L’Italia dopo Trump: l’establishment attende inquieto la fine
Le analisi di Federico Dezzani peccano di un evidente determinismo di fondo, a cui è legato a doppio filo anche un esplicito complottismo. La complessità viene così sciolta in un edificio analitico forzatamente coerente e compatto. A parte questo, però, proprio la coerenza dell’edificio e l’acume dell’autore offrono spesso buoni spunti di riflessione. La realtà non è così semplice ma, con i dovuti anticorpi, Dezzani può essere letto con profitto. Ne è testimonianza questa riflessione sugli scenari politici italiani successivi alla vittoria di Trump.
di FEDERICO DEZZANI
Regna lo sconcerto nell’establishment italiano dopo la vittoria di Donald Trump, ma anche una cupa rassegnazione, simile a quello di chi sente avvicinarsi la fine: chi ha indissolubilmente legato le sue fortune alla moneta unica ed all’Unione Europea, sa di avere le ore contate. Si avvicina così l’epilogo di quella classe dirigente che, subentrata alla Prima Repubblica, immolò l’economia mista ed il benessere italiano sull’altare dell’integrazione europea: il “rottamatore” Matteo Renzi, ne è stata l’ultima espressione e l’estrema speranza di salvezza. La vittoria di Trump non solo tira la volata del “No” al referendum costituzionale, ma, sopratutto, stravolge il quadro internazionale, privando l’oligarchia nostrana del principale punto di riferimento: gli Stati Uniti d’America. La Seconda Repubblica volge al termine.
Matteo Renzi: come chi si sente un mastino alle calcagna
La reazione di Matteo Renzi al successo elettorale di Donald Trump è stata pacata, mirata sopratutto ad evitare il (naturale) accostamento tra la vittoria del candidato populista e l’imminente referendum sulla riforma Boschi1:
“Il mondo saluta l’elezione di Trump. A nome dell’Italia mi congratulo con lui e gli auguro buon lavoro, convinto che l’amicizia resti forte e solida. (…) Chi l’avrebbe detto che Trump avrebbe vinto? Eppure è così e noi abbiamo rispetto, collaboreremo con la nuova presidenza Usa e al rapporto tra Usa e Ue. (…) Non penso vi siano elementi di particolare collegamento tra Brexit, elezioni Usa e referendum italiano”.
Eppure, ben altri devono essere i pensieri che frullano nella testa del premier: il senso d’oppressione,frutto della consapevolezza che la sfida referendaria sarebbe stata quasi certamente persa, è diventatopesante come un macigno il 9 novembre, appresa la notizia della vittoria di Trump. Gli scenari più foschi si devono essere prospettati al premier, solo e smarrito, che si aggira senza più una meta e senza più protettori nell’agone politico, aspettando solo la fatidica ora, che sarà allo stesso tempo fine e sollievo dalle sue sofferenze.
Dal 9 novembre, Matteo Renzi deve sentirsi un po’ come Parrinieddu, il confidente della polizia magistralmente descritto da Leonardo Sciascia ne “Il giorno della civetta”:
“Tanti altri notarono lo smarrimento di Parrinieddu, il suo andare inquieto, come di chi si sente un mastino alle calcagna (…). Da quell’ultimo incontro le ultime ventiquattrore del confidente si svolsero atroci e frenetiche. Il vagheggiamento di una fuga si alternava alla visione di se stesso morto. La fuga era il fischio lungo dei treni, la campagna che nella corsa del treno si apriva (…). E tutta la giornata passò ora vagando per le strade ora precipitosamente rincasando, una decina di volte deciso a chiudersi in casa e altrettante a farsi ammazzare, finché nell’ultima decisione di nascondersi, sulla porta di casa, due infallibili colpi di pistola lo colsero.”
Vaga, Renzi, in stato confusionale, proprio come Parrinieddu ne “Il giorno della civetta”: attacca l’Unione Europa, promette l’abolizione di Equitalia, cerca un accordo politico per scongiurare il referendum, scommette sulla vittoria di Hillary Clinton, ne subisce la sconfitta, torna ad attaccare l’Unione Europea ed intanto guarda l’orologio. Quanto manca al 4 dicembre? Il respingimento del ricorso del costituzionalistaValerio Onida, che avrebbe rimandato di mesi il referendum, deve essere in fondo stato una liberazione per Renzi: “i due infallibili colpi di pistola” si avvicinano, portando con sé il sollievo dalle pene.
La strada imboccata da Matteo Renzi era stretta, strettissima.
