Battaglie nei cieli dell'Afghanistan
di Salvatore Calvino
Abbiamo annunciato nel precedente articolo, che avremmo informato i lettori sulle “forme” dei combattimenti che si verificano e si sono verificati in Iraq e in Afghanistan. Ci sembra una attività di informazione utile a capire come è possibile che gli Stati Uniti non abbiano ancora vinto le due guerre e anzi come in Afghanistan abbiano già certamente perso, perché mancano a priori le condizioni perché essi possano sconfiggere i Mujahideen.
Il cittadino medio, il cui “pensiero” è totalmente conformato e indotto dai media ufficiali, pensa che gli Stati Uniti abbiano compiuto errori strategici e che soltanto a causa di questi errori in Iraq si ha ancora una situazione di stallo, mentre in Afghanistan i Mujahideen hanno riconquistato il controllo di molte province.
In Iraq l’errore sarebbe stato non tanto lo scioglimento del partito Baath, quanto l’allontanamento dalle strutture amministrative del personale coinvolto con il passato regime e lo scioglimento dell’esercito. Una idiozia totale. Ciò che hanno fatto gli americani è applicare una regola generale. Anche i piemontesi, dopo la sconfitta dei borboni, lasciarono nell’esercito soltanto gli ultimi quattro anni di leva e cacciarono gli altri militari, che andarono ad ingrossare le fila del brigantaggio. Nessuno stato invasore, salvo peculiari circostanze storiche che possano giustificare l’eccezione alla regola, immette nel proprio esercito o lascia nell’esercito del governo fantoccio che cerca di instaurare, gli ufficiali e in generale i militari dell’esercito sconfitto. Soprattutto, la tesi diffusa dai media ufficiali presupponeva che il partito Baath e l’elite fedele dell’esercito iracheno avessero già perduto la guerra e non una battaglia. Ciò che non era vero; e ovviamente gli Stati Uniti sapevano che non era vero. Figuriamoci, quindi, se gli Stati Uniti potevano inserire nelle strutture destinate ad essere ad essi alleate decine di migliaia di potenziali nemici: il governo fantoccio, che sarebbero andati ad instaurare, sarebbe caduto agevolmente, al momento opportuno, con un colpo di stato, che per ora la Resistenza non sembra in grado di portare a compimento.
In Afghanistan l’errore sarebbe stato di non procedere con prontezza alla “ricostruzione”. Questa è una argomentazione che può convincere soltanto i decerebrati cittadini occidentali totalmente istupiditi dalla televisione. Alla “ricostruzione” si procede, eventualmente, soltanto dopo che la guerra è finita. E la guerra non era finita. Gli istupiditi cittadini occidentali – cinquanta anni di televisione hanno generato un uomo medio totalmente stupido – credevano, pressoché unanimemente, che la guerra fosse conclusa con la ritirata dei talebani dalle città. Anche qui una battaglia è stata identificata con l’intera guerra. Uno dei migliori giornalisti occidentali, Robert Fisk, aveva subito chiarito che “la guerra è appena cominciata”; e il Mullah Omar aveva spiegato che la perdita delle province doveva considerarsi momentanea, richiamando la guerra contro l’Unione sovietica: "non c'è differenza tra una, due o venti: un tempo non avevamo nessuna provincia, poi le abbiamo conquistate tutte".
Dunque, gli Stati Uniti e gli alleati non stanno perdendo in Afghanistan, così come non si trovano in situazione di stallo in Iraq, a causa di errori strategici o almeno per gli errori strategici che solitamente si crede che abbiano commesso; bensì perché si sono andati ad impelagare in una lunga guerra di resistenza, che si può vincere, oltre al concorso di molte altre condizioni, soltanto al prezzo del sacrificio di decine di migliaia di vite dei soldati occidentali, che gli Stati aggressori non vogliono sacrificare. Anche per fare il prepotente bisogna essere disposti ai sacrifici.
In Afghanistan, per esempio, se si vuole tentare di avere ragione della resistenza dei Mujahideen nella immensa parte montuosa del territorio, bisogna conquistare le cime – conquistarle a piedi e stabilire degli avamposti, per poi combattere una lunga e costosa (in termini di vite umane) guerra di posizione, oltre che di imboscate – non bombardare comicamente le montagne dall’altezza di migliaia di metri. A cosa serve bombardare le montagne? Tuttavia per conquistare e mantenere il controllo delle cime è necessario mettere in conto migliaia di morti (tra i soldati occidentali).
Il filmato che offriamo in visione, mostra che non sono soltanto i soldati alleati e i mezzi corazzati a fungere da bersaglio per il tiro a segno dei Talebani che sparano dalle cime delle montagne, bensì anche gli elicotteri! Nei cieli dell’Afghanistan, infatti, si combatte. Sebbene i Mujahideen non posseggano alcuna forza aerea né elicotteri, nei cieli dell’Afghanistan si verificano molte battaglie che vedono coinvolti non tanto gli aerei statunitensi, bensì gli elicotteri; e i Mujahideen hanno spesso la meglio, perché mitragliano e scagliano i missili contro gli elicotteri statunitensi dall’alto verso il basso.
Ecco un filmato molto significativo, che non causalmente inizia con la (solita) salita a piedi dei Mujahideen verso le cime, più in alto degli elicotteri chiamati ad operare nelle valli. Quando poi sopraggiunge l'aereo, la battaglia (come al solito) è già finita
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