Eutanasia di un impero: le guerre alla Russia, all’Iran e (domani?) alla Cina
DA LA FIONDA (Di Alberto Bradanini)
1. Le oligarchie americane perennemente belliciste, insieme al cagnolino da passeggio israeliano, hanno deciso di incendiare il Medio Oriente, in una strategia che non riguarda solo tale regione, ma include l’Europa (Ucraina) e l’Estremo Oriente (Taiwan-Cina). Proviamo a indagare. Innanzitutto, Biden o Trump, questo è il nostro avviso, non fa molta differenza. I due fronti, Rep o Dem, sono entrambi lucciole elettorali che si spengono quando gli attori principali o le comparse diventano presidenti, deputati o senatori.
A dispetto delle indecenti rappresentazioni che sfidano le leggi di gravità, e che i potenti della terra fanno digerire a una popolazione alienata da consumismi televisivi e intontimenti cellularici, è bene evidente che senza la luce verde della corrotta plutocrazia statunitense – è una noia ripeterlo, ma repetita iuvant – i criminali sionisti potrebbero al più acquistare il carburante per rientrare in casa al termine delle loro sataniche riunioni ministeriali, non certo aggredire un paese grande cinque volte l’Italia e abitato da quasi cento milioni di persone.
Il G7, riunitosi in Canada il 16 e 17 giugno, pur nella confuzione che ormai caratterizza i potenti dell’Occidente (non più della terra), ha rilasciato un testo in cui si afferma la solita solfa invereconda, vale a dire che Israele ha diritto di difendersi e che l’Iran non potrà mai possedere un’arma nucleare. Le signorie loro, se la domanda è lecita, hanno la testa a posto o no? Avremmo infatti piacere di capire la ragione per la quale a Israele è concesso possedere l’arma atomica e all’Iran no. E in tal caso, da quale autorità superiore (Nazioni Unite, Congresso Mondiale dei Popoli, il Padreterno o altri) tali svalvolati hanno ricevuto il mandato di adottare cotanta equilibrata decisione. Prego.
Nel merito, non sono pochi al mondo a ritenere che se l’Iran davvero acquisisse l’atomica, (sebbene abbia sempre dichiarato di non volerla, come certificato dall’Aiea[1]), il Medio Oriente potrebbe finalmente conoscere pace e stabilità, esattamente ciò che i terroristi sion-americani vedono come il fumo negli occhi. In quel caso, infatti, l’Iran si doterebbe di una plausibile deterrenza e cesserebbe di essere quotidianamente minacciato e aggredito dai suddetti criminali.
Si tratterebbe di un equilibrio sul filo del rasoio, non auspicabile ma, come nei decenni di guerra fredda, di un equilibrio che implicando il rischio della reciproca distruzione garantirebbe la non belligeranza, creando finanche le condizioni per un possibile componimento pacifico delle divergenze.
È poi chiaro come il sole che un ipotetico uso della Bomba da parte di Teheran dotata dell’arma nucleare contro Israele – dove vivono sette milioni di arabi-mussulmani e altrettanti ebrei – significherebbe la disfatta storica, politica e morale dell’Iran, che implicherebbe altresì la sua successiva distruzione materiale da parte di Usa e Israele, quale rappresaglia. Si può essere radicali, dunque, senza essere stupidi.
Ora, Netanyahu (dietro cui si nascondono le consegne americane) ha dato fuoco alle polveri per un obiettivo strategico (al servizio dell’impero statunitense) e specifico (per lo Stato Ebraico): demilitarizzazione, denuclearizzazione e destabilizzazione dell’Iran, incluso un cambio di regime. L’assassinio del capo negoziatore iraniano del dossier nucleare, Ali Shamkhani, è evidenza plateale dell’intento di sabotare quei finti negoziati che gli Stati Uniti mostravano di condurre dietro le quinte. Tutto ciò – è bene chiarirlo – avviene sotto la guida e il consenso degli Stati Uniti, a partire dall’inquilino provvisorio della Casa Nera.
Il terrorista Netanyahu – ricercato dal Tribunale Internazionale per crimini contro l’umanità – ha in proposito dichiarato che l’attacco contro l’Iran è stato preemptive, un aggettivo questo che fa venire l’orticaria, ricordandoci l’aggressione fabbricata a tavolino da Bush figlio, Powell, e altri compagni di merende neocons di quell’epoca, contro l’Iraq, un paese che aveva la sola colpa di essere incorso nelle ire di tali individui moralmente traviati.
