Saviano su Fidel ha perso nuovamente un’occasione per tacere
di CONTROPIANO (Sergio Cararo)
Ci sono occasioni in cui il silenzio o il rispetto valgono più delle parole. Lo scrittore cortigiano Roberto Saviano, i cui riconoscimenti superano abbondantemente le sue qualità, non ha saputo resistere alla insana tentazione di mettere bocca anche su materie che non conosce.
In un tweet che ha reso felice il ciarpame reazionario in Italia e nel mondo (vedi sotto) ha attaccato Fidel Castro come dittatore e come persecutore di omosessuali. Se Saviano si fosse informato prima, avrebbe evitato l’ennesima brutta figura.
Saviano scrive da un paese – il nostro – dove negli ultimi anni sono emigrati all’estero più cittadini di quanti ne siano arrivati fuggendo da fame e guerra. E’ evidente che in qualsiasi paese del mondo si cerchi di andare fuori dal proprio se si ritiene che le proprie aspettative possano essere realizzate meglio di quelle che si hanno a disposizione. E’ valido per Cuba, è valido per l’Italia. Se Saviano avesse messo a confronto gli indicatori sociali di Cuba con quelli dei paesi limitrofi – e quindi simili per condizioni materiali – avrebbe potuto verificare la distanza abissale tra Cuba, Repubblica Dominicana, Haiti. Ma Cuba è anche un paese povero. Le poche risorse di cui dispone le ha distribuite piuttosto che concentrarle in poche mani. Gli ideali di Cuba e di Fidel Castro? Hanno fatto la storia e hanno influenzato l’America Latina dando vita ad una stagione progressista che ha cambiato il volto di quel mondo. Quelli di Saviano al massimo hanno influenzato Fabio Fazio
Quei tre giorni di pubblicità che gli possono venire da un tweet fetido come quello che ha scritto, verranno presto dimenticati (non da tutti però). Di Fidel Castro parlerà la storia. Di Saviano chi si ricorderà?
Saviano dovrebbe inoltre avere l’umiltà di informarsi, leggere, sapere prima di parlare.
L’omosessualità è stata depenalizzata a Cuba venti anni fa, nel 1997, quando è stata eliminata dal Codice penale che la perseguiva come scandalo pubblico. Nel 2010 lo stesso Fidel Castro mise fine alla discriminazione verso gli omosessuali anche attraverso una onesta autocritica: “Se qualcuno è responsabile, sono io. Non darò la colpa a nessuno”, aveva dichiarato Fidel Castro in un’intervista alla direttrice del quotidiano messicano La Jornada. “E’ stata una grande ingiustizia” ha riconosciuto Fidel, “In quei momenti non mi potevo occupare di questo problema.
Nel 2015, all’Avana, un migliaio circa di persone hanno dato vita al Gay Pride . Al corteo c’erano anche sacerdoti che hanno benedetto una ventina di coppie. Con un dettaglio. Nessuno dei religiosi presenti apparteneva alla Chiesa Cattolica. C’era infatti il pastore metodista Raul Suarez (per anni deputato all’Assemblea Nazionale del Potere Popolare), c’erano il reverendo americano Troy Perry della Metropolitan Community Churches di Los Angeles e Roger LaRade, il capo della Chiesa cattolica di Toronto, ma nessuno della Chiesa Cattolica di Cuba.
E proprio il reverendo Raul Suarez, che abbiamo avuto la fortuna di incontrare di persona negli anni scorsi (lo abbiamo invitato due volte in Italia negli anni terrbili del “periodo especial”), ci disse con grande acume che in una società si può sconfiggere la segregazione razziale abolendone le leggi, si può sconfiggere il razzismo impedendogli di manifestarsi, ma la cosa più difficile è sconfiggere il pregiudizio razziale perchè sta dentro il senso comune delle persone. E questa era la situazione anche a Cuba. Per cambiare il senso comune e battere i pregiudizi servono generazioni, non decreti.
Saviano continua ad essere una vittima. Non della camorra, che ormai se lo è scordato e forse non lo neanche mai temuto, ma della sua megalomania. Una brutta bestia che ha rovinato anche teste migliori delle sue, quando non se ne sono rese conto per tempo.
Il tweet di Saviano
Saviano Fidel
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