Aggiornamento frattalico: il cedimento strutturale
di LUCIANO BARRA CARACCIOLO
- In attesa di ulteriori sviluppi (su Fincantieri “fuori” controllo, Libia improvvisamente divenuta sede praticabile di centri per profughi, Telecom ex-Italia, forse con rete ri-nazionalizzabile ecc.), – sviluppi che, vedrete, non mancheranno– provo a buttare giù alcuni punti implicati dal repentino “ritorno all’interesse nazionale” da parte dei giornaloni, con articoli e editoriali schierati a fianco della bandiera tricolore (in senso metaforico, naturalmente, dato che siamo l’unico Stato-membro UE che ha approvato una legge che rende obbligatorio affiancare la bandiera nazionale esposta in ogni possibile e immaginabile edificio pubblico).
Per l’illustrazione dello scenario attuale nei suoi antecedenti storici, di tipo ideologico-politico-economico (proprio in quest’ordine), mi limito a rinviare all’apposito post di Goofynomics, senza stare a ritirar fuori i passaggi di qualche centinaio di post in cui è stata analizzata, sotto molti profili possibili, tale ideologia politico-economica abbracciata dalla grancassa mediatica al servizio dell’oligarchia.
Volendo fare un riassunto del riassunto, potremmo dire che gli interessi della timocrazia nazionale si sono ormai trasformati in quelli di un oligarchia estera controllante. E i topi adesso temono che la nave affondi sul serio (prima non ci credevano: si sdraiavano a Capalbio e pontificavano sul debito pubblico che si trasmette alle generazioni future…); e dunque si agitano.
- La seconda chiave di lettura riguarda un aspetto strettamente connesso: questa crisi de L€uropeismo come dogma supremo della restaurazione neo-liberista e timocratica (Quarto Partito–led), dogma ancora oggi ritenuto dai giornaloni degno di rimpiazzare la Costituzione nei suoi stessi principi fondamentali e inderogabili, non pare il frutto di alcuna progressiva consapevolezza dei rapporti causa/effetto.
Almeno per la schiacciante maggioranza della ital-classe dirigente impegnata, fino a ieri (incluso), nel provocare e propagare l’autorazzismo espertologico e orwelliano.
No: si tratta più di un cedimento strutturale, improvviso e sorprendente (per il Quarto Partito e il suo battage mediatico-culturale). Un evento terrificante ma assolutamente imprevisto ove, come in effetti non può che accadere, si prosegua ad utilizzare i parametri di interpretazione della realtà che si ritenevano non solo dominanti ma anche consolidabili.
- Da questo complessivo scenario nasce, più che la constatazione di una Caporetto, un progressivo stato di agitazione autodifensiva del sistema, che tenta ogni possibile disperata misura per conservare se stesso, non avendo però alcuno strumento cognitivo e culturale adeguato per fronteggiare un’evoluzione degli eventi che lo travolgerà comunque.
Dunque, ci troviamo di fronte a un fenomeno del tutto simile al 25 luglio 1943, allorché si coltivò l’illusione che, di fronte al precipitare degli eventi e alla scelta di minimizzarli ufficialmente, pure quando non potevano più essere ignorati dall’opinione di massa, si potesse cercare una “presa di distanza” verso responsabilità individuali, sperando che ciò potesse funzionare per preservare una qualche continuità.
Ed in effetti, (sebbene su questo argomento faremo un approfondimento ulteriore), il riassestamento che ne conseguì, nel complessivo arco di tempo in cui si svolse, risultò in una qualche forma di continuità: cioè, si verificò un cambio dei vertici istituzionali della classe dirigente (peraltro neppure integrale), ma non una rivoluzione. Almeno, se intesa come mutamento della classe sociale che sostituisce quella che, in precedenza, aveva il controllo istituzionale: questo avvicendamento di classi sociali, nonostante la natura rivoluzionaria del programma costituzionale poi adottato, fu in sostanza impedito dalla sconfitta militare e dalla conseguente condizione di protettorato di una potenza estera che ne derivò l’Italia.
- Svolte queste necessarie premesse, rammentiamo la cronologia precisata nell’ultimo aggiornamento frattalico (p.8-9):
“La “Marcia” ebbe luogo com’è noto il 28 ottobre 1922 ma fu lungamente preparata, con una prova generale ad Ancona (2 agosto) e la famosa riunione della camicie nere di Napoli (24 ottobre).