È ben evidente che con l’aggressione all’Iran un altro genio della lampada si è librato nell’aire e vi farà ritorno solo dopo aver falciato migliaia di vite umane. Mentre la scura signora con la falce non avrebbe certo bisogno di vedersi facilitato il compito affidatole da madre natura, prendiamo l’ardire, per giustizia retributiva, di sollecitare l’intervento di Irene, Dea della Pace, affinché convince Zeus a introdurre nell’universo una norma semplice e banale: chi dichiara una guerra vada lui a farla, insieme alla sua famiglia. È con immensa gioia, in tal caso, che assisteremmo alla partenza per il fronte della recluta Trump Donald – accompagnata dai quattro figli, da parenti e affini sino al quarto grado, dal Segretario alla Difesa (Hegseth Pete, anche lui quattro figli), dal Segretario di Stato (Rubio Marco, lui pure quattro figli, sembra una regola per entrare nel cerchio dei potenti!) e via via tutti coloro che nell’Impero del Bene sono chiamati segretari, forse perché incaricati di prendere nota e obbedire, non certo per studiare e trovare soluzioni equilibrate. Tutti costoro sarebbero accompagnati, in quel miracoloso caso, dai loro degni compagni di merende in analoga composizione, provenienti dai terroristi di Sion e appartenenti al popolo prescelto da Dio per qualche incarico che rimane tuttora misterioso.
Purtroppo, i sogni si avverano raramente, e quando lo fanno rischiano di trasformarsi in incubi ché, come ricordava O. Wilde, appartengono anch’essi alla categoria dei sogni.
Davanti a un ennesimo massacro tra umani, privo di ragioni che non siano riconducibili alla cupidigia di potere e ricchezze dei padroni del mondo, i popoli languono pigri davanti a TV e smartphone, mentre (per quanto ci riguarda) i ceti cosiddetti dirigenti, europei e italiani – il nostro si distingue come sempre per propensione all’obbedienza e capacità di produrre il nulla che nulleggia – diffondono nell’etere grandezze logiche che se fossero barriti di un elefante sarebbero più intellegibili.
2. In una regione già infuocata, l’escalation potenziale può estendersi ad altre nazioni e oltrepassare la soglia nucleare. Qui, l’unica democrazia del Medioriente ha diritto di difendersi! È questa una qualificazione spappagallata da analisti televisivi e cartastampati cerebralmente regrediti all’età delle pietre, ascoltando la quale si verrebbe travolti da ilarità, se non fossimo alle prese con tragedie immani. Resta in un’ombra indecifrabile la circostanza che lo Stato Ebraico – violando la Carta delle Nazioni Unite e ogni valore di convivenza umana (Gaza, Libano, Siria etc…) – ha platealmente aggredito una nazione sovrana che da decenni vede falcidiati da Mossad-Cia scienziati e personalità militari e politiche, che hanno avuto la colpa di lavorare per il loro paese. La Macchina della Verità ripete quindi, come un megafono sulla pubblica piazza, che l’Iran costituisce una minaccia per la sicurezza della grande potenza militare americana, situata come noto sotto casa, a 15.000 km di distanza! Che facce di tola!
In realtà, la strategia perseguita dal governo di Washington è quella delineata a suo tempo da tale Z. Brzezinski, un aristocratico polacco naturalizzatosi politologo imperiale americano: a) inglobamento dell’Ucraina; b) cesura tra Europa e Russia; c) sottomissione/occupazione neocoloniale della Russia; d) destabilizzazione/regime change dell’Iran e) solitudine strategica della Cina (in attesa di smembramento/conquista da parte delle truppe di Wall Street). A dispetto dell’inciampo ucraino, la marcia funebre continua.
Le scelte strategiche degli imperi sono per definizione imperiali. Mirano ad abbracciare il globo in ogni praticabile modo, senza cura per etica, interessi altrui (alleati compresi) o legalità internazionale. Gli Stati Uniti d’America, intossicati da una hybris che non conosce limiti, in declino sociale, industriale, economico/monetario e persino militare, non si rassegnano certo a tale infame destino tornando ad essere una nazione normale, anche se una grande nazione, bilanciando i propri interessi con quelli altrui, rinunciando a orizzonti malati contro paesi che non si piegano.
