Buon compleanno, Engels
di LA FIONDA (Matteo Parini)

“Non c’è da meravigliarsi se gli operai, trattati come bestie, o divengono veramente tali, o riescono a conservare la coscienza e il sentimento della propria umanità soltanto mediante l’odio più ardente, mediante una perpetua rivolta interna contro la borghesia che detiene il potere. Essi sono uomini finché sentono la collera contro la classe dominante; divengono bestie non appena si piegano docilmente al loro giogo e cercano di rendere gradevole una vita da schiavi, senza pensare a spezzare il giogo stesso.”
Duecentocinque anni fa, il 28 novembre del 1820, nasceva a Barmen, in Germania, Friedrich Engels, una delle figure chiave del socialismo moderno. Nato in una famiglia dell’alta borghesia industriale, il padre era proprietario di una grande azienda tessile con fabbriche dislocate in Germania e in Inghilterra, Engels crebbe in un ambiente economicamente privilegiato e avviato ai dettami della borghesia protestante. Destinato, nelle intenzioni del padre, a diventare anch’esso un imprenditore di successo.
Queste origini agiate fanno da contraltare alla realtà della massa operaia che ebbe modo di toccare con mano nelle fabbriche di Manchester. Un’esperienza allo stesso tempo scioccante e pedagogica che stimolò in lui la necessità di un’approfondita analisi sociale, il cui risultato è oggi patrimonio culturale per chiunque ambisca a vivere in un mondo libero dalle disuguaglianze. Da quell’esperienza formativa nacque l’opera “La situazione della classe operaia in Inghilterra”, un reportage ante litteram che ebbe il pregio di fotografare nitidamente la brutalità della rivoluzione industriale e il suo impatto sulle condizioni di vita dei lavoratori subalterni.
Engels, prima di scrivere, visitò di persona le fabbriche, le abitazioni operaie, percorrendo le strade malsane e pericolose della nuova realtà urbana, documentando fenomeni oggi tristemente familiari ma all’epoca poco conosciuti, quali sovraffollamento, malattie, inquinamento, assenza di igiene, turni massacranti e salari da fame. Nella meticolosa descrizione fornita da Engels, quindi, le principali città industriali dell’Inghilterra divennero il paradigma di un incalzante modello sociale scolpito sulla disumanizzante logica del profitto. L’opera, pertanto, ebbe il merito di aprire gli occhi della società contemporanea a una realtà sinistra, moralmente inaccettabile e per troppo tempo ignorata.
Con la nascita della classe operaia, omogenea perché accomunata dal giogo dello sfruttamento, Engels spiegò che le intollerabili condizioni degli operai, di fatto i nuovi schiavi, non fossero l’effetto collaterale accidentale del mondo industriale, ma piuttosto l’applicazione pedissequa del dogma capitalistico e il suo turpe compimento. La supremazia dell’interesse privato sul bene collettivo trovava così, nello scritto destinato a cambiare la prospettiva di milioni di persone, la sua corretta descrizione.
Un passo indietro. Un momento cruciale della storia contemporanea si consumò, però, a Parigi, poco prima, quando Engels, rientrato da Manchester, incontrò Karl Marx per condividere gli appunti di quella che sarebbe diventata la sua prima opera. Ne scaturirono dieci giorni di discussioni frenetiche, seme di un sodalizio umano e culturale che avrebbe tracciato il cammino dell’umanità. Il frutto di quel partenariato complementare fu l’elaborazione del materialismo storico, con la produzione come fondamento della società, e l’affermazione della centralità del conflitto di classe.
Anni di intense osservazioni della realtà, di studio profondo, di analisi teoriche e di rinnovamento del pensiero avrebbero condotto, già nel 1847, Marx ed Engels a redigere il manifesto che avrebbe dato vita al movimento comunista. In quella stesura, intrisa di consapevolezza storica, si sarebbe concretizzata la visione di un cambiamento epocale: un programma che, al fianco delle acute diagnosi socio-economiche, fissava con rigore scientifico il soggetto della rivoluzione (il proletariato, la classe destinata a spezzare le catene) e il suo nemico giurato (la borghesia, l’oppressore di classe). La dicotomia capitale-lavoro, quale frattura che segna la lotta di tutte le epoche moderne, trovava così la sua giusta e ineluttabile interpretazione, per assurgere a stella polare che avrebbe guidato le masse sfruttate verso la liberazione.
