Raqqa libera e la diaspora dei foreign fighters
di ALBERTO NEGRI
La caduta di Raqqa, ridotta in cenere dai raid aerei come Dresda alla fine della seconda guerra mondiale, è la fine dell’entità territoriale del Califfato. In un certo senso è un evento storico: il Califfato fu proclamato a Mosul nel luglio 2014 da al-Baghdadi (di cui non c’è traccia) e Raqqa venne designata come capitale in ricordo di un autentico Califfo, Harun Rashid, colui che ispirò le Mille una Notte. La Raqqa dell’Isis è stata teatro non di un’epoca gloriosa ma del terrore.
Dove finiranno adesso i jihadisti e centinaia di foreign fighters che hanno combattuto per un dare vita a uno stato sunnita e anti-sciita tra l’Iraq e la Siria? Certamente possono minacciare l’Europa ma non dimentichiamo che il loro primo gesto dopo la conquista della città fu distruggere una famosa moschea dedicata ad Alì, il genero di Maometto ispiratore degli sciiti e della minoranza alauita al potere in Siria da mezzo secolo. Loro restano i bersagli principali, quelli più a portata di mano del terrorismo jihadista.
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