Vamva who? Il dollaro e la sostenibilità dell’euro (ovvero: perché i trader mi amano…)
di ALBERTO BAGNAI
(…e va bene: parliamo di economia. Di politica ci impediranno presto di parlare, in nome dell’amore, come credo abbiate capito. Oggi Barbara su Twitter ha chiesto se fa male constatare che la sinistra è arrivata a toglierci la libertà (di espressione). Si riferisce al rapporto della “commissione Cox” che viene commentato oggi da Palombi sul Fatto Quotidiano con insolita (per lui) cautela – eppure non tiene famiglia e se la tenesse se ne fregherebbe come me. Un rapporto che è solo una tappa di un percorso che era stato individuato e stigmatizzato ante litteram da due membri del comitato scientifico di a/simmetrie: Alberto Bagnai sul Fatto Quotidiano del 3 gennaio (pre-vilipendio), e Benedetto Ponti sul suo blog il 24 febbraio. Grazie a Barbara oggi ho appreso sulla mia carne viva quanto sia falso che “saetta previsa vien più lenta”. Sono anni che vado dicendo che un sistema che comprime i diritti economici della maggioranza poi deve necessariamente comprimerne i diritti politici. Che si sarebbe arrivati qui, e che il lavoro lo avrebbe fatto il poliziotto buono, lo sapevo, l’ho detto e l’ho scritto prima che, con la Brexit e la vittoria di Trump, si aprissero le gabbie di quelli che da sinistra hanno apertamente delegittimato il metodo democratico e stanno auspicando una compressione dell’art. 21 della Costituzione. Aver visto arrivare questo orrore giuridico e politico non me lo rende più sopportabile: mi dà solo una misura della mia impotenza politica. Però c’è una continuità genetica: nipote di un socialista manganellato da destra, mi ritroverò manganellato da sinistra da persone che per simmetria mi tocca definire fascisti, anche se, onestamente, comincio a pensare che il fascismo storico, nei suoi orrori, non meriti di essere accostato allo squallore della “commissione Cox”. Loro, almeno, i fascisti storici, facevano finta di obbedire a interessi diversi da quelli del grande capitale internazionale, e, soprattutto non facevano finta di difendere la democrazia, cosa per la quale il grande capitale internazionale, che è pragmatico, gli era riconoscente. Agli untuosi e saccenti pretini di sinistra che mi hanno preso in giro va tutto il mio diverso apprezzamento, appena temperato da una certezza: la storia li spazzerà via. Anche mio nonno era impotente – in tutta evidenza, mi riferisco ancora al dato politico – e anche quei fascisti sono stati spazzati via. E per consentire a voi e ai sullodati seminaristi del cazzo di apprezzare quanto valgano le mie certezze, vi fornisco un paio di esempi provenienti dal meraviglioso mondo della tecnica…)
«Vamvakidis! Chi era costui?» ruminava tra sé don Abbondio seduto sul suo seggiolone, in una stanza del piano superiore, con un libricciolo aperto davanti, quando Perpetua entrò a portargli il Sole 24 Ore. «Vamvakidis! questo nome mi par bene d’averlo letto o sentito; doveva essere un economista, un esperto di una qualche banca: è un nome di quelli; ma chi diavolo era costui?»
Vamvakidis è in effetti un economista di Bank of America, la cui performance può essere descritta da due grafici. Il primo è tratto da Who’s next?, lo studio che ho portato a termine su ispirazione e con la collaborazione di Claudio Borghi (altro membro del comitato scientifico di a/simmetrie) per la FENL:
Spiegazione: il 10 luglio 2012 David Woo e Athanasios Vamvakidis pubblicavano uno studio in cui sostenevano che solo un euro più debole avrebbe potuto salvare l’euro, che quindi si sarebbe indebolito nei prossimi sei mesi (da qui una serie di consigli tecnici ai loro investitori). Nel grafico qua sopra la data del loro studio corrisponde al puntino viola, colore della sfiga: in effetti, i nostri espertoni avevano appena emesso questo saggio pronostico, che il cambio euro/dollaro cominciava a salire (invece di scendere). Il “uoteveritteics” di Draghi, che non avevano previsto, aveva improvvisamente reso meno incredibile l’euro agli occhi degli investitori internazionali: invece di una discesa a sei mesi, il cambio sperimentò 24 mesi di ascesa, come da grafico.
