“Tre delle principali voci del liberalismo economico hanno richiesto in separate dichiarazioni di risolvere la situazione critica di coloro che sono “lasciati indietro” dalla globalizzazione, rischiandosi altrimenti un contraccolpo politico che può far arretrare la concorrenza e l’apertura dei mercati”.
a) «Nel Mondo Occidentale, fornire agli indigenti e agli affamati per cause al di fuori del loro controllo una qualche forma di aiuto è una pratica oramai accettata come dovere dalla comunità. In una società industriale nessuno dubita che una qualche forma di intervento sia in questi casi necessaria, fosse anche solo nell’interesse di coloro che devono essere protetti da eventuali atti di disperazione da parte dei bisognosi.». Evidente è il fine di non dover turbare gli “operatori del mercato globale” dal loro compito di progresso e “libertà”.
b) «Il controllo economico non è il semplice controllo di un settore della vita umana che possa essere separato dal resto; è il controllo dei mezzi per tutti i nostri fini. E chiunque abbia il controllo dei mezzi deve anche determinare quali fini debbano essere alimentati, quali valori vadano stimati […] in breve, ciò che gli uomini debbano credere e ciò per cui debbano affannarsi».(F. von Hayek da “Verso la schiavitù“, 1944).
c) Il voto, attesa la incomprensibilità, da parte dell’individuo comune-elettore, della realtà normativa naturale, è solo un processo subordinato di ratifica delle decisioni “impersonali” del mercato (questa sintesi è agevolmente ricavabile, ex aliis, da questo post e da quest’altro).
Che poi è l’humus da cui nasce il celebre ed agghiacciante articolo di Padoa-Schioppa sulla “durezza del vivere”.
Costoro, esattamente come i nazisti, sono fieri di distruggere milioni e milioni di vite per avere “un mondo migliore”.
Pensano di fare bene: non si può liquidare come un semplice atto di agenti razionali che per far dell’egoistico bene per sé compiono dei disastri.
La fallacia di composizione è solo una risposta parziale.
Esiste una morale degli schiavi ed una morale dei padroni.
Non si può essere “amorali”.
Se non fosse così non ci sarebbe questa motivazione, questo committment nel perpetrare genocidi.
Innanzitutto è necessario essere convinti che – appunto – i propri geni siano diversi da quelli delle vittime.
La verità è che l’ideologia nazista – come già argomentato in altre occasioni – è la versione pop-nazionalista della morale elitista.
Nietzsche odiava il nazionalismo antisemita per gli stessi motivi di Coudenhove-Kalergi (il quale cita espressamente il filosofo morale tedesco).
Inoltre, ricordiamoci che a Mario Monti è andato il premio von Hayek 2005 di cui Bolkestein e Issing fanno parte del board della relativa fondazione che, guarda a caso, si trova a Friburgo.
Per questo è fuorviante sottolineare che Milton Friedman è il padre ideologico degli assurdi parametri europei senza ricordare quanto la componente giuridico-istituzionalista sia parte della ristrutturazione sociale portata dalla globalizzazione di cui la UE è parte.
Evidenziare il ruolo di Friedman senza la dimensione istituzionale di Hayek, è non permettere di cogliere il disegno alla base della costruzione europea e della globalizzazione: che non è la semplice composizione irrazionale di agenti razionali…”
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