Al di là dell’invisibile
di COME DON CHISCIOTTE (Panagiotis Grigoriu)
Il racconto degli incidenti a Lesbo, dove i migranti sono più dei greci, che preannuncia un futuro fosco di scontri, che il governo Tsipras non fa nulla per evitare. La rabbia è cavalcata dagli estremisti di Alba Dorata e molti temono che presto la situazione degenererà. Molti greci sono ormai su posizioni nazionaliste e rifiutano apertamente ogni forma di integrazione dei nuovi venuti. Un cocktail esplosivo di crisi e paura. E intanto Tsipras avalla il passaggio dei beni pubblici sotto la gestione di un ente governato dalla Troika.
Settembre, già affascinante. Si attendono i pescherecci, così come spesso si attendono le imbarcazioni dei migranti dalla Turchia. I numerosi turisti che sfilano davanti ad Epidauro o camminano per le strette vie di Nauplia, non notano quasi l’implosione greca che si accelera come non mai nei fatti così come nelle cose. E non vedranno niente nemmeno dell’esplosione parallela che ha luogo a Lesbo, dove la gente si è rivoltata e non supporta più la distruzione (finale?) della sua economia, dei suoi beni e delle sue stesse abitudini di vita da parte dei circa seimila migranti presenti sull’isola.
Nella versione riportata da lesvosnews.gr: “nel pomeriggio (del 18 settembre) il porto di Mitilene è diventato luogo di tensione e scontri quando un gruppo di “solidali” con i migranti ha tentato di sbarrare la strada al drappello di soldati che, come d’abitudine, stava raggiungendo l’antica capitaneria della città per l’ammaina bandiera d’onore.
I “solidali” probabilmente anarchici, gridavano slogan provocando gli abitanti di Lesbo, che osservavano la scena attoniti dall’altro lato della strada. Il loro comportamento ha generato l’indignazione di tutti, facendo pericolosamente salire la tensione. Ben presto sono giunti i reparti antisommossa per impedire scontri.
“Al momento di abbassare la bandiera, il drappello militare si avvicinò, seguendo la fanfara. I “solidali” continuarono a provocarli con i loro slogan, fino a che alcuni migranti che stavano nei pressi, sono rimasti colpiti, vittima probabilmente di alcuni istigatori. Gli abitanti locali non potevano più sopportare di vedere i manifestanti rovinare in quel modo la cerimonia, e così alcuni di loro si sono avvicinati ai ”solidali”. La tensione è salita alle stelle e solo l’intervento della polizia ha evitato il peggio”
“i manifestanti non hanno smesso di gridare i loro slogan al momento dell’ammaina bandiera, tuttavia sono stati sovrastati dagli abitanti che scandivano Grecia-Grecia e che poi cantavano l’inno nazionale. Il video che vi presentiamo è eloquente!”
Queste sequenze di “Lesvosnews” (di cui esiste un’altra versione QUI) arrivano come uno squarcio che si apre incerto sul caos, e sono certo frutto di un montaggio, ma impongono comunque di fare una riflessione… esplosiva.
Prima i Greci (e questo si verifica ad ogni occasione) onorano il proprio esercito come mai accaduto da quanto è caduto il regime dei colonnelli. I membri delle ONG “solidali” con i migranti, finanziate dai vari enti sovranazionali e dal finanziere Soros, incarnano un ben nefasto ruolo, diffondendo false voci tra i migranti, provocando (in tutti i sensi) il sentimento patriottico (ferito) dei greci.
Alla fine, quelli di Alba Dorata (il processo che riguarda alcuni di loro per l’uccisione di Pavlos Fyssas è appena ripreso ad Atene) approfittano del momento difficile per aumentare i consensi. Momenti tristi, per davvero. “La situazione a Lesbo è incontrollabile” ricorda la stampa di Atene (Kathimerini, 20 settembre).
