Modello Milano: il furto alla comunità
DA LA FIONDA (Di Cristina Quintavalla)

A sentire Renzi non ci sono dubbi: mai fermare Milano, l’intreccio speculativo-immobiliare-finanziario che rende ricca e oltremodo attrattiva la città! La magia dell’assalto dei fondi finanziari insufflerebbe su Milano il vento del successo, del progresso, di cui tutti beneficerebbero. Certo non coloro che hanno subito gli effetti di una città che si è sviluppata su basi di classe, dove la segregazione delle famiglie proletarie, confinate in speculativi quartieri periferici, nei suburbi nei paesi satelliti lontano dalla cintura urbana, privi di tutto, quando non nei centri urbani fatiscenti e nelle aree degradate, costituisce l’altra faccia della Milano che le Sgr immobiliari (Generali real estate Sgr, DeA capital real estate Sgr, Coima Sgr di Manfredi Catella, ecc) destinano ad un’utenza ricca.
Gli investimenti immobiliari rivelano la loro natura quando emerge che non sono il prodotto di tanto decantate capacità imprenditoriali. Altro che libero mercato: “una rete occulta e solidale, finalizzata a interessi privati e illegittimi, costituita da rappresentanti delle istituzioni, professionisti e/o faccendieri, operatori del settore immobiliare e finanziario”ha consentito, piegando le norme a proprio favore, la costituzione di un governo-ombra, parallelo a quello istituzionale.
Un Comune, complici i tagli dei trasferimenti dallo stato e dei vincoli di spesa non può fare altro che attrarre finanziamenti privati? Certo, i Comuni subiranno un’ulteriore sforbiciata di 250 milioni l’anno sino al 2028, e contribuiranno alla finanza pubblica, con diversi scaglioni annuali, nella misura di 200 milioni annui a regime. Questo dato tuttavia giustifica il potere di un’Amministrazione comunale di ridurre al minimo glioneri di urbanizzazione a carico dei privati, accollandosi il maggiore onere derivante dalla necessità di dover realizzare nuovi servizi ed infrastrutture nei quartieri di recente edificazione, completamente privi? Di aumentare il valore di posizione delle proprietà immobiliari attraverso la logica dei repentini cambiamenti di destinazione delle aree prodotti proprio dall’iniziativa pubblica, ma funzionali ad alimentare l’aumento della rendita fondiaria privata? Su queste aspettative di enorme incremento di rendita i gruppi immobiliari fanno incetta di aree, le comprano a vil prezzo quando sono sottoposte a vincoli che le destinerebbero a iniziative pubbliche, e godono, una volta tolti i vincoli e acquisita una destinazione più remunerativa, di un enorme, artificiale aumento di valore ancor prima di avervi posato sopra un mattone. Di estromettere l’edilizia economico-popolare fuori? Di garantire il monopolio di aree, case, servizi, uffici e con essi i prezzi di affitti e di case? A Milano gli affitti sono aumentati del 2,9% nel solo II trimestre.
E’ finita peraltro la cultura della pianificazione, quella che consentiva di delineare con i piani regolatori la città pubblica e dunque la convivenza di bisogni e interessi, sotto l’occhio vigile di un ente locale che avrebbe posto limiti, vincolato, ostacolato la speculazione con opportune scelte localizzative, calmierato il mercato immobiliare con un forte intervento e controllo pubblici. Oggi gli strumenti urbanistici sono stati sostituiti da accordi operativi promossi dai privati, attraverso la procedura del silenzio-assenso. Non è più possibile stabilire capacità edificatorie delle aree del territorio urbanizzato, né dettagliare gli altri parametri urbanistici edilizi degli interventi ammissibili. A chi spetta allora stabilirli? Ad accordi operativi coi privati. La pianificazione urbanistica è sostituita dalla contrattazione urbanistica. Tutto è conferito all’iniziativa dei costruttori, che vengono sostenuti dagli enti locali a rendere economicamente convenienti tali operazioni,attraverso la diretta negoziazione della disciplina urbanistica.
I Comuni sono piegati a svolgere il ruolo di facilitatori, anziché quello contrastivo nei confronti del selvaggio consumo e sfruttamento del territorio. La città pubblica non puo’ essere delegata attraverso pratiche concertative occulte, a pochi privati: è un bene che viene sottratto alla comunità e ad essa va reso.





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