Con la morte di Marx nel 1883, fu Engels, in una lunga e appassionata opera di ricostruzione filologica, a portare a termine “Il Capitale”, quell’opera monumentale che nel suo primo volume era già stata affidata alla stampa dall’amico e compagno di lotte. Il sogno di una società differente, di un ordine nuovo, continuava così a vivere nelle pagine di un lavoro che trascendeva la mera analisi economica per diventare un’arma di lotta teorica e pratica. Cosa fare, come farlo.
In un contesto di stretta attualità, la concezione engelsiana della subordinazione della donna nella società capitalistica si rivela quanto mai pertinente. Per cogliere appieno la portata delle sue ragioni, è fondamentale ripercorrere la sua opera “L’origine della famiglia, della proprietà privata e dello Stato”, un lavoro che affronta con lucidità e rigore la nascita e l’evoluzione dell’organizzazione sociale, della struttura familiare e delle dinamiche economiche che ne derivano. Qui, Engels metteva nudo l’inganno del pensiero dominante endemico nella società capitalistica, dove l’empowerment della donna viene banalizzato a stile di vita, a impalpabile conquista superficiale. L’emancipazione, in questo contesto, è così svuotata di significato, ridotto a prodotto culturale soggetto a consumo; un’etichetta che scherma l’assenza della volontà di una reale trasformazione strutturale.
Per Engels non si tratta di una semplice celebrazione della donna, ma di una radicale distruzione delle condizioni materiali che la tengono in una posizione di subordinazione. Non un pregiudizio da superare, quindi, ma una struttura profonda che affonda le sue radici nel sistema capitalistico. La liberazione della donna, allora, non può essere confinata a una questione morale o culturale ma deve essere compresa come una questione materiale, legata alla storia della proprietà e alle sue implicazioni sui rapporti di classe. L’oppressione di genere, in altri termini, non è un male naturale bensì una costruzione storica, il risultato delle trasformazioni economiche e sociali che hanno segnato l’evoluzione della società.
In tal senso, l’emancipazione della donna non può prescindere dalla sua partecipazione attiva alla produzione sociale e dal riconoscimento del suo ruolo da protagonista come soggetto economico. L’emancipazione, secondo Engels, dev’essere concepita come il superamento di un sistema che impedisce alle donne di contribuire pienamente alla creazione di valore sociale. E questo superamento, ancora secondo Engels, può avvenire soltanto in seno alla società socialista, dove le disuguaglianze economiche e di genere sono abbattute alla fonte ed è il cambiamento delle condizioni materiali che porta al miglioramento della condizione della donna. In sintesi, l’emancipazione non può mai essere un’acquisizione individuale ma un obiettivo collettivo che si realizza attraverso il mutamento profondo dei rapporti di produzione.
Oggi, a duecento anni di distanza, il pensiero di Friedrich Engels conserva tutta la sua straordinaria attualità e lungimiranza. Le sue teorie sulla proprietà privata, sul proletariato, sulla divisione del lavoro, sulla lotta di classe e sull’emancipazione femminile rappresentano una formidabile lente di ingrandimento per analizzare le contraddizioni e le ingiustizie strutturali della società neoliberista contemporanea. Una cartina al tornasole dei nostri tempi. La sua visione, in definitiva, continua a essere un imperativo della coscienza collettiva e un richiamo autorevole a smascherare le fondamenta di un sistema sociale, caratterizzato da una sempre più ristretta élite di ricchi contro una moltitudine crescente di poveri, ontologicamente discriminatorio e antipopolare, che perpetua disuguaglianze e prevaricazioni.
Tanti auguri, Maestro.
FONTE:https://www.lafionda.org/2025/11/28/buon-compleanno-engels/





Commenti recenti