In Europa, il tentativo imperiale di destabilizzare la Russia, smembrarla e assorbirne le immense risorse, sta fallendo. Non per questo, tuttavia, la Russia è destinata a diventare un paese amico. Essa sarà al più un non nemico, che deve essere contenuto in attesa che la storia offra un’altra occasione per catturare una preda così ghiotta, troppo grande e ricca di ogni ben di Dio per convivere con la sola nazione indispensabile al mondo, per di più imperitura.
In verità, le decrescenti risorse imperiali non sono sufficienti per il contenimento della Russia e dunque occorre trasferire tale incombenza agli europei, in ossequio al principio della divisione dei compiti, i quali sono finanche ansiosi di svolgerla, a dispetto apparente del dominus atlantico, presuntamente convertito ai valori di pace e convivenza con Mosca, riducendo benessere e servizi sociali, tanto i popoli digeriscono tutto!
Le colonne europee di servizio, politici, media e accademia, a parte marginali eccezioni, tutti incolonnati da Cia/Nsa/reclutamenti o ricatti, obbediscono a uno schema prefabbricato, fingendo una strategia di differenziazione dal sovrano atlantico per continuare la guerra alla Russia (acquistando però armi yankee da Lockheed Martin e Raytheon), mentre in realtà, in perfetta distopia orwelliana, il capo burattinaio tira i fili dietro il sipario.
Il secolare incubo anglosassone, infatti, – prima britannico, poi americano, vale a dire la saldatura Russia-Europa – è sempre lì, solo attualizzato: un tempo a Russia e Germania doveva essere impedita qualsiasi alleanza, oggi è all’Europa intera (che ha preso il posto della Germania) che deve essere impedito ogni avvicinamento alla Russia, tanto più che a tale saldatura potrebbe un giorno unirsi il gigante cinese, unificatore infrastrutturale della massa euroasiatica. Il popolo ucraino, nel frattempo, paga le indicibili conseguenze del cinismo imperiale e del masochistico vassallaggio europeo.
3. in Medioriente, gli Stati Uniti hanno a che fare con un altro paese recalcitrante, l’Iran, 92 milioni di abitanti, primo al mondo per riserve di gas e petrolio (per ora, non sfruttate per deficit di tecnologia e investimenti), il solo nell’area non ancora destabilizzato o reclutato sul fronte occidentale con soldi o colpi di stato, che attende di essere occupato e depredato. Ciò consentirebbe di circondare ancor più la Federazione russa e indebolire la Cina, principale sfidante dell’egemonia imperiale, che ha bisogno di gas e petrolio come dell’aria che respira. Tale strategia sarebbe mira, infine, a inserire un cuneo destabilizzante in quel Sud Globale che osa alzare la testa della sovranità e dell’autonomia.
L’incombenza è demandata allo Stato Ebraico, il quale di suo vi aggiunge l’espansionismo coloniale e i suoi deliri messianici. In una leggera divaricazione tattica (ma non strategica) Israele e le sue lobby puntano a coinvolgere Washington in un conflitto allargato, consentendo a Israele di liberarsi definitivamente dei palestinesi di Gaza e Cisgiordania (cacciarli o sterminarli fa poca differenza!), impadronirsi delle loro terre e occuparne altre in Libano, Siria e paesi limitrofi, senza limiti che non siano quelli autoimposti. Una vergogna indicibile! Tale traiettoria, affermano i sionisti nel loro delirio, sarebbe tracciata in un libro scritto tremila anni fa da beduini venuti dal deserto, secondo i quali Dio avrebbe assegnato al popolo eletto alcuni misteriosi incarichi, mentre agli altri popoli della terra – creati presumibilmente da quello stesso Dio – sarebbero stati riservati incarichi di secondo livello, ad esempio servire a tavola o farsi bombardare dall’alto.
In tale scenario, è palese che la questione nucleare iraniana altro non è che un pretesto. Ogni ipotetico accordo con l’Aiea, gli Usa, il gruppo 5+1 o gli inviati di Marte non verrebbe mai considerato sufficiente. Prima o poi anche l’impegno più solenne e stringente che l’Iran dovesse sottoscrivere verrebbe rimesso in discussione dai padroni del mondo, poiché l’obiettivo resta quello sopra esposto, cambiamento di regime, sottrazione della sovranità e sequestro delle sue ricchezze a beneficio delle corporazioni di Wall Street e della City di Londra, in parallelo con la necessità di disarticolare sul nascere l’asse della resistenza, Brics e Sco, che insieme a Cina, India, Russia, Brasile e altri, fiorisce ogni giorno di più, rivendicando sovranità e libertà di scelte, caratteristiche urticanti per la patologia imperiale.
