Venezuela, il dissenso dei generali: cosa rischia Maduro
di LOOK OUT NEWS (Rocco Bellantone)
L’invito al dialogo con le opposizioni che il 24 ottobre Papa Francesco aveva rivolto in Vaticano al presidente venezuelano Nicolas Maduro è rimasto inascoltato. Le proteste che da giorni si registrano nelle città occidentali di Merida, San Cristobal e Maracaibo e in vari punti nello stato di Miranda, in risposta alla decisione della Commissione elettorale nazionale di sospendere il referendum promosso dalle opposizioni per revocare il mandato del presidente, raccontano infatti di un Paese in cui la crisi politica, economica e sociale del dopo Chavez è stata risucchiata in una nuova spirale di violenza.
Nello stato di Miranda, il cui governatore è il leader dell’opposizione Henrique Capriles, negli scontri tra manifestanti e forze dell’ordine un poliziotto è stato ucciso da un colpo di arma da fuoco. Agitazioni e arresti si registreranno anche nei prossimi giorni considerato che domani, venerdì 28 ottobre, è previsto uno sciopero generale, mentre per il 3 novembre le opposizioni hanno organizzato una manifestazione a Caracas di fronte al palazzo presidenziale Miraflores.
I timori del fronte anti-Maduro si stanno però concretizzando. Se la consultazione popolare non si terrà entro il 10 gennaio del 2017, e i continui rinvii della Commissione elettorale nazionale lasciano credere che andrà a finire così, Maduro inizierà la seconda parte del suo mandato e, in caso di sconfitta al referendum, potrà consegnare la presidenza al suo vice fino a nuove elezioni in programma nel 2018.
(Papa Francesco e Nicolas Maduro in Vaticano, foto Telesur)
Il ruolo dell’esercito
Per ora, dunque, la coesione sociale invocata da Papa Francesco è stata soppiantata da rabbia e tensioni sociali, mentre all’ombra della coalizione delle opposizioni Mesa de Unidad Democratica (MUD) si allarga la cerchia delle figure di spicco del regime chavista contrarie a Maduro.
L’ultimo a esporsi in tal senso è stato il generale in pensione Miguel Rodríguez Torres, uomo che continua a godere di ampi consensi ai vertici delle forze armate venezuelane, la Fuerza Armada Nacional Bolivariana (FANB). Torres è stato uno degli ufficiali al fianco di Chavez quando questi nel 1992 tentò, senza però riuscirvi, di destituire con un colpo di stato l’ex presidente Carlos Andrés Pérez. Tra gli ispiratori della rivoluzione bolivariana, è stato anche a capo dei servizi di intelligence e nel 2013 è stato nominato da Maduro ministro dell’Interno e della Giustizia salvo poi essere licenziato un anno dopo.
Da allora non ha risparmiato critiche nei confronti del presidente, evidenziandone più volte la mancanza di leadership. “Chiedere la revoca del mandato di un presidente è un diritto dei venezuelani – ha affermato il generale Torres citato da El Mundo – permetterlo da parte del governo è una questione di maturità politica. Il Venezuela sta attraversando una situazione pericolosa, perché in qualsiasi momento può verificarsi una crisi istituzionale”. Maduro, ha proseguito Torres, “sta giocando con il fuoco”. “Chiudere le porte in faccia alla democrazia sta spalancando le porte alla violenza. Il referendum è un’alternativa” per evitare che ciò accada. Il generale ha ricordato in proposito il precedente dell’era Chavez, quando il referendum revocatorio del 2004 chiesto e ottenuto dalle opposizioni perse con un netto scarto di voti. All’epoca, però, i militari erano schierati con Chavez. Oggi, invece, secondo Torres non solo la base ma anche una fascia sempre più rilevante dei vertici dell’esercito “vive le stesse problematiche e gli stessi disagi del popolo venezuelano”.
(L’ex generale venezuelano Miguel Rodríguez Torres)
La sua voce si aggiunge a quelle di altre influenti figure del chavismo che negli ultimi anni hanno lasciato il PSUV (Partido Socialista Unido de Venezuela), confluendo in parte in Marea Socialista, formazione che si richiama ai principi originari del rivoluzione. Tra questi c’è anche un altro ex generale, Cliver Alcalá Cordones, il quale recentemente si è scagliato contro l’attuale ministro della Difesa, Vladimir Padrino López, dopo che questi aveva minacciato gli esponenti dei partiti di opposizione dell’Assemblea Nazionale (il parlamento venezuelano) accusandoli di “promuovere l’interferenza e l’intervento straniero” negli affari interni del Venezuela.
Prese di posizione così nette da parte di due ex generali del calibro di Miguel Rodríguez Torres e Cliver Alcalá Cordones non possono non essere prese nella dovuta considerazione da Maduro. Nelle prossime settimane il presidente punterà a far slittare il più a lungo possibile il referendum. Ma la sua è una partita sempre più rischiosa. E all’orizzonte si prospettano due scenari per nulla rassicuranti. Maduro potrebbe essere tradito dal suo stesso partito. Un’implosione politica del PSUV non è infatti remota e potrebbe vedere favorita l’ala “moderata” che sfiduciandolo si guadagnerebbe quantomeno un futuro politico dopo le elezioni del 2018, anche se probabilmente all’opposizione. Oppure, in nome della sicurezza nazionale, parte dell’esercito potrebbe decidere di intervenire rivoltandosi contro il presidente. D’altronde, non sarebbe la prima volta nella storia del Venezuela.
fonte: http://www.lookoutnews.it/venezuela-maduro-colpo-di-stato-esercito/
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