Sfumato lo scenario di una vittoria plebiscitaria al referendum costituzionale, un’illusione che aveva spinto il premier a personalizzare al massimo la consultazione così da ottenere quella legittimazione elettorale che non ha mai avuto, il premier adotta un strategia molto azzardata: rinviato il referendum di due mesi, dismette i panni di “proconsole della Troika” ed indossa quelli di euro-scettico, lanciandosi in duri attacchi contro Bruxelles ed il rigore di stampo tedesco. La nuova politica, finalizzata a raccattare consensi a destra, è resa possibile solo dalla copertura di Angela Merkel e, a monte, dall’incondizionato appoggio diBarack Obama, preoccupato che la bocciatura della riforma costituzionale possa imprimere lo slancio finale alla dissoluzione dell’Unione Europea.
Ricevuta così la benedizione dall’ambasciatore statunitense John Phillips (“Se vince il no, passo indietro e addio investimenti”), Renzi imposta la campagna referendaria coperto dall’artiglieria americana: assolda come consulente l’ex- vice capo di Gabinetto di Barack Obama, Jim Messina, cena alla Casa Bianca con il presidente uscente e, sopratutto, si sbilancia apertamente per la candidata democratica Hillary Clinton(“Noi… speriamo che sia femmina” scrive con tempismo perfetto l’8 novembre). In questo modo il premier scommette, anche in caso di una debacle al referendum, di rimanere in sella, forte della nuova amministrazione democratica. Il calcolo si dimostra drammaticamente sbagliato perché Donald Trump, nonostante il fuoco di sbarramento della stampa e dell’intero establishment, conquista la Casa Bianca: cominciano così i tormenti di Renzi-Parrinieddu, che dall’9 novembre si aggira inquieto e confuso, come chi si sente un mastino alle calcagna.
L’elezione di Donald Trump ha, infatti, conseguenze tragiche per l’ex-sindaco di Firenze, dirette ed indirette:dirette, perché la vittoria del candidato populista tira la volata al “No” (il cui vantaggio, come nel caso di Trump, deve essere di molto maggiore di quello sostenuto dai sondaggi), indirette, perché la sconfitta di Hillary Clinton priva il presidente del Consiglio di qualsiasi copertura internazionale, esponendolo così ai“due infallibili colpi di pistola”.
Qualcuno potrebbe obbiettare, ma non gli rimane Angela Merkel, la cancelliera di ferro cui gli angloamericani hanno subappaltato la gestione dell’Europa? La riposta è no, perché la Kanzlerin sarà la prima a saltare nel mutato quadro internazionale: la possibilità di un quarto mandato alla Cancelleria Federale era indissolubilmente legata alla vittoria della Clinton e della sua cricca atlantica, pro-euro e pro-immigrazione. Come può Angela Merkel pensare di salvare Renzi, se d’ora in avanti lotta per la propria sopravvivenza?
Renzi-Parrinieddu è, come Angela Merkel, il residuato di un’epoca archiviata dall’elezione di Donald Trump: era l’epoca delle immigrazioni di massa incoraggiate dalla cancelliere europee, dell’ingresso di un milione di immigrati in Germania nel solo 2015, del servizio di spola tra Italia e Libia gestito dalla Marina Militare Italiana, del “più Europa” ad ogni crisi si presentasse, della crescente cessione di potere agli organi “illuminati” di Bruxelles e Francoforte. Era l’epoca, insomma, in cui George Soros e l’oligarchia euro-atlantica dettavano il bello ed il cattivo tempo in Europa, grazie a personaggi come Barack Obama, Matteo Renzi, Angela Merkel, Jorge Bergoglio e François Hollande.
Per capire lo stravolgimento prodotto dall’elezione di Donald Trump sugli assetti europei, è sufficiente ricordare qualche sua esternazione sulla moneta unica e sulle istituzioni di Bruxelles. Corre l’anno 2012 e l’eurozona è nel pieno del ciclone finanziario, atteso ed auspicato, da cui dovrebbe nascere il Tesoro europeo e, di conseguenza, la federazione del Continente. Mentre i vari Jacques Delors, Joschka Fischer, George Osborne, Carlo Azeglio Ciampi, etc. etc. pubblicano il “Manifesto per gli Stati Uniti d’Europa”2, l’allora poco conosciuto Donald Trump è schierata su posizioni diametralmente opposte:
Trascorrono gli anni e Trump non modera i toni, né cambia opinione. Intervistato nel giugno 2016 dal Times, appena dopo la Brexit, il candidato repubblicano pronostica l’imminente implosione dell’Unione Europea, sotto il peso delle ondata migratorie che si riversano sul Continente3:
“I think the EU is going to break up. I think the EU might break up before anybody thinks in terms of Scotland (…). I really think that without the immigration issue [the EU] wouldn’t have had a chance of breaking up . . . the people are fed up, whether it’s here or whether it’s in other countries, and you watch, other countries will follow.”