L’8 (!) ottobre 1996, la Repubblica fa trapelare che
“Pronti a rientrare nello Sme. Secondo informazioni non ufficiali Prodi avrebbe deciso di passare ai fatti. Avrebbe cioè dato incarico ai funzionari del Tesoro di avviare le consultazioni e, soprattutto, gli studi sul livello che deve avere la lira per rientrare nell’ accordo di cambio europeo, abbandonato quattro anni fa…”
L’ufficializzazione del rientro nello SME, è del 30 novembre 1996.
Berlusconi dichiara di averne già sentito parlare e di considerarla una buona notizia: solo che, per lui, il problema è “restarci in €uropa”. L’identificazione UE= euro ha già preso il sopravvento nello spin mediatico che viene propinato agli italiani. Nell’opinione pubblica, nessuno si rende conto delle conseguenze a cui si possa realmente andare incontro, ma la cosa viene accettata come un meritorio atto di governo.
Inizia il “balletto” del cambio di parità sul marco: “L’Unità” lo ipotizza a 1010 £, Confindustria punta a 1050 £ (giustamente), la City a quota 1000, la Francia “stranamente” a 950 (per quelli che non avessero capito ‘sta faccenda, a tutt’oggi, credo non ci sia più nulla da fare). Ma Ciampi chiude ogni discussione:
Basta con i sospetti, i dubbi, le in-terpretazioni capziose, le guerre guerreggiate à la Bundesbank. L’Ita-lia, ha detto Ciampi, intende essere tra i fondatori della moneta unica europea rispettando i parametri di Maastricht «senza vie traverse, senza aggirarne le condizioni.
Da notare che una timida resistenza, totalmente al di fuori del richiamo a principi costituzionali, anzi basata sul suo opposto teorico-economico, nella precedente discussione del 27 novembre (su una mera interrogazione parlamentare), la imbastisce l’on Marzano: lamenta che il cambio fissato a £ 990 risultasse penalizzante e che il governo si era impegnato a concordare 1020. Ma, al tempo stesso, ritiene comunque l’adesione (ndr; allo Sme e quindi all’euro) non mantenibile perché non abbiamo proceduto al previo taglio “strutturale” della spesa pubblica e saremmo stati “in ritardo” nel “processo delle privatizzazioni”…
Anche il 25 novembre 1922, allorché Mussolini ricevette i pieni poteri con voto della Camera (!), la classe politica e la stessa base popolare italiana non realizzano la piena portata dell’evento: cioè, nessuno si preoccupa veramente di prevedere gli ulteriori esiti della situazione politica, nel momento in cui viene ufficializzato il passaggio ad una forma di governo che non si cura più di rispettare la sostanza (elettivo-parlamentare dell’investitura del presidente del consiglio) dell’ordinamento “costituzionale” albertino, lasciandone in piedi solo le forme (l’incarico del Re e la compartecipazione di altri partiti al primo governo Mussolini), con qualche aggiunta; ad es; il “formale” Gran Consiglio, che non fu destinato, poi, ad assumere effettive decisioni, tranne che, beffardamente, l’ordine del giorno Grandi nella fatidica conclusione del 25 luglio 1943.
…”
- Riassumendo in termini frattalici (rammentando che è pur sempre un divertimento che, peraltro, più di uno trova estremamente “liberatorio”): il “dies a quo” della versione tragica è il 28 ottobre 1922; nella versione farsesca è, grosso modo, il 30 novembre 1996.
Dunque queste prime avvisaglie di cedimento strutturale tenderebbero a portare a una formalizzazione (autoconservativa) della “presa di distanza” (da se stessi), in questo 2017, ma con circa 33 giorni di spostamento in avanti rispetto al 25 luglio (magari con l’inevitabile intensificarsi della “accoglienza” nonostante il dispiegamento della flotta).
Dal che l’8 settembre si ri-colloca anch’esso con un equivalente ritardo nel corso dell’anno, circa alla metà di ottobre, per capirsi: proprio, cioè, nella fase più calda dell’approvazione L€uropea della manovrona o manovretta di “stabilità” che precederà, guarda caso, la fase elettorale più accesa (e la prova generale siciliana).
Nel frattempo, dovendosi tarare su questo delay cronologico gli altri eventi intervenuti dalla metà del 1943, si può anticipare che il “divertimento” (frattalicamente parlando), non mancherà (potete sbizzarirvi: è chiaro che il punto realisticamente più confuso riguarda il ruolo degli USA in tutta la vicenda: ma non si può avere tutto dalla vita…frattalica).
fonte: http://orizzonte48.blogspot.it/2017/07/aggiornamento-frattalico-il-cedimento.html
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