4. Ora, davanti alla frase toccasana maintream-occidentalica (“Israele ha diritto di difendersi”) che da venti mesi ci fa venire l’urticaria – davanti ai 300.000 palestinesi (questi sono i numeri veri) trucidati a Gaza dalla follia sionista – ci saremmo aspettati una maggiore immaginazione deformativa da parte della macchina della menzogna.
Certo, per ricevere il perdono di non essere una democrazia l’Iran deve accettare di farsi bombardare dagli eserciti occidentali, i quali sono notoriamente mossi dai sani valori di tutela dei diritti umani e delle libertà fondamentali. Nessuna costruzione politica nella storia moderna ha accumulato una tale combinazione tossica di supremazia etnica messianica, estremo disprezzo per la vita umana (i popoli non eletti sono “amalek“, cioè animali …); totale obliterazione del diritto internazionale e accesso illimitato a una potenza di fuoco pericolosissima per chiunque si opponga, donne e bambini compresi, beneficiando del sostegno incondizionato della più grande potenza militare del pianeta.
In Medioriente il solo paese che possiede l’arma atomica è beninteso Israele. Se si accantonano le fabbricazioni mediatiche che Cia-Mossad mescolano nell’etere insieme all’aria che respiriamo, non v’è alcuna evidenza che Teheran abbia mai voluto costruirla o che vi si stia avvicinando. Israele, diversamente dall’Iran, non ha ratificato il Trattato di Non Proliferazione e nemmeno le Convenzioni delle Nazioni Unite contro le armi chimiche e biologiche). Se un marziano arrivasse sulla terra e leggesse il dossier Israele-Iran, direbbe che la razza umana è composta da rimbambiti.
Se la Comunità internazionale, quella occidentale in particolare, è prigioniera di menzogne e inerzia, ebbene anche i paesi arabi/mussulmani non brillano per presa di coscienza e coraggio. Se oggi a soffrire sono libanesi, palestinese, iraniani e yemeniti, tuttavia, domani potrebbe essere il loro turno. Dovrebbero fare attenzione.
Vi è però un paese islamico che possiede la bomba, il Pakistan. Secondo quanto dichiarato dal generale Mohsen Rezae – un alto ufficiale dei Guardiani della Rivoluzione e membro del Consiglio iraniano di sicurezza nazionale – il Pakistan sarebbe pronto a reagire nella stessa maniera se Israele usasse il nucleare contro Teheran. Il portavoce del governo pakistano ha poi smentito tale affermazione, affermando tuttavia pieno sostegno all’Iran e sollecitando all’unità musulmana contro lo stato ebraico. Il 14 giugno scorso, il ministro pakistano della Difesa, Khawaja Asif, ha aggiunto che le nazioni musulmane dovrebbero unirsi contro Israele o rischiare la stessa sorte di Iran e Palestina, esortando le nazioni musulmane che hanno legami diplomatici con Israele a rompere le relazioni e invitando l’Organizzazione per la Cooperazione Islamica (OIC) a formare una strategia comune contro la nazione ebraica. In buona sostanza, anche su questo fronte il quadro è fluido e i rischi di escalation aumentano.
5. Il terzo livello di contenimento dell’Asse imperiale del Bene è anche il principale, ed è situato in Estremo Oriente, dove gli Stati Uniti intendono trasferire armi e bagagli dall’Europa e dal Medioriente, una volta sistemate le cose in questi due teatri. Nel Far East, l’incarico di far la guerra a Pechino è assegnato alla Repubblica di Cina (nome ufficiale di Taiwan), anche se resta improbabile che i taiwanesi saranno disposti al suicidio. Pechino, d’altra parte, non ha alcuna intenzione di aggredire una sua provincia, lavorando invece ad avvicinarne i destini attraverso integrazione economica, tecnologica, culturale e via dicendo. Seppure improbabile, tuttavia, il malato bellicismo americano continua a investire su tale prospettiva, cercando di indurre i taiwanesi a piegarsi ai deliri di un impero in disfacimento.
Davanti alle sofferenze di chi muore al fronte o sotto ile bombe, si tengano a mente, per finire, le parole del poeta cileno, Pablo Neruda: le guerre sono fatte da persone che si uccidono senza conoscersi per gli interessi di persone che si conoscono ma non si uccidono.
[1] Agenzia Internazionale per l’Energia Atomica
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