Martin: “Acciaio e ambiente possono convivere”
di MICRO MEGA (Antonia Battaglia)
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Commento.
Leggendo quest’intervista ad Edouard Martin credo non sia inutile ricordare perché il FSI (Fronte Sovranista Italiano) vorrebbe che i settori strategici, tra i quali quello siderurgico, siano di nuovo nazionalizzati.
Perché, contrariamente al pregiudizio diffuso, a partire dai primi anni ’90, la 1a Repubblica fece raggiungere il boom economico proprio attraverso un grande sviluppo dell’industria pubblica siderurgia compresa.
L’ILVA è l’ennesimo esempio di una privatizzazione a tutti i costi che sta segnando il tramonto dell’industria italiana anche in questo settore, per cui lo stabilimento Lucchini di Piombino è stato venduto ad un paese algerino (acquistato dalla CEVITAL), mentre l’ILVA, prima è stata venduta alla famiglia italiana Riva, e ora passa alla Mittel francese.
Grazie all’uscita dalla UE e dall’Euro, lo stato italiano sarebbe nuovamente libero di investire la necessaria quantità di ricchezza finanziaria in grado di recuperare questo grande settore e di poter risolvere, nel medesimo tempo, la questione della sicurezza umana insieme a quella dello sviluppo.
Infatti, ricordiamo ancora una volta che lo Stato NON è un padre di famiglia.
Mentre infatti un’azienda privata a fine anno, tra entrate e uscite, è costretta a far quadrare il proprio bilancio, e quindi, a decidere se investire prima sullo sviluppo, e dopo sulla sicurezza, lo Stato, al contrario, può emettere moneta senza vincoli tecnici di sorta.
Questo perché, la moneta emessa dalla banca centrale di uno stato a piena sovranità monetaria (come si comportava prima la Banca d’Italia con la Lira), non si finanzia con le tasse provenienti dal settore privato, raccolta dai contribuenti, ma direttamente attraverso l’emissione monetaria stessa che, va da sé, non deve rendere conto a nessun soggetto economico esterno o terzo (es: i mercati finanziari \ un altro straniero \ il credito del settore bancario privato). Così che è la spesa pubblica che in un primo momento fornisce ai contribuenti la moneta necessaria con la quale questi ultimi, nel momento successivo, riescono a pagare le imposte, e non viceversa.
L’ingresso nell’Euro ha rovesciato questo fondamentale meccanismo monetario, per cui adesso lo Stato è costretto a fare cassa prosciugando il risparmio privato (profitti + risparmi da reddito) e rispettare un rigido bilancio che non permette la distribuzione di risorse liquide in modo vantaggioso per il sistema-paese.
Il paradosso, anche ironico, è che la Mittal francese è sempre alla ricerca di aiuti di stato. E non è trascurabile l’ipotesi che possa delocalizzare lo stabilimento là dove riuscirà ad ottenere i fondi che gli servono.
Dunque, non è ammissibile che la nazione italiana abbia dovuto cedere ai mercati europei (nella fattispecie quello francese) uno dei settori industriali più sviluppati, a causa dei limiti di bilancio che è costretta a rispettare di fronte a Bruxelles.
Il recupero del controllo pubblico su di un settore di tale portata come di altri (quali i trasporti, la posta, le energie, la meccanica) sarebbe in grado di generare materie prime in acciaio a prezzi calmierati che favorirebbero lo sviluppo del settore privato manifatturiero italiano sul proprio territorio.
Ma quello che è avvenuto oggi in realtà era stato già previsto da una classe dirigente illuminata, la quale aveva saputo riportare lo splendore nell’economia e nella società italiana dopo il 1945.
A raccontarcelo fu Giuseppe Di Vittorio, il cui intervento nel 1952 è stato recentemente ricordato, non a caso, anche dalla nostra rivista di Appello al Popolo, e che ripropongo QUI:https://appelloalpopolo.it/?p=31787
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MicroMega ha intervistato l’eurodeputato francese Edouard Martin, membro del Gruppo S&D, Alleanza Progressista di Socialisti e Democratici al Parlamento Europeo, sicuramente uno dei più grandi conoscitori della siderurgia e delle politiche europee in materia.
