Il PD a scoppio ritardato
di FERDINANDO PASTORE (Pagina FB)
Qualcuno si chiederà il motivo per cui una parte del Partito democratico, dopo soli 19 mesi, si è ricordata del genocidio in corso contro il popolo palestinese. Sembra finito insomma il tempo di “Israele ha diritto di difendersi”. Per capire il motivo occorre rammentare quali sono le fazioni in lotta dentro quel partito e quale di esse si sta rinfrescando la memoria sulla Palestina.
Il Pd è una miscellanea composta da svariate gang tra le quali spiccano quella dell’austerità di bilancio con spruzzate di ordo-liberalismo tenuta in piedi dal Presidente della Repubblica e dal suo emissario europeo Paolo Gentiloni, quella del municipalismo d’impresa erede della ditta emiliano-romagnola, quella del cattolicesimo prodiano strettamente connessa a quella quirinalista, quella del rampantismo reazionario renziano. A queste si aggiunge quella che oggi esprime la segreteria, quella liberal/libertaria, diretta emanazione dei democrats statunitensi.
Ebbene è proprio quest’ultima che ha improvvisamente ritrovato la memoria, dopo mesi di balbuzienti improvvisazioni logiche per giustificare una sostanziale indifferenza alla causa palestinese. Ma purtroppo questo nuovo corso appare in tutta la sua ipocrisia, dato che di quella questione se ne fa un mero calcolo elettoralistico in previsione dei futuri appuntamenti d’oltreoceano. In quegli ambienti, sempre così wokisti, così meritocratici, non si può far altro che aspettare senza porsi alcun interrogativo sulla vittoria di Trump.
Se lo si facesse si dovrebbe assistere a uno sconvolgimento totale delle parole d’ordine, dei presupposti ideologici, delle priorità sociali e dell’intero gruppo dirigente di quel partito. In realtà, proprio per non reinquadrare la realtà nel Pd si fa finta di nulla, si dice che gli Stati Uniti sono la più grande democrazia del mondo e che, infine, ci sarà una rivincita. Nessuna domanda sulla crisi imperiale americana, sul multipolarismo, sulla Cina e sul nuovo ruolo delle classi lavoratrici in un quadro internazionale così rimaneggiato.
Si pone solo ora la questione palestinese nel Pd perché Netanyahu è di destra e perché alla Casa Bianca c’è Trump. Ma, ovviamente, ci si dimentica di dire che lo sterminio in corso non è messo in discussione da nessuno in Israele, se non per la sorte degli ostaggi e che gli Usa appoggiano militarmente lo Stato ebraico come se fosse il 51° stato americano, al di là delle loro vicissitudini politiche e dei loro rappresentanti istituzionali. La feroce sete di carneficina difatti, in Israele, è pressoché unanime.
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