Redutio ad mulieres: l’odiosa retorica femminista di Hillary Clinton
di AZIONE CULTURALE (Alessandro Viola)
Pensavamo che la cosiddetta Redutio ad Hitlerum fosse un unicum nel panorama della psicopatologia contemporanea, ma ci sbagliavamo. Un altro virus è riuscito a penetrare in profondità nel cervello dei sostenitori acritici di Hillary Clinton. I sintomi sono riassumibili in una frase: al paziente non importa quello che la candidata alla presidenza faccia, purché sia lei a farlo. Lo scandalo e-mailgate è irrilevante, l’ipocrisia è irrilevante, e gli insulti rivolti agli elettori di Trump sono anch’essi irrilevanti. L’unica cosa che sembra avere importanza è che lei sia una donna.
Una Redutio ad Mulieres, insomma. Oramai sono anni che Hillary tenta di vendere al suo elettorato l’idea che, in caso venga eletta, a trionfare non saranno le sue ambizioni, ma quelle del genere femminile. E a sentire le parole di Laura Boldrini, che ne esaltava la candidatura solo in virtù del suo sesso, potremmo dire che la neo coniata Redutio ad Mulieres abbia attecchito con successo.
Peccato che questa retorica, per quanto di successo, non smetta di essere quello che è: soltanto retorica. Entrambe le redutiones sopra nominate condividono la medesima fallacia logica. In entrambi i casi un’opinione viene esaltata o scartata non per il suo contenuto specifico, ma per la sua affiliazione. Questo meccanismo non porta a una vera discussione sugli argomenti ma, viceversa, a un gioco di rimandi del tutto caotici.
Ad Hitler può essere associato tanto il nazionalismo quanto il vegetarianesimo, e praticamente qualsiasi argomento può essere squalificato dalla discussione attraverso questo meccanismo. Stessa cosa vale con le elezioni made in USA. Nessun dialogo sulle posizioni della Clinton è veramente possibile, invalidato dal suo doppio cromosoma X. Non è un caso che, quando è scoppiato lo scandalo e-mailgate, al centro della bufera mediatica sia finito il suo sfidante, accusato di aver ingaggiato hacker russi per violare il pc della candidata. E non è nemmeno un caso che, dopo aver insultato gli elettori di Donald Trump definendoli “miserabili” molte testate abbiano sì condannato (tiepidamente) il gesto, ma sottolineando come la xenofobia e il razzismo serpeggino nelle nostre società. Insomma, la Clinton ha fatto solo un’analisi sociale e non ha insultato nessuno.
Che poi abbiamo veramente la necessità di dimostrare che una donna possa diventare presidente? Nei suoi discorsi ricorre spesso la figura del “glass cealing”, il tetto di vetro che impedisce alle donne l’accesso ai vertici dello stato. Lo ha ribadito anche nel famoso video elettorale per la convention dei democratici a Philadelphia. Nel video il suo faccione sfonda il tetto di vetro composto dai volti dei presidenti del passato. Eppure il mondo attuale abbonda di donne arrivate ai vertici del potere (basta dare uno sguardo all’America Latina), e pure guardando al passato non risulta poi così difficile trovare esempi di donne arrivate a guidare i loro paesi (si pensi ad Elisabetta I o a Caterina la Grande di Russia). Tutto questo per dire che forse le donne hanno sfondato questo tetto di vetro già da qualche secolo.
Poi c’è un ultimo punto che vale la pena sottolineare. La retorica della Clinton si basa implicitamente sul collegamento tra emancipazione femminile e leadership: se uno stato elegge un presidente donna è segno che nello stato in questione vige la completa parità dei sessi. Peccato che sia la Clinton stessa a smentire questo ragionamento. Come riportato dal suo biografo Carl Bernstein, durante una visita in Asia Meridionale nel 1995 Hillary Clinton ebbe a dichiarare che “Pakistan, India, Bangladesh e Sri Lanka hanno avuto tutti governi guidati da donne, eppure nelle culture di questi paesi la donna è disprezzata a tal punto che alle volte le neonate vengono uccise o abbandonate”. In questi paesi le donne non hanno sfondato il tetto di vetro, sembra dire la Clinton; ci hanno solo sbattuto la testa.
Infine facciamo un appello: smettiamola con questa odiosa retorica femminista. Si vuole promuovere la parità dei sessi? Benissimo, allora si cominci a valutare Hillary Clinton prescindendo dal suo sesso. Smettiamola di guardare la donna e concentriamoci sul politico. Potrebbe addirittura uscirne una discussione interessante.
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