Precedentemente operaio e sindacalista, Martin viene eletto delegato del personale nella fabbrica di Arcelor nel 1989. Entra poi nel comitato aziendale europeo di Arcelor Mittal, un organismo rappresentante dei lavoratori, previsto dalla direttiva europea 94/45/CE, che esiste ai fini dell’informazione e della consultazione transnazionale dei lavoratori nelle imprese e nei gruppi di dimensioni comunitarie. Nel 2009 Martin è a capo della lotta contro la chiusura degli altoforni di Florange, in Francia, nella regione delle cosiddette Terres Rouges accanto alla Belval di Lussemburgo. Capolista del Partito Socialista, Martin viene eletto al Parlamento Europeo nel 2014.
E’ da poco che il Gruppo Ilva è stato ceduto alla cordata Arcelor Mittal-Marcegaglia, AM Investco. Arcelor Mittal è il gruppo mondiale leader nell’approccio combinato tra estrazione di minerali e produzione siderurgica, con interessi e aziende in numerosi paesi del mondo. Con circa 199.000 unità di personale impiegate, il gruppo è al momento il più grande produttore nelle Americhe, in Africa ed in Europa, dove vanta una presenza quasi predominante.
Ma qual è la strategia della AM Investco per Taranto? E cosa potrebbe accadere adesso?
Edouard Martin, il Gruppo Ilva è stato venduto ad Arcelor Mittal, anche se manca il via libera finale della Commissione Europea. Cosa ne pensa?
Non ne sono sorpreso, Arcelor Mittal ha un grande interesse diretto a far funzionare bene l’Ilva di Taranto, potrebbe fare dei grandi profitti in quello che è lo stabilimento siderurgico più grande d’Europa. Sono convinto che Mittal stesso – lì dentro è lui che decide, è lui il patron – voglia fare dello stabilimento di Taranto un punto importante della strategia produttiva del Gruppo, e sarebbe disposto a sacrificare anche altri stabilimenti europei pur di far funzionare quello, nel caso in cui l’Antitrust europeo decretasse che la posizione sul mercato è dominante e abusiva.
C’era su Le Figaro di qualche giorno fa un articolo che parlava di uno stato di inquietudine degli operai Arcelor Mittal di Fos-sur-Mer (Francia).
Si, potrebbe anche disfarsene se fosse obbligato, insieme allo stabilimento di Avilés nelle Asturie.
Ma perché Taranto? In alcuni momenti si era anche pensato che volesse acquistare Ilva per chiuderla e favorire i suoi stabilimenti in Europa. I lavori da realizzare a Taranto sono ingenti, sia per la messa a norma e la salvaguardia dei diritti dei tarantini che anche per la stessa “egoistica” produzione. Per far funzionare bene l’Ilva ci vorrebbero, anche solo dal punto strutturale, investimenti importanti. Nel 2013, la Procura di Taranto ha stimato in 8,1 miliardi di euro il costo totale degli interventi necessari al ripristino funzionale degli impianti dell’area a caldo per un possibile risanamento ambientale. Parliamo quindi di 8,1 miliardi di euro solo per l’ambientalizzazione.
Mittal è uno specialista nel domandare soldi ai governi e allo Stato. In Algeria, per lo stabilimento di Annaba, ha chiesto ingenti somme allo stato algerino ma l’Algeria non ha ceduto.
A Taranto sarà davvero Mittal a pagare i lavori di ristrutturazione e messa a norma o sarà lo Stato Italiano, i contribuenti? E’ una cosa sulla quale insistere, per esser certi che gli investimenti necessari alla protezione delle persone siano realizzati.
La questione diventa molto delicata quando si parla di aiuti di Stato, perché essi non possono sostituire gli investimenti privati.
Il rischio è che Mittal, con la posizione dominante che può esser riconosciuta come abusiva dalla Commissione dopo l’acquisto di Taranto, possa contare anche su aiuti statali. Ho chiesto al Commissario Vestager di lavorare celermente ad una inchiesta approfondita sul processo di vendita dell’Ilva, perché ciò che non torna è anche capire che se Mittal partirà a Taranto con una produzione di 6 milioni di tonnellate..
cifra che significa gravi problemi di salute….
Per come sono le cose adesso sì… per arrivare a produrne 9 milioni nel 2023, avrà comunque bisogno di acquistarne 3 milioni nel frattempo.
Ho chiesto alla Commissione Europea di capire da dove verranno questi 3 milioni di tonnellate, le comprerà in Cina mettendo ulteriormente in difficoltà il mercato europeo? Perché quello che mi interessa è anche l’andamento del mercato europeo.
