“Non si disobbedisce ai trattati senza uscire dall’euro”
di CONTROPIANO
Intervista a Domenico Moro, sociologo ed economista, realizzata da Radio Città Aperta.
Venerdi 7 aprile Moro sarà uno dei relatori al dibattito organizzato a Roma dalla Rete dei Comunisti. Europa, da mercato unico a polo imperialista. Noi ne parliamo con Domenico Moro. Ciao Domenico, buongiorno.
Buongiorno a te e a tutti gli ascoltatori e ascoltatrici.
Partirei proprio dal titolo dell’incontro: dal polo unico al polo imperialista, cioè il percorso di integrazione europea come costruzione delle classi dominanti. Un processo che in realtà sembra portare in una direzione un po’ diversa da quella che ci viene spesso raccontata. Vorrei il tuo punto di vista, in particolare sul ruolo che in questo contesto svolge per esempio l’euro…
L’integrazione europea è, come dicevi tu,la costruzione delle classi dominanti, ma non da adesso. Praticamente dagli anni ’50 e ’60 già era individuata l’integrazione europea, e in particolar modo l’euro, come strumento per irregimentare i bilanci e le politiche nazionali. Ci sono dei documenti, in particolar modo del gruppo Bildelberg – che è un circolo di discussione delle elite economiche, politiche, intellettuali europee e atlantiche – in cui fin dagli anni ’50-’60 si individuava la possibilità di una moneta unica come strumento per bypassare il controllo dei parlamenti nazionali sui bilanci. Nel ’74 invece la Trilaterale, in un libro intitolato «La crisi della democrazia», individua l’Europa come lo strumento per ridurre gli spazi di democrazia, ridurre il debito pubblico, ma, soprattutto, per ridurre la spesa pubblica e ostacolare le rivendicazioni dei lavoratori e delle classi subalterne. Le quali, all’epoca, erano molto forti. Diciamo che con il periodo della crisi l’euro diventa ancora più importante per le classi dominanti, perché la crisi, o meglio la caduta tendenziale del saggio di profitto, rende necessario – per le classi dominanti europee – procedere ad un percorso di centralizzazione dei capitali, di internalizzazione all’interno del continente europeo. Quindi la moneta unica, e anche il mercato finanziario che stanno costruendo adesso come conseguenza della moneta unica, è un elemento molto importante per procedere sia alle centralizzazioni, cioè alle fusioni-acquisizioni societarie a livello europeo. Sia per procedere a investimenti all’estero e così via, perché l’euro elimina appunto tutta una serie di ostacoli all’export, sia di capitali che di merci. Questo sicuramente è un grande vantaggio. L’altro vantaggio dell’euro consiste nel fatto che, eliminando la leva inflazionistica come elemento di compensazione dei divari competitivi tra paesi, fa sì che la competizione tra paesi si svolga essenzialmente sul piano del salario; cioè sul piano della riduzione del salario, che è l’altro obiettivo del capitale per contrastare la caduta tendenziale del saggio di profitto. Diciamo che l’euro permette, dal punto di vista economico, sia di portare avanti i processi di internalizzazione, sia di portare avanti quei processi di attacco al salario che poi servono al capitale a riorganizzare l’accumulazione e a contrastare la caduta del saggio di profitto. Altro elemento importante è la possibilità politica di salvare la governabilità. Sin dagli anni ’70, come dicevo prima citando lo studio della Trilaterale, il problema del capitale era quello di affermare l’alternativa, cioè la prevalenza dell’esecutivo sul legislativo, sui parlamenti; la prevalenza del governo sui parlamenti. Questo obiettivo è stato portato avanti attraverso leggi maggioritarie e tutta una serie di altri strumenti; ma l’elemento decisivo per affermare la governabilità è stata l’”Europa” che, appunto, ha permesso di sottrarre determinate decisioni ai parlamenti nazionali. Quindi diciamo che gli elementi più importanti a favore delle classi dominanti e a sfavore delle classi dominate sono questi tre, essenzialmente. Poi un altro elemento da chiarire, e di cui parleremo all’interno del nostro incontro, sarà il problema della questione dell’uscita dall’euro. L’uscita dall’euro è un ritorno al nazionalismo oppure è un elemento di una nuova politica? E’ l’unico elemento o uno degli elementi più importanti di una politica internazionalista in Europa? Ecco, dal mio punto di vista, non si può confondere l’uscita dall’euro tour court con il nazionalismo; ma, anzi, l’uscita dell’euro è un elemento necessario, anche se non sufficiente, per ristabilire dei rapporti di forza adeguati a livello internazionale, soprattutto a livello europeo. Perché mentre in altri paesi, le politiche di carattere neoliberista sono state portate avanti sostanzialmente con strumenti interni all’Europa, l’affermazione delle politiche liberiste e il ribaltamento dei rapporti di forza tra classi è avvenuto, essenzialmente, attraverso l’integrazione economica e, soprattutto, valutaria europea.
Dunque l’uscita dall’euro non sarebbe un elemento di per sé sufficiente…
Sì, ovviamente non è sufficiente. E’ un elemento indispensabile, perché l’euro è uno strumento di superiorità strategica da parte delle classi dominanti, che impedisce o rende comunque più difficile una capacità di reazione e di resistenza da parte del lavoro salariato; non solo in Italia ma in tutta l’Europa; però ovviamente non è una a tutti i problemi. Perché evidentemente, nel momento in cui si uscisse, ci sarebbe la necessità di accompagnare l’uscita anche tutta una serie di politiche, come ad esempio un ruolo diverso della Banca Centrale, che non deve essere autonoma e indipendente, come lo è la Bce, ma neanche come era la Banca d’Italia, anche se in modo inferiore o diverso rispetto alla Bce. E poi c’è necessità di un allargamento dell’intervento statale, con un incremento degli investimenti; però l’elemento centrale rimane l’uscita dall’euro. Perché? Perché anche il fiscal compact, anche i vincoli di bilancio, i vincoli al deficit e al debito pubblico diventano obbligati… Insomma, è difficile, molto difficile disattenderli perché c’è l’elemento della valuta comune. Se tu non hai il controllo della valuta è più difficile disattendere o forzare i vincoli di bilancio posti dal fiscal compact, come dimostra la Grecia di Tsipras. Quindi esiste un legame tra euro e Trattati; quindi non è possibile dire “io disattendo, disobbedisco ai Trattati” tout court, senza porsi il problema di un’uscita dall’euro. La disobbedienza ai Trattati pone la questione dell’uscita dall’euro.
Chiarissimo. Domenico, io ti ringrazio per il tuo intervento e rinnovo l’appuntamento per venerdì pomeriggio, venerdì 7 aprile h. 17 a via Galilei, 53.
Grazie a te e ci vediamo venerdì, ciao.
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