Theresa May ha convocato le elezioni anticipate
di L’INTELLETTUALE DISSIDENTE (Guido Dell’Omo)
Come cambia la Brexit con le elezioni anticipate dell’8 giugno e dopo il rifiuto delle linee guida presentate da Bruxelles e rispedite al mittente da Londra.
Nonostante le promesse iniziali fatte dopo che Cameron le aveva lasciato il testimone, Theresa May ha capito di non poter aspettare il 2020 per le prossime elezioni. Ad affiancarla durante queste settimane di intensa campagna elettorale, fino alla prima di giugno, ci sarà– su invito dello stesso primo ministro inglese –Jim Messina, che partecipò come manager sia per la campagna di Obama che di David Cameron. Ma cosa ha spinto la May a convocare le elezioni anticipate? Come cambierebbe la Brexit in caso di una sua vittoria schiacciante alle urne e come, invece, in caso di una vittoria, anche se altamente improbabile, dei Laburisti? Gli altri partiti come hanno reagito alla notizia del voto anticipato?
Theresa May ha preso il potere meno di un anno fa, quando David Cameron aveva deciso di dimettersi dopo il referendum sull’uscita del Regno Unito dall’Unione europea. Il popolo britannico ha deciso il “leave” e non il “remain”, su cui aveva scommesso Cameron. Gli subentrò la May, che proprio nei primi giorni da Primo Ministro promise che avrebbe aspettato il 2019-2020 per convocare le prossime elezioni. Ha deciso invece di non aspettare. Ma più che una scelta – di cui comunque non vogliamo levarle i meriti – quella delle elezioni a giugno è stata una decisione forzata. Con la caparbietà che la contraddistingue aveva promesso fin da subito di traghettare il popolo inglese verso la meta che aveva deciso di perseguire. Ma, di fatto, con l’attuale situazione parlamentare l’unico passo che è stata capace di compiere– concretamente –è stata l’invocazione dell’Articolo 50 del Trattato di Lisbona, che sì ha dato il via al procedimento per la Brexit, ma che in realtà rappresenta solo un primo passo di un percorso che è e sarà lungo e travagliato e che perciò necessita di una guida con piene capacità decisionali. Figura che, fino a oggi, non è incarnata da Theresa May: perché nonostante si sia rivelata una leader degna di questo titolo, non ha mai avuto i numeri in parlamento che le consentissero di gestire i dossier con l’Europa come vorrebbe. Dossier che, in una fase di contrattazione come quella attuale tra Regno Unito e Ue, dovrebbero poter essere gestiti con la massima “autorità” possibile, evitando di doversi piegare ad accontentare la volontà degli altri partiti per ottenere così i numeri necessari per attuare il suo programma.
Da una parte ci sono i Laburisti, che con Corbyn hanno commentato la notizia delle elezioni anticipate come “una grande chance per votare un governo che metta finalmente gli interessi dei cittadini al primo posto”. Da un’altra un partito come quello Nazionale Scozzese, assolutamente contrario all’uscita dall’Ue, che con il primo ministro della Scozia Nicola Sturgeon ha espresso la sua preoccupazione per quello che lei stessa considera “un grande errore politico” da parte di Theresa May. I Liberal Democratici millantano un aumento della loro popolarità, ma dopo la campagna anti-Brexit da loro sostenuta senza riserve, una buona fetta dell’elettorato l’hanno sicuramente persa. Quelle delle elezioni di giugno è una ghiotta chance per il partito Indipendentista (Ukip) che attualmente non ha neanche un seggio in parlamento; sulla scia dell’anti-europeismo quale migliore occasione per tentare di guadagnare spazio nella House of Commons.
Theresa May, con il voto dell’8 giugno, vorrebbe una conferma schiacciante che il popolo britannico abbia scelto lei, e lei soltanto, per guidare il paese fuori dall’Unione europea. La peggiore delle ipotesi è che dal voto popolare risulti una frammentazione più o meno omogenea del gradimento dei cittadini, sia verso partiti che vorrebbero rimanere nell’Ue, come i Liberal Democratici, sia verso l’Ukip, che rappresenta l’altra faccia della medaglia e che vorrebbe quella che viene chiamata “hard Brexit”, ovvero un’uscita netta dal progetto europeo. In questo caso si verificherebbe un pericoloso stallo politico, con forze parlamentari che metterebbero i bastoni tra le ruote alla May cercando di costringerla a seguire il “loro” programma di Brexit. Un po’ come sta avvenendo adesso.
Se le elezioni di giugno non verranno posticipate – e il voto risultasse favorevole per la leadership di Theresa May – il primo ministro inglese riuscirebbe in un piccolo capolavoro. Il 29 aprile c’è stata la riunione di tutti i leader europei per accettare, o meno, il piano di negoziazione per il Regno Unito, rispedito al mittente da Londra. Ora ci sarà un arco di tempo – più o meno fino a giugno-luglio – in cui la Commissione Europea aspetterà che le venga consegnato il documento per poi presentare un piano dettagliato per la Brexit, da presentare, nuovamente, ai leader europei. Fino a quest’estate, quindi fino a che non passerà il documento ufficiale firmato da Londra e Bruxelles, ci saranno solo chiacchere e dimostrazioni di forza. Ma quando le chiacchere finiranno e sarà ora di cominciare a discutere il documento ufficiale della Brexit, nonché tutti i procedimenti che coinvolgono la sua travagliata uscita– che secondo gli analisti necessiterà almeno due anni perché sia completata –la May vuole essere pronta ma soprattutto in grado di contrattare con Bruxelles al massimo delle sue possibilità. Lo potrà fare con una grande maggioranza, se le elezioni di giugno la incoroneranno come la leader in cui i cittadini hanno deciso di riporre la loro fiducia per portare a termine il difficile processo di uscita dall’Ue. Oltretutto va tenuto in considerazione che l’Ue farà di tutto per dimostrare che uscire dall’Unione non è una scelta saggia, evitando così che altri paesi membri vengano attirati dall’idea, quindi farà il possibile affinchè l’Inghilterra non esca “avvantaggiata” dall’addio a Bruxelles. La leader britannica invece farà di tutto per riuscire nel suo piano di Brexit: fuori dal mercato unico, ma con un trattato di libero scambio che tuteli il Regno Unito. Ora bisognerà aspettare. Prima di tutto per vedere se la May riceverà la conferma che sta aspettando dalle elezioni; poi per studiare come se la caverà con il testa a testa con un’Unione europea che non può permettersi di mostrare ulteriori, pericolosi, segnali di debolezza.
fonte: http://www.lintellettualedissidente.it/esteri-3/theresa-may-convocato-le-elezioni-anticipate/
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