Migranti, le rotte fantasma per sbarcare in Italia
di OCCHI DELLA GUERRA (Mauro Indelicato)
Ben si conoscono oramai le dinamiche di quanto avviene lungo le coste agrigentine una volta registrati gli “sbarchi fantasma”: un barcone di piccole o medie dimensioni arriva in spiaggia, i migranti abbandonano il mezzo e fuggono subito dopo verso l’entroterra e la campagna facendo perdere il più delle volte le proprie tracce; da Agrigento a Siculiana, da Realmonte a Palma di Montechiaro, sono diversi i comuni costieri che hanno registrato lungo i propri arenili questo genere di sbarchi. Ma cosa avviene invece nella dirimpettaia costa tunisina? Quali sono le dinamiche che intercorrono nella genesi del fenomeno degli sbarchi fantasma? Ma soprattutto, da quali località partono i migranti che arrivano poi in Sicilia?
A quest’ultima domanda una prima risposta viene indirettamente fornita dalla stessa Polizia tunisina; l’agenzia di stampa Tap (Tunis Afrique Press), dà conto di alcune operazioni di sicurezza volte ad evitare le partenze dalle proprie coste: in particolare, si parla di arresti compiuti martedì scorso a Cap Zebib, circa 20 km ad est di Biserta e quindi nella parte nord del paese ed a metà strada tra il confine algerino e la capitale Tunisi. Da questa località, una decina di giovani era pronta ad imbarcarsi alla volta delle coste agrigentine; la zona in effetti si presterebbe ad ospitare basi logistiche importanti volte a favorire le partenze di barconi verso l’Italia: Cap Zebib è infatti un promontorio posto quasi sulla stessa linea longitudinale di Capo Bon (il punto più a nord dell’Africa), in cui è presente un porto di medie dimensioni affacciato sul canale di Sicilia e dove, soprattutto, vi sono diversi luoghi costieri isolati e lontani rispetto al centro più vicino che è quello di Metline.
In un’altra operazione compiuta sempre pochi giorni fa, la polizia tunisina ha comunicato di aver fermato un altro gruppo di giovani pronti ad imbarcarsi verso la Sicilia in una località costiera di Ras Jebel, cittadina di circa cinquantamila abitanti più ad est di Cap Zebib e ricca di storia essendo stata una colonia romana; anche in questo caso, il suo territorio si presta alle partenze dei barconi: la città si trova infatti a circa 5 km dal mare, la sua costa è costituita per lo più da boschi che si diradano verso spiagge e località isolate. Cap Zebib e Ras Jebel appartengono entrambe a quella parte del governatorato di Biserta che da secoli costituisce la naturale propensione dell’Africa verso il continente europeo: compresa tra due importanti promontori, quello di Cap Zebib per l’appunto e l’altro più orientale di Capo Sidi Ali El Mekki (conosciuto ai tempi dei romani come ‘Promontorio di Apollo’), questa zona è costituita da alcune paludi e saline oltre che da un lungo litorale posto immediatamente ad ovest del golfo di Tunisi. È molto probabile che la gran parte dei barconi approdati ad Agrigento siano partiti da qui: coste poco rocciose, luoghi perlopiù isolati e difficili da controllare essendo distanti alcuni chilometri sia dalla capitale tunisina che dalla stessa Biserta. La lente d’ingrandimento delle forze di sicurezza del paese nordafricano si concentra proprio qui, sia tra le coste distanti in alcuni punti anche 200 km dalla Sicilia e sia nell’immediato entroterra, dove anche in passato sono stati scovati centri logistici delle organizzazioni criminali che organizzano i viaggi della speranza.
