TTIP, le nostre democrazie restano a rischio (2a parte)
di MICRO MEGA (Monica Di Sisto*)
Il CETA, pericoloso sconosciuto
Nel CETA si ritrovano tutte le caratteristiche che hanno generato tanta preoccupazione intorno al TTIP. Il CETA, ad esempio, crea l’Investment Court System (ICS): un sistema di risoluzione delle controversie sugli investimenti che permette alle imprese di citare in giudizio gli Stati canadesi e l’UE dinnanzi a un tribunale arbitrale qualora una legge o regola introdotta o vigente danneggiasse i propri interessi. L’ICS sostituisce nominalmente il controverso meccanismo Investor to State Dispute Settlement (ISDS) presente nel TTIP, ma ne mantiene inalterati tutti gli aspetti controversi, contrariamente a quanto richiesto dal Parlamento europeo nella risoluzione del luglio 2015[xviii].
I membri delle corti ICS, poi, sono avvocati commerciali cui è concesso di svolgere attività libero professionale, con rischi di conflitti di interesse. II diritto di legiferare degli Stati non è adeguatamente protetto, perché nelle cause ICS viene tenuta in considerazione solo la lettera del CETA, e non la giurisprudenza dei singoli Stati o dell’Unione. L’Europa, ad esempio, nel 1997 in piena allerta mucca pazza bloccò l’importazione di carne contenente ormoni appellandosi al principio di precauzione, uno dei principi distintivi dell’UE[xix]. Nominalmente anche il Canada rispetta il principio di precauzione [xx], ma insieme agli Usa si appellò contro il bando presso l’Organismo di risoluzione delle dispute della WTO (DSB), e vinse proprio perché la WTO dichiarò che un concetto come la precauzione, anche se riconosciuto nella legislazione ambientale internazionale, non era rilevante ai fini commerciali. L’Europa, per mantenere il bando, fu condannata a riconoscere a Usa e Canada delle compensazioni.[xxi]
Molte corporation americane, tra le quali Walmart, Chevron, Coca Cola e ConAgra, hanno controllate canadesi, e il CETA potrebbe permettere loro di operare nei mercati europei in condizioni di favore e di utilizzare l’ICS anche senza TTIP. Con la cooperazione normativa in vigore, poi, l’UE dovrà consultare il Canada prima di introdurre nuove leggi o regolamenti, e prima che tutti gli altri portatori di interessi si esprimano.
Per questo oltre 100 esperti giuristi di tutta Europa hanno chiesto alla Commissione di fermare i negoziati e di aprire un confronto più serio e sull’impatto democratico di CETA e TTIP: “chiediamo con forza di non indebolire ne’ minare lo stato di diritto e i principi democratici sui quali i nostri Stati Membri e l’Unione Europea sono stati fondati – scrivono – fornendo agli investitori esteri un sistema giudiziario e legale parallelo non necessario, sistemicamente sbilanciato e strutturalmente inadeguato”.[xxii]
A queste e molte altre preoccupazioni, la Commissione europea e il Governo canadese, pur di chiudere in fretta la partita, hanno risposto elaborando una Dichiarazione congiunta[xxiii] nella quale assicurano, sotto la propria responsabilità, che nessuno di questi pericoli è concreto, che gli Stati manterranno la loro capacità attuale di regolare e le imprese non saranno in alcun modo preferite ai cittadini. Peccato che molti pareri autorevoli[xxiv], uno tra tutti quello dell’esperto Simon Lester[xxv] dell’ultraliberista Cato Institute, convergono nel parere che “chiunque abbia preoccupazioni e sia rassicurato da questo testo, sa poco di legge” perché la dichiarazione “vale poco più di un comunicato stampa”.