Si può quindi facilmente comprendere lo smarrimento di Renzi-Parrinnieddu: scalzata dalla Casa Bianca quell’oligarchia euro-atlantica che premeva per l’integrazione europea e garantiva l’unità dell’eurozona, venuta a mancare quella cricca massonica-finanziaria che benediceva ed incentivava l’immigrazione di massa verso l’Europa, il presidente del Consiglio e la sua protettrice Angela Merkel sono poco più che macerie di un periodo definitivamente archiviato.
Ad attendere la fine, tra l’inquietudine e la rassegnazione, non è però soltanto Renzi-Parrinieddu, bensì un’intera classe dirigente: quella che subentrò alla Prima Repubblica e legò indissolubilmente le sue fortune all’euro ed al processo d’integrazione europeo.
La Seconda Repubblica è finita il 9 novembre 2016
L’elezione di Donald Trump alla Casa Bianca decreta la fine di quell’epoca di globalizzazione e finanza selvaggia avviata 27 anni prima, con la caduta del muro di Berlino: è stato il cosiddetto “Nuovo Ordine Mondiale” post-Guerra Fredda. È significativo che Lucia Annunziata abbia commentato la vittoria di Donald Trump con un articolo apparso sull’Huffington Post, intitolato proprio “Nuovo Ordine Mondiale”4, quasi a sancire pubblicamente l’apertura di nuovo ed ennesimo capitolo della storia, dopo la parentesi unipolare durata dal 1989 al 2016.
Sull’Italia, ora come allora, si riverberano gli effetti dei cambiamenti internazionali.
La fine della Prima Repubblica, che molti fanno coincidere con l’inchiesta di Tangentopoli del 1992, va in realtà retrodatata al novembre 1989: sono la caduta del Muro di Berlino e la fine del mondo bipolare che, a distanza di tre anni, produrranno l’inchiesta giudiziaria benedetta dagli USA, che spazzerà via democristiani e socialisti. Il nuovo corso della storia, aperto ufficialmente con l’insediamento alla Casa Bianca di Bill Clinton (gennaio 1993), rende infatti d’intralcio quella classe dirigente italiana legata all’economia mista,ad una politica estera filo-araba e, per quanto possibile, conciliante con la Russia ed il Terzo Mondo. Il “Nuovo Ordine Mondiale” prevede il neoliberismo spinto, la supremazia della finanza ed il totale appiattimento dell’Italia alle politiche atlantiche: in sostanza, implica l’adozione dell’euro e la convergenza dell’Italia verso l’Unione Europea.
L’oligarchia atlantica reputa che, per l’attuazione di questa agenda, l’establishment della Prima Repubblica (che sulla carta avrebbe dovuto incassare i dividendi della “vittoria sul comunismo), non sia più idoneo: troppo legato a logiche nazionali e geloso della sovranità italiana. Gli angloamericani, quindi, spazzano via il Pentapartito avvalendosi dei servigi del pool di Milano e puntano sui deboli e ricattabili ex-comunisti,divenuti ora PDS. L’ingresso di Silvio Berlusconi in politica (dettato dal timore che gli ex-comunisti colpiscano le sue aziende televisive) non è previsto e, di conseguenza, prontamente sabotato col mandato di comparizione del novembre 1994.
Comincia così l’epoca dei governi Dini, Prodi, D’Alema ed Amato, che traghettano l’Italia nell’euro a colpi di salassi fiscali e privatizzazioni: l’economia mista, che aveva elevato l’Italia da Paese semi-industriale a quinta economia del mondo, è smantellata con noncuranza, regalando sfiziosi bocconi a speculatori internazionali come George Soros ed a pescecani locali del calibro di Carlo De Benedetti. Così facendo, laSeconda Repubblica lega i suoi destini a quelli della moneta unica, dell’Unione Europea e dell’oligarchia euro-atlantica, incarnata dal clan Clinton (e successivamente da Barack Obama): o la va o la spacca.
