Guerra di Israele all’Iran per il nucleare? No, guerra dell’Occidente a Russia e Cina
di INSIDE OVER (Fulvio Scaglione)

Alla fine, questa guerra di Israele all’Iran (guerra a lungo desiderata, e perseguita da almeno un decennio da Benjamin Netanyahu, da quando spergiurò davanti al Congresso Usa che l’Iran era a un millimetro dalla bomba atomica, nel tentativo di scongiurare l’accordo siglato pochi mesi dopo da Barack Obama) non è poi così difficile da leggere. A patto naturalmente di sgombrare il campo dalla fuffa ideologica, quella che fa ripetere alla nostra premier Meloni e a metà dei politici del mondo che “l’Iran non può avere la bomba atomica”. Dando così a intendere, come faceva appunto Netanyahu già dieci anni fa e allo stesso modo mendace, che gli ayatollah fossero vicini ad averne una. Cosa non vera, come sanno loro, come abbiamo raccontato noi, come hanno testimoniato le due recenti relazioni degli ispettori dell’Agenzia Onu per l’energia atomica (da leggere qui), che nelle scorse ore hanno peraltro ribadito di non aver mai parlato di bombe iraniane, e come poco tempo fa asseriva anche Tulsi Gabbard, capo dell’intelligence Usa, prima di essere messa da parte da Donald Trump.
Fatto salvo che nessuna persona dotata di buon senso metterebbe la mano sul fuoco per gli ayatollah e le loro intenzioni, è chiaro che non c’era alcun clear and present danger nucleare da sventare. Quindi lo scopo vero di questa guerra dev’essere un altro. Abbattere il regime iraniano, ovvio. Ma per il gusto di metterne un altro, uno bello, democratico, progressista e pacifista com’è successo in Afghanistan, Libia o Siria, i precedenti grandi successi in tema di regime change? Questa guerra, in realtà, arriva in coda a una serie di guerre che gli Usa di Joe Biden hanno lucidamente condannato a parole e appoggiato nei fatti (con armi e copertura politica nelle sedi adatte, per esempio all’Onu) e che Trump ha forse subito, senza comunque riuscire a far passare ai piani di tregua (Gaza) o accordo (Iran) l’opposizione di Netanyahu e dell’ala neocon tuttora presente e influente nella sua amministrazione. Con effetti paradossali, come l’appoggio alla nuova Siria di Al-Jolani e, nello stesso tempo, all’Israele di Netanyahu che la bombarda senza essere minimamente minacciato o aggredito dalla siria stessa.
Perché le guerre di Netanyahu, dopo aver preso le mosse dalla reazione alle stragi dei terroristi di Hamas dell’ottobre 2023, si sono presto trasformate nella riedizione dei piani per il New American Century dell’epoca di George Bush, con i quali i neocon volevano ridisegnare il Medio Oriente. Come dice uno dei tanti politici illuminati di questa nostra epoca, ovvero il cancelliere tedesco Friedrich Merz, “Israele sta facendo il lavoro sporco per noi”. Ha ragione: Netanyahu sta allargando Israele prendendosi Gaza, la Cisgiordania, un pezzo di Libano, un pezzo di Siria e abbattendo l’Iran per costruire un più temibile presidio occidentale in Medio Oriente. Un presidio capace di tenere sotto il tallone della potenza militare una regione tradizionalmente inquieta, dove però i Paesi e i Governi in grado di praticare una politica autonoma sono in via di estinzione.
Tutti i fronti dell’Occidente
L’Iran (e per certi versi la Turchia) erano rimasti gli unici casi di rilievo. Lo dimostra l’isolamento totale, in questo frangente, dell’Iran, abbandonato da tutti, e di fatto attaccato da tutti: come abbiamo già raccontato in queste pagine, sia da chi rifornisce Israele o collabora alla sua difesa (gli Usa, molti Paesi europei, la Giordania), sia da chi agevola le sue offensiva o le sue infiltrazioni in territorio iraniano (le petromonarchie del Golfo).
Osservata da una prospettiva più ampia, questa guerra è un altro capitolo della guerra che l’Occidente a guida americana sta combattendo ormai su tutti i fronti (Medio Oriente, Europa, Asia) per mantenere una supremazia globale che mai come in questi anni è stata messa in discussione. Dal punto di vista militare, con l’invasione russa dell’Ucraina (a proposito: guerra preventiva pure quella, per evitare un “pericolo esistenziale” per la Russia; le motivazioni addotte da Vladimir Putin sono quasi sovrapponibili a quelle di Netanyahu). Dal punto di vista tecnologico, con l’impetuosa avanzata della Cina. Dal punto di vista economico, con i grandi sacrifici che ci siamo imposti per cercare di marginalizzare i competitor che riteniamo più insidiosi, primo fra tutti la Cina. Dal punto di vista istituzionale con l’ascesa dei BRICS di cui, non dimentichiamolo. l’Iran in via di distruzione è membro effettivo dal 2024.
E anche dal punto di vista della geopolitica dei commerci. Ben prima della guerra dei dazi c’è stata e c’è la guerra dei corridoi commerciali. Spazzare via i palestinesi da Gaza e gli ayatollah dall’Iran potrà ridare nuova linfa al Corridoio Economico India-Medio Oriente-Europa e all’Iraq Development Road e annientare le prospettive del Corridoio Nord-Sud, concepito per collegare Russia, Iran e India. Sarà un caso ma pochi giorni prima dell’attacco israeliano all’Iran era entrata in funzione la nuova linea ferroviaria dalla Cina all’Iran. Il primo treno da Xi’an è arrivato al polo iraniano di Aprin il 25 maggio 2025. Questa linea era stata concepita nel 2021, subito la firma che Iran e Cina avevano posto la firma su un accordo del valore di circa 400 miliardi di dollari. Il progetto era semplice: far arrivare i prodotti cinesi in Iran via terra, aggirando le zone di influenza, le basi militari e le sanzioni Usa. Per l’Iran si trattava non solo di merci ma anche di un ruolo-chiave di hub aperto verso Sud (il Corridoio Nord-Sud, appunto), verso Ovest (con l’accesso via terra all’Iraq, alla Siria, alla Turchia e quindi al Mediterraneo, a Est (con l’accesso diretto alle forniture cinesi).
Il presunto nucleare iraniano, alla fin fine, era davvero la minore delle questioni.





Commenti recenti