Renzi, la Silicon Valley e il reddito minimo
di ALESSANDRO GILIOLI
È curioso che, appena arrivato in California, Renzi abbia contrapposto il modello della Silicon Valley a quello del reddito minimo garantito.
È curioso perché molti degli studi, delle ricerche e degli esperimenti sul “basic income” vengono, negli ultimi anni, proprio da lì. Tra i più famosi, quello in corso da un anno, a cura di YCombinator, a Oakland.
La cultura di fondo della Silicon Valley, come si sa, è nata da «un misto di neo-liberalismo di destra, contro-cultura radicale e determinismo tecnologico» (Cameron-Barbrook 1995) sicché ha al suo interno tante cose diverse, dalle utopie di Kevin Kelly (secondo il quale la Silicon Valley è il laboratorio di un “nuovo socialismo”) alle distopie denunciate da Morozov.
Oggi in California la questione del reddito minimo legata alla robotizzazione (quindi alla rarefazione del lavoro, all’esaurimento del lavoro come strumento per ridistribuire una parte dei profitti) è una delle issue più discusse. «More and more Silicon Valley types have embraced the idea», ha scritto nel dicembre scorso Justin Fox su Bloomberg. E sempre dalla Silicon Valley Martin Ford ha scritto, in “Rise of The Robots”, che «la soluzione più efficace è qualche forma di garanzia di reddito minimo».
Il contrario di quello che ha detto Renzi appena sbarcato.
Ho fiducia che durante il suo viaggio, e dopo gli incontri che farà, Renzi possa tornare in Italia avendo cambiato idea sul reddito minimo.
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