Elezioni tedesche: un risultato scontato dalle conseguenze scontate
di MICRO MEGA (Alessandro Somma)
Il partito della Cancelliera vince ma viene ridimensionato (33%), i Socialdemocratici crollano (20,5%), mentre la destra xenofoba diventa il terzo partito (12,6%): è questo l’esito delle elezioni tedesche, che probabilmente porteranno al governo una coalizione di Cristianodemocratici, Liberali (10,7%) e Verdi (8,9%). Per i primi commentatori si tratta di un risultato inatteso, addirittura di una cesura storica, preludio di un periodo di incertezze e instabilità. Con il rischio concreto di scenari inediti e potenzialmente drammatici per la Germania e l’Europa, che perde la sua ancora di salvezza, così come per la il Socialismo europeo, a questo punto avviato verso l’estinzione.
Così i principali commenti. Ma a bene vedere quanto è successo era ampiamente prevedibile, e non porterà nessuna particolare novità negli scenari politici né a Berlino, né a Bruxelles.
Non è un risultato imprevedibile
Erano innanzi tutto prevedibili i risultati elettorali delle forze politiche in campo, a partire da quelli di Alternativa per la Germania (AfD): la formazione nata nel 2013 su posizioni euroscettiche, poi cresciuta durante la crisi dei migranti sulla scia di parole d’ordine xenofobe. Ebbene, AfD ha ottenuto risultati tra il 10 e il 25% in tutte le elezioni regionali in cui si è presentata tra il 2014 e fino al 2016 (Amburgo, Baden-Württemberg, Berlino, Brandenburgo, Brema, Meclemburgo-Pomerania anteriore, Renania-Palatinato, Sassonia-Anhalt e Turingia). È vero che nel 2017 le cose sono andate meno bene (Nordreno-Vestfalia, Schleswig Holstein e Saarland), ma è altrettanto vero che tutte le previsioni per le elezioni federali indicavano da tempo una netta e sostanziosa ripresa.
Non si può parlare di sorpresa neppure per la sconfitta dei Socialdemocratici. Ebbero risultati brillanti all’epoca dei cancellierati di Gerhard Schröder (1998-2005), ma poi le cose cambiarono radicalmente proprio a causa della politica intrapresa da quest’ultimo. Riformò il mercato del lavoro e il sistema della sicurezza sociale, facendo esplodere il numero dei lavoratori poveri, e riducendo i sussidi ai disoccupati così come l’assistenza agli indigenti. Una volta fatto il lavoro sporco per la destra neoliberale, però, i Socialdemocratici sono crollati: dalle vette del 1998 (40,9%), sono passati al 23% del 2009, al 25,7% del 2013 e infine al risultato di adesso: il peggiore del dopoguerra.
Una parabola prevedibile, dunque, che solo per un momento alcuni avevano pensato si potesse contrastare. Quando si lanciò la candidatura di Martin Schulz ci fu un iniziale di entusiasmo, probabilmente determinato dal fatto che negli ultimi venti e passa anni era impegnato al Parlamento europeo, e dunque poteva sembrare un uomo nuovo. Poi però i tedeschi hanno avuto modo di conoscere il personaggio, tra i principali protagonisti delle politiche europee degli ultimi anni, che hanno sicuramente arricchito la Germania a danno degli altri Paesi europei, ma non anche i tedeschi, Tanto che la loro crescente povertà viene stigmatizzata dalle Nazioni Unite e persino dal Fondo monetario internazionale.
Se così stanno le cose, fanno bene i commentatori a rimarcare che il successo della destra xenofoba è dovuto alla crisi dei migranti, ma sbagliano se puntano a farci credere che gli elettori di AfD sono razzisti e neonazisti: esattamente come erano ignoranti e stupidi gli elettori inglesi favorevoli alla Brexit. Il problema, della Germania come degli altri Paesi europei, è la giustizia sociale, l’insufficiente redistribuzione della ricchezza, e non la xenofobia: i migranti sono percepiti come una minaccia perché le aperture di Merkel puntano a incrementare l’esercito di chi si offre sul mercato del lavoro e non sono un esercizio di umanità. Nella situazione in cui si trova la Germania, come gli altri Paesi europei, sono una fonte di guerra tra poveri.
Non ci saranno scenari nuovi
Si dice che a questo punto Merkel cambierà idea sulla politica dell’accoglienza, e del resto la Cancelliera si è espressa chiaramente in questo senso: tra le prime dichiarazioni campeggia quella per cui avvierà politiche di rigoroso controllo dell’immigrazione. Pensa così di recuperare gli elettori di AfD, del resto probabilmente destinata a un ridimensionamento a causa delle lotte intestine che da tempo agitano la formazione della destra xenofoba.
Eppure il vento è già cambiato, e da tempo. La Grande coalizione ha già riformato il diritto di asilo per limitare il novero dei Paesi da cui può provenire chi aspira a ottenere lo status di rifugiato, ammettendo di fatto espulsioni automatiche e di massa. Il tutto violando il diritto internazionale, per il quale il rifugiato è tale in virtù della sua storia personale: non si possono far valere generalizzazioni destinate a impedire valutazioni caso per caso.