L’attacco al Mediterraneo e il Governo Italiano
Quello che ha colpito del Governo Renzi (Gentiloni ancora non si è espresso nel merito) e della parte del Parlamento europeo che ne segue le orme da Bruxelles, è che il loro tifo pro TTIP e CETA ne autolimita la capacità politica. Un pugno di parlamentari europei del Belpaese, infatti, si è unito con una propria lettera alla richiesta del ministro Calenda di tagliare fuori i parlamenti nazionali dal processo di ratifica del trattato[xxvi], nonostante contro questa scelta si sia giù espressa la Commissione[xxvii], ma anche il nostro Parlamento, a partire dalla sua presidenza[xxviii], addirittura ospitando un importante incontro alla Camera dei deputati in cui parlamentari di tutti i gruppi politici, e lo stesso ministro Calenda, hanno ascoltato i fondati motivi di preoccupazione di numerose realtà da Coldiretti a Greenpeace, dalla Cgil alle Acli, a Slow Food, Legambiente, Arci, Attac.
Lo stesso Governo che fa la voce grossa con l’Europa per la sua miopia sulle migrazioni, e giustamente critica Trump per le sue politiche razziste, ignora un dato importante: i maggiori flussi commerciali provenienti da oltreoceano taglieranno di netto import ed export tra Europa, in primis l’Italia, e la sponda Sud del Mediterraneo. L’ultimo Rapporto ICE 2016 spiega che già oggi le esportazioni italiane sono cresciute verso gli USA almeno in volume se non in valore, perché ci siamo avvantaggiati del cambio più favorevole. Si è ridotta però la presenza italiana in Africa: in rapporto alle esportazioni dell’area dell’euro, la quota italiana nell’Africa settentrionale è scesa nel 2015 sotto la soglia del 20 per cento, per la prima volta nell’ultimo decennio[xxix].
SACE, la società che assicura le nostre esportazioni all’estero, identifica il Nord Africa e l’Europa, il nostro mercato interno come spazi più strategici per l’Italia di Usa e Canada, soprattutto per l’agroalimentare[xxx]. UNCTAD, inoltre, avverte che l’area nordafricana è colpita da una “deindustrializzazione prematura” causata da “aperture dei mercati unilaterali” quindi dal trentennio di liberalizzazioni subite a partire dagli anni Ottanta dalle politiche economiche e commerciali imposte dalla Banca Mondiale ma anche da partner commerciali come l’Europa, che hanno “ridotto la capacità degli Stati di orientare gli investimenti e pianificare”, trasformando la disoccupazione da ciclica a cronica[xxxi].
In queste aree, da cui gli orribilmente stigmatizzati “migranti economici” scappano per l’impossibilità di trovare un futuro, il TTIP porterebbe, stando alle analisi condotte dalla Fondazione Bertelsmann favorevole all’accordo, a una riduzione dei già magri redditi pro-capite nell’area dal 2 fino a più del 5%[xxxii]. Il CETA, stando invece alla Tufts University[xxxiii], spazzerà via almeno 80 mila posti di lavoro a ridosso della sua entrata in vigore nelle aree extra accordo, a partire proprio dal Mediterraneo. Spingere per l’approvazione di questi trattati da parte dell’Italia è come accenderci una miccia sotto ai piedi e chiederci di essere ringraziato per il buon affare che pure un paio di nostre grandi imprese avranno fatto nel vendergli l’ordigno.
Buon compleanno Europa
La comunicazione della Commissione Europea del 14 ottobre 2015 “Commercio per tutti – Verso una politica commerciale e di investimento più responsabile” è il documento strategico su cui si basa la strategia commerciale dell’UE. Pur sostenendo operazioni come TTIP e CETA, si ammette la necessità di implementare una politica commerciale più attenta ai temi della trasparenza e della sostenibilità.
[xxxiv] Il Parlamento UE, con la Relazione(2015/2105(INI) relatrice l’italiana Tiziana Begin, ha chiesto al Consiglio europeo, cioè a tutti i nostri Governi, di rendere pubblici i mandati negoziali di tutti i trattati. E ancora, con la Relazione sulle norme sociali e ambientali, i diritti umani e la responsabilità delle imprese (2015/2038(INI) di cui è stata relatrice un’altra italiana, Eleonora Forenza, il Parlamento europeo ha anche chiesto alla Commissione di effettuare valutazioni ex ante ed ex post dell’impatto di tutti gli accordi commerciali sulla sostenibilità e sui diritti umani.
