Incombono le elezioni ed il governo “scopre” la regia dietro gli sbarchi
di FEDERICO DEZZANI
Le elezioni amministrative di giugno incombono e, soprattutto, entro la primavera del 2018 si voterà per il rinnovo del Parlamento: come nel caso tedesco, urge chiudere momentaneamente “i rubinetti” dell’immigrazione per non ingrossare le fila delle destre sovraniste. L’attenzione del governo e della magistratura si è quindi improvvisamente focalizzata sui legami tra gli scafisti e le ong che operano nel Canale di Sicilia. Concentrarsi sulle navi “taxi” permette di sottrarsi dall’analisi della vera regia dietro le ondate migratorie: quei poteri atlantici che hanno gettato nel caos la Libia ed utilizzano i flussi incontrollati come strumento di destabilizzazione dell’Europa nel medio-lungo termine.
Ong? Semplici rotelle di un meccanismo
Conciliare fedeltà all’establishement atlantico, interessi economici ed indici di gradimento decorosi non è un’impresa semplice: deve essere questa l’amara constatazione del governo di centro-sinistra, diviso tra il desiderio di continuare con la politica migratoria sinora seguita in ossequio ai diktat di Washington, di incassarne i cospicui dividendi economici (si veda il giro d’affari ruotante attorno alle cooperative rosse e bianche, un giro che muove 3,5-4 €mld l’anno1 e, come ammesso da Salvatore Buzzi, “rende più della droga”2) e di evitare una Caporetto ai seggi.
Si avvicinano, infatti, le amministrative di giugno (Catanzaro, Genova, L’Aquila, Palermo ed una ventina di capoluoghi di provincia) e, soprattutto, nei primi mesi del 2018 sarà inevitabile indire le le elezioni per il rinnovo del Parlamento: se la crisi economica e l’emergenza disoccupazione ha già decimato i consensi del PD, l’ennesimo anno record di sbarchi rischia di infliggere al centro-sinistra una sconfitta da cui sarebbe difficile riprendersi, sulla falsariga di quella recentemente incassata dal partito socialista in Francia.
I numeri dei primi mesi del 2017 devono aver fatto suonare la campanella d’allarme: dopo i 170.000 arrivi del 2014, i 153.000 del 2015, i 181.000 del 2016, nel primo trimestre si è registrato un aumento del 50% rispetto all’anno precedente, prospettando l’anno in corso la cifra record di 200.000-250.000 clandestini/rifugiati. Decisamente troppo per un governo che, già ai minimi in termini di popolarità, sarà costretto entro la primavera del 2018 a sottoporsi al vaglio di un elettorato sempre più allarmato dal fenomeno: la barriera che i Paesi confinanti hanno tacitamente eretto attorno all’Italia e la ripartizione coatta degli immigrati nei comuni medio-piccoli, hanno rispettivamente intensificato l’emergenza (chiudendo le valvole di sfogo verso l’Europa del Nord) ed aumentato la percezione dell’emergenza tra i cittadini. Il “blitz” del 15-17 aprile, quando il clima ecumenico di Pasqua è stato sapientemente sfruttato per il maxi-sbarco di 8-500 immigrati, è stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso: anche nei Palazzi romani si è constata la necessità di tirare il freno in vista delle elezioni. A distanza di un paio di giorni, è così apparsa la notizia sui sospetti dell’esecutivo circa una possibile “regia” dietro gli sbarchi: “Il governo pensa che gli sbarchi record di migranti non siano casuali: c’è una regia”3 scriveva La Stampa il 20 aprile.
L’improvvisa resipiscenza del governo italiano sul fenomeno migratorio non è certo la prima in Europa. Dopo la fulminea apertura della “via balcanica” che riversò un milione di immigrati in Germania nel solo 2015, il crollo verticale della CDU nei sondaggi e le pesanti sconfitte in alcuni land strategici, anche la Grande Coalizione di Angela Merkel corse ai ripari in vista delle legislative di quest’anno, firmando nel marzo 2016 un accordo con Ankara per bloccare il flusso migratorio sul confine greco-turco. Si può dire che Angela Merkel agì con unanime consenso: visti i drammatici effetti sull’opinione pubblica, per l’establishment atlantico era concreto il rischio di perdere una figura chiave dell’architettura UE/NATO come la cancelliera. Nel caso dell’Italia, nessuno si angoscia invece per le sorti di Paolo Gentiloni e Matteo Renzi (sostituibili in qualsiasi momento dal fedele Movimento 5 Stelle) tranne, forse, i diretti interessati: il “rinsavimento” del governo di centro-sinistra è un semplice gesto dettato dall’istinto di auto-conservazione (particolarmente radicato nell’ex-premier).
Denunciare tout court la politica migratoria portata avanti da Washington è però impensabile per il governo italiano. Si ripiega quindi, alludendo alla loro collusione con gli scafisti, sulle organizzazioni non governative, finite all’attenzione del grande pubblico dopo anni di “salvataggi” nel Canale di Sicilia. Sono le ong (Medici Senza Frontiere, Human Rights Watch, Sos Mediterranee, etc, etc,) che, nascondendola dietro un velo di umanitarismo e apoliticità, attuano l’agenda estera dell’establishment liberal: nell’economia generale dei flussi migratori, il loro ruolo è certamente determinante ma limitato, paragonabile a quello di una rotella di un meccanismo. Se la rotella è ancora alla portata della magistratura italiana e dei partiti nostrani, il meccanismo esula invece dal loro campo di analisi/azione.