”Tutto è cominciato stamattina, a seguito delle voci diffuse nel campo di possibili rimpatri forzosi ed espulsioni verso la Turchia. La protesta ha subito preso i caratteri di una ribellione, coinvolgendo circa 300 migranti, che sono usciti dal campo, tentando di organizzare un corteo di protesta diretto in città. La Polizia li ha fermati, cercando di ricondurli all’interno del campo, dove si sono verificati degli scontri, che hanno poi causato degli incendi sia negli alloggi che nell’uliveto che circonda la recinzione. Si è diffuso il panico e molti migranti e rifugiati sono scappati per salvarsi la vita”. “In precedenza, il giorno stesso, c’erano già stati incidenti durante una marcia di protesta organizzata dagli abitanti dell’isola contro la presenza di un eccessivo numero di migranti. In mezzo ai 500 manifestanti si sono introdotti, secondo alcuni testimoni oculari, degli esponenti di Alba Dorata. Quando il corteo ha raggiunto il Municipio, costoro hanno cominciato a gridare slogan nazionalisti. Più tardi, hanno aggredito tre donne, note sull’isola per il loro aiuto ai migranti all’interno dei campi (…). Domenica scorsa, il consiglio comunale ha chiesto di limitare il numero dei migranti sull’isola a 3000 (Lesbo conta oggi 5600 abitanti) e di far uscire le ONG dai campi”.
Come talvolta è solita fare, una certa stampa francese, come ad esempio Le Figàro, ha pensato di riferire quanto accaduto senza scrivere neanche una riga sulle condizioni di vita e sulle reazioni degli abitanti di Lesbo: disinformazione o mancanza di fonti?
Alexis Tsipras, in ritardo di un giro, proclama dalla tribuna dell’ONU “se non agiamo, se non troviamo un accordo sullo sforzo necessario per sostituire le rotte illegali dell’immigrazione con altre giuridicamente accettabili e compatibili con una visione umanitaria, se non affrontiamo le cause profonde dell’immigrazione (…) avverrà il peggio sotto i nostri occhi e daremo spazio alle forze xenofobe e nazionaliste, che mostreranno il loro vero volto per la prima volta dopo la Seconda Guerra Mondiale” (To Pontiki, 19 settembre)Ora una relativa, precaria calma è tornata (secondo i reportages) a Lesbo. Il “governo” Tsipras è alla ricerca di un traghetto dove alloggiare i migranti sfollati a causa dell’incendio al campo di Moria, intanto che si riparano i danni. Il paese ritiene di poter ancora trattenere il respiro… fino a quando?
La bellezza dei paesaggi non basta per calmare l’uomo… nella sua accezione più profonda. Yannis Makridalis, scrittore e attivista “altromondialista” impegnato, ha scelto di tornare all’autarchia vivendo a Volissos, vicino a Chios, sua isola natale e lancia lui pure un campanello d’allarme.
“La situazione derivante dal problema dei rifugiati nel Mar Egeo settentrionale è grave ed in via di peggioramento, non si vedono prospettive di soluzione, perché sembra mancare la volontà politica di cercarle. Al contrario, tutto fa pensare che presto avremo scontri più gravi e anche dei morti sulle nostre isole”. “Chios è, di fatto, una prigione per più di 3500 rifugiati e migranti, dei quali 2000 vivono in tende di fortuna e prefabbricati sparsi per i campi del capoluogo. Sono disperati, senza prospettiva di ritrovare una vita normale, e pure senza soldi, parcheggiati qui semplicemente perché la UE e il governo greco hanno adottato la stessa posizione: arrangiatevi (lui in modo più espressivo ha usato l’espressione “tagliatevi la gola” [ndt: il nostro “impiccatevi” o “cavoli vostri”]). In questo modo, tutto è risolto e i migranti diventano un problema della gente del posto.
“E’ esattamente quello che succederà ben presto e allora non bisognerà chiedersi come è potuto succedere. A Chios già molti abitanti che vivono a ridosso dei campi (Hot Spot), nel capoluogo come presso i villaggi, sentono gli effetti dell’incertezza, fatto senza precedenti per la storia dell’isola e, come è facile intuire, parecchio fastidioso. In un’isola dove nessuno chiudeva mai la porta di casa, né di giorno né di notte, all’improvviso regna l’incertezza, per la piccola delinquenza del quotidiano che però, se va avanti così, rischia di aggravarsi rapidamente. E tutto ciò a causa della totale mancanza di azione da parte dello stato o, piuttosto, per la scelta deliberata di sacrificare sia la popolazione locale che i rifugiati stessi alla propria linea politica di “leccare il culo” [ndt: così nel testo originale] della Merkel”.