La nostra grande preoccupazione (rappresento anche Peacelink a Bruxelles) è quella della protezione della salute dei cittadini di Taranto. Mi ha detto di esser stato a Taranto, cosa ne pensa? Da più grande esperto di siderurgia e conoscitore di politiche siderurgiche in Europa, che idea si è fatto della questione Taranto, non solo dal punto di vista strutturale e produttivo ma anche politico?
Ciò che ruota intorno a Taranto è veramente impressionante, dal punto di vista politico. Quando lavoravo a Florange (Francia) e Arcelor Mittal ha acquistato lo stabilimento, abbiamo lottato per mesi affinché i diritti dei lavoratori alla salute andassero di pari passo con il diritto al lavoro.
É compito dei sindacati proteggere gli operai, li avete contattati per Taranto? Ne avete discusso con loro? Cosa ne pensano? Perché Mittal licenzierà delle persone a Taranto e tuttavia il problema sanitario e ambientale persiste, ne stavo leggendo anche di recente.
Si, nella questione Ilva e Taranto i sindacati hanno avuto un ruolo di fondamentale supporto alle politiche del padrone e non hanno mai protetto in modo reale il diritto alla salute degli operai, che sono i primi esposti al pericolo che deriva dalla fabbrica. Le dichiarazioni di buone intenzioni sono tante, ma la realtà è sempre stata ben diversa e avremmo voluto che i sindacati fossero i primi a scendere in campo per la salute con le associazioni e la società civile.
Sia a Florange, che in altri centri di produzione siderurgica di Arcelor Mittal, si è sempre preteso che i processi di vendita, modifica o ristrutturazione o anche semplice di gestione dello stabilimento fossero portati avanti congiuntamente ad una Commissione, Commission de suivi, composta anche da rappresentanti delle ONG come voi, che potessero controllare che l’andamento dei lavori andasse di pari passo con le necessarie garanzie di salute e rispetto dei diritti.
Mittal ha dichiarato che una delle prime cose da fare a Taranto sarà la copertura dei parchi minerali: chiedete, come abbiamo fatto noi, che sia istituita una commissione della quale farete parte per controllare l’andamento dei lavori, sono stupito che non ne siate già parte! Avete chiesto al Ministero? Cosa ne dicono di seguire la realizzazione degli investimenti?
Eppure l’Ilva, come tutti gli altri stabilimenti europei, dovrà rispondere per iscritto del non rispetto delle prescrizioni ambientali? Ne avete parlato con il Sindaco di Taranto e con la classe politica?
Le racconto tutto ad intervista finita, è una storia lunga. Restando sul tecnico, Ispra compila ogni 6 mesi delle relazioni sullo stato di avanzamento dell’Autorizzazione Integrata Ambientale, notando le mancanze. E sono tante. Ci sono poi diverse relazioni epidemiologiche ufficiali, i dati statistici su morti e malattie, c’è la semplice constatazione che tutte le autorizzazioni previste sono state sistematicamente disattese e che gli interventi di proroga hanno periodicamente salvato la produzione dello stabilimento, facendo venire meno la certezza dello stato di diritto. C’è un processo in corso e ci sono nuove indagini della Magistratura. Cosa può accadere più di questo? Mi dica, in Europa esistono degli stabilimenti siderurgici che producono senza inquinare?
L’inquinamento zero non esiste. Ma ci sono sicuramente delle industrie che producono senza causare neanche lontanamente i problemi sanitari e ambientali che ci sono a Taranto.
Faccio parte di quella schiera dei deputati all’interno del Parlamento Europeo che vuole combinare la protezione dell’ambiente con la necessità di mantenere l’attività industriale.
Qualche esempio? lo stabilimento Thyssen Krupp di Duisburg. Lo stabilimento di Eramet in Svezia; lo stesso stabilimento Arcelor Mittal di Dunkerque. E’ possibile produrre senza inquinare, attenzione non inquinamento zero, quello non esiste per nessuna attività produttiva ma senza causare ciò che accade a Taranto.
Ritorno su Fos-sur-Mer, potrebbe esser messo in crisi se la produzione di Taranto dovesse effettivamente crescere.
Si, come dicevo prima sono certo che Mittal potrebbe disfarsene pur di non perdere Taranto che è un posto strategico per lui e dal quale potrà ricavare molto.
Lo sa, Mittal ha chiesto alla Commissione Europea un finanziamento di 315 milioni di euro per realizzare centri di ricerca sull’acciaio in Europa. Abbiamo chiesto anche noi alla Commissione a cosa servano questi fondi e in cosa consisterà questa attività di ricerca. Aspettiamo di sapere.
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