Il 19 maggio 2014, quasi due anni dopo, intervenivo sul Fatto Quotidiano (pre-vilipendio) affermando testualmente che: “il rischio di svalutazione drastica… è molto più remoto in caso di dissoluzione che in caso di mantenimento dell’euro“. La data è quella del puntino rosso sul grafico: rosso, il colore del fuoco (e il Sagittario – uomo sopra e cavallo sotto – è segno di fuoco). Emessa la mia sentenza, la Storia si incaricò di eseguirla: la drastica svalutazione credo la vediate. In caso contrario, rovesciate lo schermo…
Ed ecco il secondo grafico che testimonia la qualità del nostro (anzi, del loro: di Bank of America) analista:
Il 15 luglio 2017 Vamvakidis, rilasciando un’intervista a James Salmon del Daily Mail, ci informa del fatto che l’Eurozona crollerà comunque, perché il suo mantenimento implica trasferimenti di reddito dal Nord al Sud di dimensioni politicamente insostenibili: è, ancora una volta, il puntino violetto sul grafico. Una brillante analisi, che Vocidallestero si è sentita in dovere di pubblicare (nonostante il Daily Mail non sia una fonte particolarmente autorevole), suscitando qualche perplessità in quanti di voi ricordavano di aver sentito lo stesso argomento in un articolo apparso sei anni prima: “basterebbero dieci anni di integrazione fiscale nell’area euro, magari a colpi di Eurobond, per riavere le camicie brune in Germania. L’integrazione fiscale non è politicamente sostenibile perché nessuno vuole pagare per gli altri, soprattutto quando i media, schiavi dell’asimmetria ideologica, bombardano con il messaggio che gli altri sono pigri, poco produttivi, che “è colpa loro”. Siano greci, turchi, o ebrei, sappiamo come va a finire quando la colpa è degli altri.” (A proposito di chi semina odio: l’euro semina odio…). Peraltro, questo blog vi aveva anche chiarito che in effetti lo stesso concetto era stato espresso dalla letteratura scientifica solo 19 anni prima, che farebbero 25 anni prima di Vamva…
(…nota per i diversamente capenti: ovviamente nel secondo grafico la variabile rappresentata conta poco: quello che conta è solo l’asse dei tempi, la distnaza fra i due punti, e una cosa che succede alla fine, sulla quale torno fra un attimo…)
Insomma, povero Vamva… Non è che abbia idee sbagliate, anzi: ne ha di giustissime. Solo che lui, a differenza di altri, non è un musicista, e quindi non entra a tempo: una volta mi entra 678 giorni prima, un’altra mi attacca con 2156 giorni di ritardo… Io non vorrei nel mio gruppo un musicista così! Il fatto che una grande banca invece lo voglia, ci dà tutta la smisurata estensione dell’inefficienza del settore privato (intesa, qui, nel senso tecnico di incapacità di processare in modo efficiente – e quindi tempestivo – le informazioni disponibili). Insomma: le banche falliscono per tanti motivi, uno dei quali è quello che Keynes ci ricorda nel capitolo 12: meglio fallire in modo convenzionale che avere successo in modo non convenzionale.
