STX, Lebbanche e Leuropa, ovvero la legge del più forte
di ALBERTO BAGNAI
(…guest post di Charlie Brown…)
Non vi è nulla di particolarmente francese nella STX , una multinazionale delle costruzioni navali di matrice norvegese. Ciò nonostante il Re Sole repubblicano ne ha nazionalizzato l’unità francese adducendo a motivazione interessi strategici nazionali.
In Italia, due banche fondamentali per la salute della seconda area industriale del Paese sono state cedute nummo uno ad una banca privata più grande, la quale ha pure preteso ed ottenuto una cospicua dote pubblica . Una colossale distorsione della concorrenza avvenuta sul filo di lana e dopo un lunghissimo, dannosissimo stallo tra le autorità regolamentari de Leuropa .
Il tutto per evitare in Italia il tabù della nazionalizzazione, che invece sarebbe stata la soluzione più logica e meno distorsiva della concorrenza (né si dica che nazionalizzare sarebbe stato come stappare il vaso di Pandora: governo ed analisti dicono in coro che l’operazione veneta è stato “l’happy end per le banche italiane”).
Un siparietto, quello di STX, che ha irritato l’orgoglio fascistoide degli italici euristi, ma che a mio avviso ha implicazioni ben più profonde.
Ammettiamo per ipotesi l’esistenza di un interesse strategico gallico per quei cantieri, tale da legittimarne la nazionalizzazione. È evidente che nel caso delle banche italiane vi era un interesse strategico di entità quanto meno pari. Non parliamo poi di Telecom (ex) Italia.
Ne conseguono almeno un paio di dilemmi per gli euristi (italici e non):
Primo dilemma (in fatto):
I) o il PD non è in grado di tutelare gli interessi nazionali (se lo fosse stato, avrebbe nazionalizzato le banche venete)
II) o Leuropa non è in grado di tutelare i propri fondamentali presupposti (il rispetto delle “regole” sovranazionali, e in particolare il divieto di aiuti di stato) e quindi è inutile per piddini invocare “più Europa”
Secondo dilemma (in diritto):
I bis) o gli interessi nazionali strategici superano le regole europee, nel qual caso:
a) si delegittima tutta la filosofia politica del “vincolo esterno” sulla quale si basa il potere delle attuali élite politiche italiane (Cazzaro incluso);
b) il PD è stato di una imperizia criminale nella gestione delle crisi bancaria italiana ed è quindi indegno di gestire tecnicamente l’economia italiana.
II bis) o gli interessi nazionali fondamentali cedono di fronte alle regole europee, nel qual caso il PD si dimostra incapace di garantire – in nome di quelle regole – una parità di trattamento all’Italia all’interno del consesso europeo. E quindi si rivela indegno di esercitare leadership in una Italia parte integrante de Leuropa.
Ancora una volta si dimostra che l’impianto federalista “rules based” de Leuropa è una colossale balla, in quanto Leuropa si regge su una regola sola: la legge del più forte.
La risposta degli euristi italici è sempre e solo una : serve il superstato europeo dove i cavalli di razza italiana possano galoppare gloriosi.
Alzi la mano chi ci crede davvero.
(…nell’attesa fiduciosa del primo incauto che “professore, complimenti per il suo post”, desidero svolgere una breve considerazione. Certo, in Europa vige la legge del più forte, come ovunque nel mondo. La dabbenaggine piddina, esemplificata da personaggi à la Furfaro, è quella di aver creduto, in base a non si sa quale ragionamento, che il progetto europeo avrebbe fatto di questo lembo di terra emersa una felice eccezione a quelle dinamiche di classe che ovunque nel mondo governano i corpi sociali. Se una simile dimensione irenica e palingenetica fosse stata proposta, che so, da uno scrittore cristiano del quinto secolo, la si sarebbe anche potuta trovare accettabile. Ma che venga proposta da pretesi, o meglio, supposti, eredi di Marx, ecco, questa è cosa che sinceramente fa onco.
Ciò detto, non vorrei che l’ovvia considerazione che nel mondo i ricchi e potenti comandano e i poveri e deboli obbediscono venisse interpretata in termini di una fatalistica accettazione di un nostro destino, più o meno rispondente a un disegno provvidenziale che ci farebbe scontare nostre ipotetiche colpe ataviche.
Noi non siamo deboli perché tarati geneticamente o socialmente. Siamo deboli perché siamo stati traditi da una classe politica che ha fatto la scelta ben precisa di adottare il vincolo esterno come strumento di risoluzione dei suoi porci problemi interni. Se Leuropa fosse stata moralizzatrice, Craxi, Andreotti e Forlani le si sarebbero messi di traverso seriamente – cioè prima di essere defenestrati. Non sono gli italiani a essere tarati: è il PD a esserlo, e lo sono tutte quelle parti politiche che accettano l’idea che il popolo italiano non possa e non debba autodeterminarsi.
Il primo segno e il primo strumento di questa subalternità è l’euro. Semplicemente svincolandoci da quella gabbia noi potremmo riprendere un percorso di crescita più ordinato, e quindi trattare senza difficoltà da pari a pari coi nostri fratelli europei, avendo recuperato la dimensione corretta per la tutela degli interessi nazionali: quella nazionale. Dimensione che è preclusa se i governi nazionali vengono svuotati dei loro margini di manovra in ambito economico.
Quindi: legge del più forte sia, ma ricordando che i più forti saremmo noi, se la nostra classe dirigente ci mettesse in condizione di esprimere il nostro potenziale: cosa che non sta facendo, nelle grandi come nelle piccole cose, proponendoci ovunque – nella scuola, nelle libere professioni, nella gestione macroeconomica, nei diritti civili – modelli di importazione, alieni alla nostra cultura e quindi ostacolo alle nostre capacità. Il punto è solo e sempre uno: PD DELENDVM EST, e questo non perché ciò sia risolutivo, ma perché sia di esempio. Colpirne – e spazzarne via – uno per educarne uno. Secondo me, poi, bisognerà spazzarne via almeno altri due prima che gli italiani possano essere decentemente rappresentati.
Ma aprire troppi fronti è un errore che è sempre costato caro a chi lo ha fatto: oggi il nemico politico è costituito dal monopolio PD con le sue simpatiche segmentazioni del mercato: articolo uno, campo progressista, sinistra italiana, ecc. Questa roba deve scomparire per consentire l’affermazione in Italia di una vera sinistra patriottica e popolare, e quindi di una vera destra patriottica e borghese. Ho detto patriottico? Sì, e non me ne vergogno, perché, sorprendentemente, ha cominciato lui:
Fonte:
Commenti recenti