”Il quadro fa presagire non solo spari, ma l’odore prossimo venturo del sangue. Presto avremo il primo morto, tra i rifugiati, tra i greci o anche tra gli esponenti delle ONG installate qui, e sarà la semplice conseguenza della politica dell’”arrangiatevi” che da così tanto tempo il governo greco applica sull’isola” (dal blog di Yannis Makridakis).
Dappertutto la Grecia è in ebollizione e già gruppi di genitori si oppongono apertamente all’inserimento nelle classi dei figli dei migranti. A volte gli argomenti utilizzati sono apparentemente … asettici, ponendo in primo piano il – reale – problema sanitario posto dalla loro presenza in Grecia. Altre volte, la verità largamente condivisa dalla stragrande maggioranza dei greci viene apertamente a galla “non vogliamo che questa gente che viene da un’altra cultura, da un’altra religione, con un’altra visione del posto delle donne nella società e, a dirla tutta, anche un’altra visione della democrazia, si mescolino ai nostri figli. E poi non ci avevate detto che non si sarebbero fermati, che erano solo in transito?” (lettera aperta di un gruppo di genitori a Filippiade. Epiro).
Così è la vita, preparandosi, talvolta, alla morte. Eleni, madre di un bambino in un villaggio della Tessaglia e fedele elettrice del Partito Comunista, viene da una svolta epocale delle sue posizioni, sia pratiche che politiche.
“Il nostro villaggio (vicino alla città) dopo la crisi ha perso 350 dei suoi 1200 abitanti. I giovani sono andati a lavorare in Germania o in Svizzera e si sono portati via anche i figli, diversamente da quanto facevano gli emigranti greci negli anni ‘60. Quelli che partono oggi vedono chiaramente che non ci sarà futuro in Grecia, per i loro figli. La scuola elementare rischia di chiudere e per evitarlo, le autorità ci chiedono di iscrivere i figli di famiglie gitane che vivono nelle vicinanze. I paesani non vogliono, sono stupidi (sic). Io gli ho detto chiaramente come la penso: siete degli idioti. Questi bambini sono greci, di religione ortodossa come noi, fanno il militare ed abitano vicino a noi da secoli. Se non li accetterete, ci faranno arrivare i figli dei migranti (già c’è un campo di 300 persone) e sarà una catastrofe. Svegliatevi!”
“Syriza ha offerto tutti beni posseduti dallo stato a una super-cassa controllata dalla Troika, cioè dagli stranieri [ndt: è la riedizione della tristemente famosa Treuhandastalt, l’ente che curò lo smobilizzo dei beni della DDR dopo l’unificazione tedesca. L’ente agì in modo così sporco che dovettero fare, negli anni successivi, una legge per garantire l’immunità agli ex dirigenti. La storia completa è contenuta nel fondamentale libro Anschluss di V.Giacché] E’ un tradimento nazionale che supera quello perpetrato da Syriza verso la sinistra. Ecco il risultato di Syriza. Il nostro paese è sotto un’occupazione coloniale mai vissuta prima. Il generale Metaxàs o i Colonnelli non sono mai arrivati così in basso. Tsipras e i suoi sono una banda di criminali politici, è il governo più venduto di tutti i tempi” dichiara apertamente Alèkos Alavànos, ex capo della stessa Syriza su Radio 90.1 del Pireo. E’ la constatazione che sento tutti i giorni dal 90% dei greci, che poi aggiungono, nel loro stile “bisognerebbe impiccarli”. Inutile commentare oltre.
Tra la crisi in sé e come Syriza l’ha gestita, come diventa ogni giorno più chiaro, la classe politica non è mai stata così odiata da lungo tempo. A questo si aggiunge la crisi importata e imposta attraverso i migranti ed ecco il quadro completo: un cocktail più che esplosivo.
I nostri numerosi turisti sfilano davanti ad Epidauro o si aggirano nelle stradine strette di Nauplia e non si accorgono in alcun modo dell’implosione greca che invece accelera come non mai, sia nei fatti che nelle cose. Vivamente… profondamente estate 2017.
Dall’alto gli unici esseri sensati in Grecia ci guardano.
Fonte: http://comedonchisciotte.org/al-la-dellinvisibile/
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