Thailandia e Cambogia, arriva l’accordo per il cessate il fuoco
di TERMOMETRO GEOPOLITICO (Federico Giuliani)

In Malesia, a una trentina di minuti di auto dalla capitale Kuala Lumpur, precisamente a Putrajaya, i colloqui di pace tra i leader di Thailandia e Cambogia hanno portato a un “cessate il fuoco immediato e incondizionato” a partire dalla mezzanotte ora locale. Era un incontro delicatissimo, proposto e coordinato dal primo ministro malese, Anwar Ibrahim, presidente di turno dell’Asean, e cioè l’Associazione delle Nazioni del Sud-Est Asiatico della quale fanno parte anche Bangkok e Phnom Pehn. L’obiettivo dell’incontro: far cessare le ostilità nel cosiddetto Triangolo di Smeraldo, ovvero in una zona frontaliera dove da giorni si stanno scontrando truppe thailandesi e cambogiane. Non poteva esserci esito migliore.
Presenti al vertice, andato in scena presso la residenza ufficiale di Anwar, il primo ministro ad interim della Thailandia, Phumtham Wechayachai, e il suo omologo cambogiano, Hun Manet, oltre – particolare da non ignorare – funzionari statunitensi e cinesi, che avevano dichiarato di voler assistere a una de-escalation delle tensioni.
Il momento della diplomazia
La Cina ha fatto sapere di aver accolto con favore gli sforzi malesi volti a porre fine ai combattimenti tra i vicini del Sud-Est Asiatico: “Ci auguriamo che entrambe le parti partano dagli interessi comuni dei loro popoli, mantengano lo spirito di valorizzazione della pace e promozione del buon vicinato, mantengano la calma e diano prova di moderazione”.
Anche gli Stati Uniti avevano invocato la fine degli scontri, seppur con un modus operandi molto particolare. Mentre era impegnato in Scozia con Ursula von der Leyen, Donald Trump spiegava di aver parlato telefonicamente sia con il leader thailandese che con quello cambogiano. ”Facciamo tanti accordi con la Thailandia e con la Cambogia, e intanto si ammazzano tra loro. Ho detto che non porteremo avanti alcun accordo commerciale se non smettono la guerra. Credo che ora siano determinati a risolvere la questione”, aveva dichiarato il presidente statunitense, disposto ad usare l’economia come leva diplomatica.
Una leva che ha avuto poco successo, visto che le ostilità tra i soldati cambogiani e thailandesi sarebbero comunque proseguite, ma che per lo meno hanno convinto Bangkok – che in precedenza aveva rifiutato qualsiasi mediazione esterna – ad accettare l’offerta di mediazione avanzata dalla Malesia.
Obiettivo raggiunto?
Il vertice di Putrajaya ha probabilmente risolto la contesa. Thailandia e Cambogia avranno un “cessate il fuoco immediato e incondizionato” a partire dalla mezzanotte ora locale, ha spiegato Anwar. “Questo è un primo passo fondamentale verso la de-escalation e il ripristino della pace e della sicurezza”, ha proseguito il leader malese.
Hun Manet si è detto fiducioso che i risultati dell’incontro “offriranno numerose opportunità a centinaia di migliaia di persone da entrambe le parti di tornare alla normalità” e che è giunto il momento di “iniziare a ricostruire la fiducia reciproca tra Cambogia e Thailandia”. Phumtham Wechayachai ha dichiarato che il cessate il fuoco è stato negoziato dal suo Paese “in buona fede” e che Bangkok è impegnata per la pace.
Ma perché Thailandia e Cambogia hanno combattuto rischiando una guerra aperta? Era davvero colpa di un retaggio coloniale vecchio un secolo, di un confine rivendicato, di antipatie storiche, oppure dietro l’escalation c’erano altri interessi, interessi riguardanti tanto Bangkok e Phnom Pehn, quanto Cina e Stati Uniti?
Il bilancio dei combattimenti? L’esercito thailandese ha parlato di 22 vittime: 14 civili e otto soldati. Oltre 100 i feriti e circa 140.000 cittadini evacuati nei rifugi di sette province. La Cambogia non ha invece ancora reso bilanci ufficiali. Il quotidiano cambogiano Khmer Times ha tuttavia scritto che circa 135.000 persone sono state ricollocate lungo il confine, e che 400.000 lavoratori cambogiani sono rientrati in patria dalla Thailandia perché il conflitto ha sconvolto le loro attività.
#TGP #Tailandia #Cambogia
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