Il 60esimo compleanno dei Trattati di Roma che hanno istituito la Comunità economica europea, che cadrà il 25 marzo prossimo e verrà celebrato a Roma con tutti gli onori, offre l’occasione migliore per ripensare le relazioni economiche e commerciali dentro e fuori l’Europa, e sarebbe auspicabile farlo nel modo più ampio, più rigoroso ma capace di visione che fosse possibile. A Bruxelles come a Roma mancano ad oggi, da quanto si è visto, esecutivi capaci di farlo da soli.
*giornalista, vicepresidente dell’associazione Fairwatch, Osservatorio italiano su Clima e commercio
NOTE
[xiv] https://stop-ttip-italia.net/documenti/
[xv] http://www.ombudsman.europa.eu/it/cases/summary.faces/it/58670/html.bookmark
[xvi] Il racconto di Tiziana Begin http://www.repubblica.it/economia/2015/10/19/news/ttip_tiziana_beghin-125417169/
[xvii] Il racconto di Giulio Marcon (Si) https://www.commo.org/post/70181/ttip-marcon-si-nella-sala-lettura-del-trattato-unora-per-800-pagine-non-e-vera-trasparenza/
[xviii] http://www.europarl.europa.eu/sides/getDoc.do?pubRef=-//EP//TEXT+TA+P8-TA-2015-0252+0+DOC+XML+V0//IT
[xix] http://eur-lex.europa.eu/legal-content/IT/TXT/?uri=URISERV%3Al32042
[xx] Health Canada, “Decision-Making Framework for Identifying, Assessing and Managing Health Risks—1 August 2000.”
[xxi] WTO, 2009, European Comminutes—Measures Concerning Meat and Meat Products (Hormones), https://www.wto.org/english/tratop_e/dispu_e/cases_e/ds26_e.htm
[xxii] https://stop-ttip.org/wp-content/uploads/2016/10/Legal-Statement_IT.pdf
[xxiii] https://correctiv.org/recherchen/ttip/blog/2016/10/17/alles-bleibt-angeblich-gleich-trotz-ceta/
[xxiv] Una collezione di pareri in questo articolo https://corporateeurope.org/international-trade/2016/10/great-ceta-swindle?page=0%2C1
[xxv] https://twitter.com/snlester/status/784013175742136320?lang=de
[xxvi] https://stop-ttip-italia.net/2016/10/15/quando-un-europarlamentare-chiede-di-esautorare-un-parlamento-nazionale/
[xxvii] europa.eu/rapid/press-release_IP-16-2371_it.pdf
[xxviii] http://www.ilvelino.it/it/article/2016/07/05/ttip-boldrini-ce-bisogno-di-riflettere-sia-rimodulato-su-principi-equi/320e44b6-9c6d-4858-89cb-854eb08108f8/
[xxix] Ice p. 123
[xxx] SACE, Rapporto Restart 2015-2018, Figura 4, in http://www.sace.it/docs/default-source/ufficio-studi/pubblicazioni/restart—rapporto-export-2015.pdf?sfvrsn=2
[xxxi] http://unctad.org/en/PublicationsLibrary/tdr2016_en.pdf p. IX
[xxxii] Bertelsmann foundation in EP: «The TTIP’s potential impact on developing countries» DG EXPO/B/PolDep/Note/2015_84 http://www.europarl.europa.eu/RegData/etudes/IDAN/2015/549035/EXPO_IDA(2015)549035_EN.pdf
[xxxiii] http://www.ase.tufts.edu/gdae/Pubs/wp/16-03CETA.pdf, p. 28
[xxxiv] Trade for all: Towards a more responsible trade and investment policy.
Il testo integrale della comunicazione è consultabile in diverse lingue sul sito della Commissione Europea al seguente indirizzo: http://trade.ec.europa.eu/doclib/cfm/doclib_results.cfm?docid=153846
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