Contro il lavoro e l’interesse nazionale: il caso piemontese di Avio Aero
di BRUNO FARINELLI (FSI Torino)
Il 3 marzo scorso, i sindacati dei lavoratori dell’Avio Aero di Rivalta venivano a conoscenza attraverso le agenzie di stampa che il Consiglio dei Ministri aveva accordato alla General Electric di spostare la produzione di commesse militari dagli stabilimenti in provincia di Torino in territorio statunitense.
La multinazionale nordamericana ha acquisito nel 2013 l’azienda italiana esperta nella produzione militare e civile aerospaziale, dopo una travagliata storia di compravendite che sta a dimostrare il fallimento delle politiche industriali nazionali da parte di una classe dirigente venduta al libero mercato.
L’Avio Aero è un’azienda dall’alto valore strategico esperta nella progettazione e produzione di moduli e componenti per sistemi propulsivi per aerei ed elicotteri, sistemi di propulsione tattica, progettazione e costruzione di turbine aero-derivate per applicazioni navali, industriali e per la produzione di energia elettrica. Ha fatto parte fino al 2003 del gruppo Fiat che ha deciso di liberarsene non appena il settore automobilistico ha iniziato ad andare in crisi.
L’azienda è stata prima acquisita dal fondo americano Carlyle Group, di cui alcuni membri, anche italiani, sono citati in un interessante articolo di Megachip presente nella rassegna stampa di “Appello al Popolo”. Passata prima a un gruppo inglese e ora tornata nelle mani degli statunitensi della General Electric.
L’accordo di acquisizione tra Governo e azienda, firmato nel 2013, prevedeva numerose clausole restrittive: la GE deve «rispettare le norme nazionali e le prescrizioni poste dal Governo italiano in merito alla sicurezza degli approvvigionamenti, alla sicurezza delle informazioni, ai trasferimenti tecnologici, […] garantire la continuità delle attività di produzione, manutenzione, revisione e supporto logistico dei sistemi di propulsione aerospaziali […] e non assumere alcuna decisione che possa ridurre, anche temporaneamente o cedere capacità tecnologiche o industriali».
Con la progressiva integrazione di Avio Aero nell’organizzazione General Electric, invece, i server aziendali sono stati progressivamente spostati negli Stati Uniti. Pertanto tutta la corrispondenza via e-mail, la connessione internet e gli archivi elettronici risiedono negli USA.
In considerazione del fatto che la ricollocazione del server aziendale costituisce una violazione dei regolamenti in merito al trasferimento di tecnologia a impiego militare e degli accordi con i partner in merito alla tutela dei dati di cui sono proprietari, è stato realizzato un complesso sistema di archiviazione e segregazione dei dati tecnici e delle modalità di gestione e condivisione delle informazioni.
Mentre è discutibile se la segregazione dei dati tecnici sensibili sia effettivamente funzionale a garantirne la riservatezza, è certo che, per chi lavora nel settore, è accresciuto l’onere burocratico per la gestione dei propri elaborati, per l’acquisizione dei dati e per lo scambio delle informazioni o trasmissione di istruzioni sia all’interno dell’azienda sia con i clienti e partner aziendali.
A ciò si è aggiunta la scelta dello scorso marzo: senza interpellare nessuna forza sindacale, il Consiglio dei ministri ha deciso che la General Electric potrà trasferire 20000 ore lavorative negli stabilimenti statunitensi e, cosa ben più grave, spostare le commesse militari relative al programma T700.
Per rendersi conto di cosa vuol dire cedere produzione e conoscenza relative a tale commessa basti citare alcune applicazioni di questa produzione di altissimo livello: la Marina Militare Italiana equipaggia i suoi elicotteri AgustaWestland EH-101 con la versione T700-T6A e i suoi NHIndustries NH90 con la versione T700-T6E1; l’Esercito Italiano equipaggia i suoi NHIndustries NH90 con i T700-T6E1 e l’Aeronautica Militare utilizza i CT7-8E sugli elicotteri AgustaWestland AW101.
Non si tratta solo di un trasferimento produttivo di componenti a impiego militare fuori dal territorio dello Stato, ma di dismettere gli strumenti, le macchine e le tecnologie che servono a produrli e di perdere le conoscenze professionali che li realizzano, distruggere quindi la capacità di mantenere la nostra flotta in efficienza dentro il territorio dello Stato.
Ai sindacati, in un’assemblea successiva, è stato risposto che questa perdita sarà reintegrata da aumenti produttivi su altri moduli (GE9X, PW1100, LEAP), peccato che questi programmi siano a indirizzo civile e non eminentemente militare.
Il caso piemontese non va osservato solo da un punto di vista strettamente locale poiché Avio Aero ha stabilimenti in tutto il resto d’Italia: le competenze progettuali e tecnologiche in Avio Aero sono in progressiva frammentazione, i prossimi passi potranno essere nel trasferimento della progettazione negli USA o in Polonia lasciando agli stabilimenti di Torino, Napoli e Brindisi un ruolo secondario di supporto alla produzione.
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