L’euro, le cui basi sono state gettate col Trattato di Maastricht del 1992, entra in circolazione nel 2002, con immediati effetti di impoverimento e di perdita di competitività, ben visibili nella bilancia commerciale: si accumulano così quelle tensioni che, al primo choc esterno (la bancarotta di Lehman Brothers del 2008) innescheranno l’attesa eurocrisi da cui dovrebbero nascere gli Stati Uniti d’Europa. Silvio Berlusconi, intenzionato secondo alcune indiscrezioni ad abbandonare l’euro, è accompagnato nuovamente alla porta (novembre 2011), per cedere il posto ad figura di spicco dell’oligarchia massonica-finanziaria pro- euro e pro-UE, il professore Mario Monti.
Subito però emerge che l’establishment tedesco (eccezion fatta per Angela Merkel) non è assolutamente interessato a sobbarcarsi i costi dell’eurozona (nein agli eurobond ed alla “tranfer-union”) né a diluire la Germania (come del resto anche la Francia) in un organismo sovranazionale, i cosiddetti USE: l’euro, quindi, rimane un semplice regime a cambi fissi, perpetuabile solo con devastanti politiche d’austerità e di svalutazione interna. L’esperimento di Monti fallisce miseramente e quello di Enrico Letta neppure decolla. Che fare? L’establishment euro-atlantico e quello italiano giocano l’ultima carta: Matteo Renzi, definito non a caso dal Financial Times come “the last hope for the Italian elite”5.
Il “rottamatore” è, in realtà, un banale esempio di gattopardismo politico: l’establishment presenta Renzi come “il rinnovamento”, quando è in realtà l’extrema ratio per tentare di salvare la Seconda Repubblica ed i suoi due pilatri, euro ed Unione Europea. Matteo Renzi non solo si pone in perfetta continuità con l’ordine esistente, ma addirittura accentua l’appiattimento dell’Italia sulle posizioni euro-atlantiche: privatizzazioni di quel che è rimasto, “Job Act”, rottura dei rapporti con l’Egitto, sostegno alla Fratellanza Mussulmana in Libia, schieramento di soldati italiani al confine con la Russia, riforma costituzionale sponsorizzata dall’alta finanza, invasione programmata dell’Italia incentivando al massimo i flussi migratori dal Nord Africa.
Matteo Renzi è, in un certo senso, l’apoteosi della Seconda Repubblica: distruzione della base produttiva e sistematica violazione degli interessi nazionali.
Il gioco dura finché il “Nuovo Ordine Mondiale” uscito dal 1989 regge: se l’ordine vigente crolla, è inevitabile che l’establishment italiano subisca gli effetti degli stravolgimenti internazionali. Il 9 novembre 2016, ossia l’elezione alla Casa Bianca di Donald Trump, un presidente anti-europeista, isolazionista e protezionista, è per la Seconda Repubblica quello che il 9 novembre 1989, ossia il crollo del muro di Berlino, fu per la Prima. È il suono della campana a morto.
È la fine di Matteo Renzi, Giorgio Napolitano, Mario Draghi, Sergio Mattarella, Laura Boldrini, Romano Prodi, Massimo D’Alema, Silvio Berlusconi, Enrico Letta, Giuliano Amato, Pierluigi Bersani, etc. etc. Ma è la fine anche del Movimento 5 Stelle, prodotto, come abbiamo sempre sottolineato nelle nostre analisi, diquell’élite massonico-finanziaria che ha sinora tirato i fili dell’Unione Europea (si ricordino gli espliciti richiami del buon anima Gianroberto Casaleggio al “Nuovo Ordine Mondiale”, nel suo video “Gaia” carico di allusioni mondialiste-massoniche).
È difficile pronosticare quali forze politiche emergeranno in Italia dopo l’inevitabile collasso della moneta unica e dell’Unione Europea, ma l’agenda, in un certo senso, è già tracciata e contempla un ritorno al passato: economia mista, svincolamento dell’egemonia angloamericana, vocazione mediterranea e sinergie con il nuovo mondo che sta sorgendo ad Oriente.
1http://www.ansa.it/usa_2016/notizie/2016/11/09/usa-2016-le-reazioni-dallitalia-alla-vittoria-di-trump_fe3583bb-54d1-4bc5-b2a7-e09f8e970bd9.html
2http://www.ilsole24ore.com/art/notizie/2012-06-08/manifesto-stati-uniti-europa-095643.shtml?uuid=AbMhN6oF
3http://www.thetimes.co.uk/article/on-foreign-turf-trump-takes-a-swing-at-almost-everyone-8f3b7pn3h
4http://www.huffingtonpost.it/lucia-annunziata/nuovo-ordine-mondiale_b_12878384.html
5https://www.ft.com/content/21f3bf46-86cd-11e4-9c2d-00144feabdc0
fonte: http://federicodezzani.altervista.org/litalia-trump-lestablishment-attende-inquieto-la-fine/
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