non ci sono elementi per ipotizzare una forte resistenza ucraina che possa fermare l’avanzata russa, né certo un contrattacco che possa riconquistare i territori perduti.
Come ha detto l’ex consigliere di Zelensky, Oleksy Arestovic “l’Ucraina può negoziare e perdere 5 regioni oggi oppure continuare a combattere e perderne 8 tra alcuni mesi”.
In questo contesto gli appelli a “una pace giusta”, intesa come assenza di penalizzazioni politiche e territoriali per l’Ucraina, che si levano in Europa appaiono come farneticazioni agli occhi degli osservatori più pragmatici e neutrali ma anche agli occhi di Putin che il 18 maggio ha ribadito gli obiettivi dell’operazione militare speciale che “riguardano l’eliminazione delle cause originarie di questa crisi, la creazione delle condizioni per una pace duratura e sostenibile e la garanzia della sicurezza per la Russia. Questo vale anche per le persone che risiedono in questi territori e che considerano la lingua russa come la loro lingua madre e la Russia come la loro patria”.
Putin parla da vincitore e, a dispetto di quanto afferma Zelensky, ha il fattore tempo a suo favore poiché Mosca si rafforza militarmente ogni giorno di più mentre ucraini ed europei si indeboliscono progressivamente.
Sono i leader ucraini ed europei a cercare di guadagnare tempo con tregue, cessate il fuoco e minacce di ulteriori sanzioni per non ammettere che la sconfitta di Kiev sarà anche la nostra e per evitare di pagare il prezzo della disfatta.
Commenti recenti