Si superi ad esempio il Canale di Sicilia e si osservi la Libia, dalle cui coste vanno e vengono le navi delle ong cariche di immigrati. L’ex-colonia italiana è stata scientemente trasformata negli ultimi anni nel “trampolino” africano dell’immigrazione clandestina verso l’Europa: si comincia nel 2011 col cambio di regime orchestrato da angloamericani e francesi, si prosegue nel 2012-2013 lasciando che le forze centrifughe si radichino nel Paese, si fa il salto di qualità nel 2014 sostenendo il golpe islamista che installa in Tripolitania una giunta appoggiata da Washington, Londra, Doha ed Ankara, si evita per tutto il 2015 di fornire assistenza politico-militare al legittimo governo esiliato a Tobruk, si crea nel 2016 un effimero “governo d’unità nazionale” che, installato a Tripoli, copra i traffici di immigrati gestiti dalle milizie islamiche. Di fronte all’esplodere dei flussi migratori, la NATO si guarda bene dall’isolare la Libia con un blocco navale: invia, al contrario, le proprie navi affinché contribuiscano al “servizio taxi” che copre il Canale di Sicilia. Un governo che volesse arginare i flussi migratori, anziché preoccuparsi delle ong, dovrebbe avere come priorità la ricostruzione dello Stato libico: un onere impensabile per l’Italia del 2017.
Come è poi noto, la Libia, con i suoi 6 milioni di abitanti, non è altro che un Paese di passaggio per i flussi migratori dell’Africa sub-sahariana: tagliare alla radice i flussi migratori significherebbe arrestare l’endemica opera di destabilizzazione attuata dagli angloamericani in quest’area (vedasi, ad esempio, Boko Haram in Nigeria) e offrire un modello economico alternativo all’FMI/Banca Mondiale, che con i loro prestiti finanziari in cambio di “riforme strutturali” ed austerità, sono all’origine della disoccupazione a due cifre che affligge i Paesi africani come la Grecia o l’Italia. È questo un peso che l’Europa, completamente succube dei poteri atlantici e ripiegata su se stessa, non può neanche immaginare di sobbarcarsi.
Già, l’Europa: non c’è alcun dubbio che il Vecchio Continente sia l’obiettivo finale della politica migratoria attuata dall’establishment liberal. Il procuratore capo di Catania, Carmelo Zuccaro, ha scorto dietro la collusione tra ong e scafisti la volontà di “destabilizzare l’economia italiana per trarne dei vantaggi”4: se si tratta certamente di destabilizzazione, è riduttivo affermare che abbia soltanto finalità economiche, magari di breve termine. Le ondate migratorie verso i Paesi europei mirano ad una vera e propria destabilizzazione della società nel medio-lungo termine, soprattutto in quegli Stati dove la percentuale di immigrati sul resto della popolazione era ancora ridotta (Est-Europeo ed Italia) e le tensioni sociali relativamente ridotte (Germania). Lo Stato-Nazione coeso, pacifico e monolitico è il maggiore ostacolo che si frappone tra l’élite mondialista e la creazione di strutture sovranazionali sempre più allargate: società insicure, accartocciate su di sé e sfilacciate, sono la miglior garanzia perché l’oligarchia cosmopolita possa governare indisturbata.
L’improvviso attivismo del governo contro le ong (peraltro contestato da molti settori dello stesso PD) è politica spicciola in vista delle prossime tornate elettorale: attendersi qualche effetto sull’emergenza migratoria è illusorio. Il flusso coatto dall’Africa verso l’Europa si potrà fermare solo smantellando la gabbia UE/NATO in cui è imprigionato il continente, permettendo alle Nazioni di riappropriarsi del proprio destino: entriamo però nel campo dell’alta politica, lontana dagli espedienti adottati per vincere un’elezione amministrativa o legislativa. Anche in questo caso, non resta che riporre le speranze nelle imminenti presidenziali francesi: la vittoria di Marine Le Pen è un’occasione imperdibile per scardinare quelle istituzioni con cui si sta cercando di cancellare le identità europee.
1http://www.repubblica.it/solidarieta/immigrazione/2016/10/29/news/immigrati_quanto_ci_costa_davvero_accoglierli-150837863/
2http://www.ilfattoquotidiano.it/2014/12/02/mafia-capitale-buzzi-immigrati-si-fanno-soldi-droga/1245847/
3http://www.lastampa.it/2017/04/20/italia/cronache/il-governo-sbarchi-record-non-casuali-una-regia-guida-i-migranti-in-mare-zlW9mSHMJLk3mSpGBhgKtN/pagina.html
4http://www.ilgiornale.it/news/politica/cos-ong-vogliono-destabilizzare-leconomia-italiana-con-migranti-1390533.html
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