Ora, qualcuno dirà: “Bè, ma dai, nel caso del cambio hai solo avuto fortuna!”. Certo. Infatti io sono un ragazzo fortunato. Ne volete un’altra prova? E io vi do un altro grafico! Questo:
(qui i dati sono settimanali, la variabile è la stessa). Il 26 ottobre 2016, due settimane prima dell’elezione di Trump, formulavo nel mio blog l’ipotesi che l’elezione di un presidente repubblicano potesse aprire la strada a un indebolimento del dollaro (cioè, per chi capisce la goofynomics, a un rafforzamento dell’euro): è il puntino rosso del grafico. E gnente! Il 14 novembre 2016 l’espertone di turno, tal Saravelos, annunciava la parità euro/dollaro per fine anno. Due note di colore: anche Saravelos sembra essere un nome greco, e il nostro Saravelos lavora in Deutsche Bank: un paese e una banca che non sono in ottime acque, e forse capiamo perché…
Quello che è successo dopo si vede nel grafico. Tutti gli espertoni hanno capito dopo quello che avevo capito prima, come da noioso e ritrito copione: non stiamo andando a 1 ma a 1.20.
Dunque: io notoriamente di economia non capisco un cazzo, e soprattutto sono digiuno, anzi, digiunissimo di politica, infatti, come vi ho documentato qua sopra, non avevo visto venire le leggi sulla censura con due anni di anticipo: diciamo però che sono fortunato, il che è comunque una virtù di per sé: a meno che non preferiate un noto menagramo come – per dirne una – Renzi, che trasforma in sconfitta tutto ciò che tocca, incluso se stesso (ultimamente ne avrà di cose da confessare al suo parroco…).
Si vede che è per questo che ogni tanto un trader bussa, fisicamente o metaforicamente, alla porta di a/simmetrie e lascia un obolo. Bontà sua: io non lo chiedo, quello che faccio è gratis, non è un’incitazione al risparmio né un consiglio a privilegiare una particolare forma di investimento su un’altra. Mi limito a osservare le tendenze di medio periodo, che, fra l’altro, è un mestiere del tutto diverso da quello, altrettanto divertente e utile, ma che io non so fare, di speculare sulla volatilità di breve o brevissimo periodo. Per quest’ultima cosa ci vuole un apparato nervoso e endocrino che io non ho. Ma in quello che so fare la fortuna, come vedete, mi assiste…
Ed eccoci così alle conclusioni. La terza carica dello Stato sta diffondendo l’idea che fornendo analisi, e in particolare analisi economiche, sui social media si dissemini odio. Sarebbero proprio questi media ad amplificare i sentimenti negativi, in particolare quelli degli italiani – il che, in tutta evidenza, dovrebbe giustificare la visibile distorsione negativa del Presidente della Camera dei Deputati italiani nei riguardi del popolo italiano cui lei per dovere istituzionale dovrebbe dare, non togliere, voce. Se prendessimo per buone le parole della terza carica dello Stato, assisteremmo a un fenomeno paradossale: questo blog infatti ha tanti amici fra i trader, quelli veri (non i sedicenti treider che trovate a trollare su Twitter, e che in effetti altro non sono che giovincelli expat che campano pulendo i cessi in qualche albergo di Londra: i lavori che gli italiani non vogliono più fare in Italia perché in Italia sono pagati troppo poco grazie alla concorrenza di lavoratori stranieri). Seminare odio (cioè dati) e raccogliere amore (cioè donazioni ad a/simmetrie): quale paradosso! Forse però il paradosso non c’è, perché uno dei suoi due termini è una baggianata fascista, mentre l’altro un fatto verificabile. Vi lascio immaginare quale dei due, e vi consegno la morale della favola: a/simmetrie è l’unico presidio rimasto di libertà di espressione, e l’unico centro studi libero da condizionamenti politici. Questo, grazie a voi. Ringraziate quindi voi stessi come io ringrazio voi, e continuate a sostenerci. La notte è ancora lunga, ma la durata media di un fascismo in Italia è 20 anni: una media calcolata su una sola osservazione non è statisticamente significativa, lo so.
Ma io sono fortunato…
fonte: http://goofynomics.blogspot.it/2017/07/vamva-who-il-dollaro-e-la-sostenibilita.html
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