La guerra in Corea non conviene a nessuno: ecco perché
di OLTRE LA LINEA (di Pietro Ciapponi)
Sono ormai mesi che sulla penisola coreano soffiano venti di guerra sempre più forti. Sono però altrettanti mesi che, fortunatamente, non ha ancora preso il via una fantomatica escalation che porterebbe all’inizio di uno scontro armato, a detta di molti imminente.
Sono però presenti vari fattori che fanno pensare che in Corea, per lo meno per ora, non ci sarà nessuno scontro armato. Andando in ordine, la ragione principale che porta a pensare che nessun conflitto bellico sia in arrivo nella penisola asiatica è tanto semplice quanto da molti ignorato: il governo di Pyongyang non vuole la guerra.
Ed è proprio per questo che in Corea del Nord si sta cercando di sviluppare un’arma atomica con vettori affidabili: lo scopo è quello di raggiungere il fantomatico deterrente nucleare, tetra garanzia di pace. Senza contare il fatto che sono orami anni che il paese utilizza la ‘diplomazia dei missili’, in pieno stile guerra fredda, per ottenere concessioni.
Immediatamente dopo questo fattore bisogna considerare le varie ragioni geografiche. Come ricordatoci da Steve Bannon la prima potenza regionale a non volere la guerra con la Corea del Nord è la Corea del Sud, in quanto: “Fino a quando non si dimostra che 10 milioni di persone a Seul non morirebbero nei primi 30 minuti da armi convenzionali non so di che si parla. Non c’è nessuna soluzione militare’’.
Seul non può quindi in nessuna maniera permettersi una guerra contro la nazione guidata dalla dinastia dei Kim, nonostante alcuni ambienti ‘neocon’ americani possano stuzzicare il governo di Moon Jae-in; la guerra sarebbe un vero e proprio suicidio. Oltre a ciò la Cina non permetterebbe mai lo scoppio di un conflitto in una zona tanto vicina al suo territorio ed al suo cuore amministrativo.
Per le stesse ragioni ad uno scontro armato si oppone anche la Russia, confinante per alcuni chilometri con la Nord Corea, che certamente non si auspica una guerra nei pressi delle zone più orientali del paese. Ed entrambe queste due (super-)potenze non tollererebbero un ulteriore espansionismo NATO, che potrebbe derivare da un accentuarsi dello scontro.
Altro fattore da considerare sono le relazioni commerciali di Pyongyang, che ovviamente vede come suo primo partner il paese guidato da Xi Jinping. Circa l’85% dell’export Nord Coreano infatti va in Cina, mentre l’82% dell’import ha analoga provenienza. Ciò rappresenta un ulteriore deterrente all’appoggio cinese verso una possibile guerra contro la RPDC. Insospettabilmente la seconda nazione in numero di scambi con Pyongyang (nonostante le sanzioni) è il Giappone, che conseguentemente sarebbe poco incentivato prendere parte ad un conflitto aperto.
Altri paesi che collaborano significativamente con la Corea del Nord sono Messico, India, Angola e Brasile; che in caso di un accentuarsi della crisi potrebbero facilmente porsi come mediatori.
Ulteriore fattore da analizzare è quale sarebbe il risultato di una guerra, considerando che un intervento degli alleati sino-russi nei confronti della nazione a Nord del paese e di quelli occidentali nei confronti del Sud porterebbe ad un improbabile guerra mondiale, questa opzione è da escludere.
Mentre uno scontro tra le due nazioni coreane, qualunque fosse l’esito, poterebbe alla distruzione del paese e a milioni di morti. Tutto ciò senza contare l’enorme spesa per la ricostruzione del paese che dovrebbe accollarsi il governo della nazione che uscirebbe vincente.
Per tutte queste ragioni è da ritenere altamente improbabile, ad ora e fino ad un cambio di assetti globale, una guerra contro la Nord Corea. Con buona pace degli sceriffi della pace, delle guerre preventive e della fine della storia.
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