Non saranno epocali neppure le novità nel campo della politica economica per la Germania, e soprattutto per l’Europa: anche se Schulz ha dichiarato che non ci sarà più una Grande coalizione. Del resto lo ha fatto dopo la sconfitta, non certo prima delle elezioni, perché altrimenti avrebbe dovuto reclamare una discontinuità rispetto a quanto fatto assieme ai Cristianodemocratici. E poi non sarebbe la prima volta che i Socialdemocratici reagiscono stizziti a una sconfitta elettorale, salvo poi rimangiarsi quanto solennemente affermato: nel 2005 Schröder perse di misura contro Angela Merkel e il suo partito pretese ciò nonostante di guidare la Grande coalizione. Dovette ben presto accettare ciò che richiedeva la consuetudine istituzionale, e offrire nel contempo un brutto spettacolo ai tedeschi: Schröder lasciava la politica ma accettava nel contempo un posto nel consiglio di amministrazione si una società controllata da Gazprom (e anche questo ha contribuito alla parabola discendente dei Socialdemocratici).
Si dice poi che la politica tedesca sull’Europa sarà più rigida e sfavorevole ai Paesi in difficoltà con i parametri di Maastricht: se la Grande coalizione non si potrà formare, allora non resterà che l’alleanza con i Verdi e i Liberali (detta coalizione Giamaica perché il colore dei Cristianodemocratici è il nero, quello dei Liberali il giallo, e la bandiera dello Stato caraibico è composta da due bande gialle, due triangoli neri e due verdi).
Anche qui, risulta difficile immaginare che l’austerità europea possa peggiorare sensibilmente, in quanto le concessioni ottenute finora, in forse per il futuro, sono solo quelle che ruotano attorno ai famosi zerovirgola. Certo, le posizioni del mitico Ministro delle finanze Wolfgang Schäuble, la cui rigidità è in linea con le posizioni dei Liberali, finiranno per non essere più significativamente contrastate. Questo però non dipende dalla presenza dei Socialdemocratici, ma dal fatto che il mandato di Draghi sta per scadere e che l’attuale governatore della Banca centrale tedesca Jens Weidmann è il suo probabile successore.
Quanto ai Verdi, non sono da tempo più interessati a tematiche di sinistra, mentre l’ipotesi di un loro governo con i Cristianodemocratici viene da tempo discussa, incontrando non pochi sostenitori nel partito.
Fine del socialismo europeo?
È curioso leggere in alcuni commenti che la sconfitta dei Socialdemocratici avvia la fine del socialismo europeo. Questa è già cominciata da tempo: accompagna fin dagli anni Ottanta l’ascesa del neoliberalismo, a cui i partiti della sinistra storica europea hanno contribuito in modo determinante in tutti i principali Paesi dell’Unione.
Eppure, alle elezioni tedesche, un’alternativa ci sarebbe stata. Negli ultimi anni sembrava caduta la pregiudiziale contro la Linke, il partito della sinistra tedesca alla cui nascita avevano contribuito i reduci del partito unico della Germania dell’est, contraria alle politiche di austerità. Qualcuno si era così fatto illusioni su una coalizione rosso-rosso-verde, composta cioè da Socialdemocratici, Sinistra e Verdi, che forse non avrebbe rivoluzionato gli scenari politici, ma che se non altro avrebbe alimentato la speranza di coloro i quali lottano contro l’austerità tradizionalmente imposta all’Europa dai tedeschi. Questa possibilità è stata però soffocata sul nascere, in particolare con la recente elezione a Presidente federale del socialdemocratico Frank-Walter Steinmeier: il pallido burocrate di partito cresciuto all’ombra di Gerhard Schröder, poi protagonista delle Grandi coalizioni guidate da Merkel. Insomma, poteva essere l’occasione per un accordo rosso-rosso-verde, sabotato però dai Socialdemocratici intenzionati a non alterare gli equilibri da Grande coalizione, che evidentemente si volevano riproporre per la nuova legislatura.
E anche i Verdi, che come abbiamo detto guardano da tempo con crescente interesse a destra, hanno contribuito al fallimento dell’opzione rosso-rosso-verde. Si sono concentrati sulle possibilità di un’alleanza con i Cristianodemocratici, tanto che nella Bassa Sassonia una loro deputata regionale ha lasciato il partito facendo cadere la coalizione con i Socialdemocratici, manifestando nel contempo le sue simpatie per il partito della Cancelliera.
Le elezioni anticipate si terranno a metà ottobre e potranno modificare la geografia politica del Bundesrat, ovvero della Camera del parlamento tedesco in cui sono rappresentati i Länder. Sarà anche questo il motivo per cui ci vorrà del tempo per giungere alla formazione del quarto governo Merkel, qualsiasi sarà la sua composizione. Ma non è un problema: i tedeschi, il cui sistema elettorale è sostanzialmente proporzionale, non sono ossessionati dalla retorica da noi in voga per cui la sera delle elezioni occorre conoscere la composizione del nuovo governo. Peccato che non sia questo a fare scuola, ma la maledetta austerità, che tiene Merkel a galla e continua a impoverire i tedeschi e gli europei.
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