Ma dalla Tunisia si parte anche dalle coste meridionali: nella giornata di martedì, il Ministero degli Interni da Tunisi ha annunciato un altro intervento della Polizia volto ad impedire ad un gruppo di migranti di imbarcarsi per un’ennesima traversata nel Mediterraneo; questa volta, l’azione delle forze dell’ordine è stata svolta a Sfax, seconda città del paese la quale si trova lì dove il golfo di Gabes inizia a curvare verso l’isola di Djerba: da qui le coste siciliane sono molto più lontane, pur tuttavia dai porti del governatorato di Sfax è possibile percorrere molto meno di 200 km per raggiungere l’isola di Lampedusa. In effetti, la più grande delle Pelagie assieme a Linosa ha assistito all’impennarsi del numero degli sbarchi fantasma registrati; a differenza che nell’agrigentino, nelle due isole è impossibile scappare o far disperdere le proprie tracce e la Polizia è riuscita quindi a risalire all’identità di tutti coloro che sono approdati dall’inizio dell’estate tramite piccole imbarcazioni e nella grande maggioranza dei casi si tratta proprio di cittadini tunisini.
Da queste indicazioni si evince dunque che il fenomeno degli sbarchi fantasma viene originato da due rotte ben distinte: la prima trae origine dalle coste del governatorato di Biserta ed in particolare lungo il tratto compreso tra Cap Zebib e l’ex Promontorio di Apollo ed ha, come meta finale, le coste della provincia di Agrigento; l’altra invece si origina dal governatorato meridionale di Sfax ed ha in Lampedusa l’approdo principale. Il fenomeno appare molto diverso rispetto a quello della rotta libica, la quale nel mese di agosto ha fatto registrare il numero più basso di sbarchi degli ultimi mesi ed appare in qualche modo ridimensionata: se quella in Libia infatti è una tipologia di migrazione che coinvolge diversi paesi africani, con migliaia di persone e famiglie provenienti dal Sahel che vedono nell’ex colonia italiana soltanto un punto di partenza verso l’Europa, la rotta che parte dai porti tunisini appare un fenomeno che coinvolge unicamente la Tunisia; in poche parole, chi approda dalla Libia proviene da diversi paesi sub sahariani, chi arriva dalle coste tunisine invece proviene quasi sempre dal paese nordafricano.
Ma tra le due rotte appare un’altra significativa differenza: se in Libia non vi è un governo affidabile con cui parlare, costringendo Roma a dialogare con più rappresentanti ed a volte anche con decine di tribù locali, in Tunisia invece esiste un esecutivo e soprattutto lo Stato appare saldamente unitario e con la capacità di rendere sovrana la propria azione in ogni angolo del territorio. Al di là delle operazioni sopra menzionate, in gran parte comunque registrate soltanto negli ultimi giorni, c’è da chiedersi come mai Tunisi non agisca fino in fondo nel contrasto all’immigrazione, tenendo poi particolarmente in conto che i rapporti con il governo italiano risultano essere ufficialmente collaborativi e che la Tunisia ha una delle liste più numerose di foreign fighters.
Ad attenuare la pressione sulle coste agrigentine in questo momento è più il tempo che prevede mare mosso sul Canale di Sicilia fino a martedì che l’intervento delle forze dell’ordine tunisine: nelle scorse ore infatti, gli sbarchi lungo gli arenili siciliani sono andati avanti, uno di questi è stato immortalato da alcuni turisti presenti presso la spiaggia di Giallonardo, all’interno del territorio comunale di Realmonte. Dall’inizio dell’estate, secondo la Questura di Agrigento, sarebbero più di 400 gli immigrati sbarcati tramite le due rotte tunisine; è questo il segno che nel paese africano, sul fronte della sicurezza qualcosa non quadra: le autorità tunisine potrebbero essere state colte di sorpresa, visto che le partenze dal paese nordafricano erano state quasi azzerate negli ultimi anni, non agevolando in tal modo una pronta risposta di Tunisi al fenomeno; ma non è da escludere una negligenza figlia di un approccio superficiale che rischia di aprire definitivamente un nuovo fronte ed una nuova rotta, in grado di mettere ulteriormente in crisi il sistema di sicurezza delle coste del Mediterraneo.
Gli sbarchi fantasma si originano dalla Tunisia, poiché si parte dalle coste tunisine e vengono imbarcati cittadini tunisini; un problema quindi interno al paese nordafricano, con serie ripercussioni sugli arenili siciliani: se sulla sponda africana urgono maggiori controlli, su quella dirimpettaia agrigentina in molti iniziano ad invocare invece maggiore sicurezza.
fonte: http://www.occhidellaguerra.it/migranti-le-rotte-fantasma-sbarcare-sulle-coste-italiane/
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