Cessioni di sovranità e debellatio: la disfatta della democrazia a vostra insaputa
di ORIZZONTE 48 (Bazaar)
Ripubblichiamo questo post di Bazaar mutandone il titolo (originariamente, e forse più appropriatamente era: IMPERIALISMO, SISTEMA MONETARIO INTERNAZIONALE E SHOCK DOCTRINE- PARTE I) per la sua stretta attualità.
Se nel marzo 2016, questi argomenti potevano essere assunti come la radiografia di un processo distruttivo costante e inavvertito (secondo il noto sistema della rana bollita), gli accadimenti successivi, sullo scenario €uropeo e mondiale in genere, indicano un’accelerazione.
La “rana”, o meglio “le rane” , specialmente quelle italiane della mitica quanto evanescente “classe media”, potrebbero accorgersi di essere in una situazione che non è più ingannevolmente confortante e voler saltar fuori dal calderone.
Il condizionale è d’obbligo.
Ed infatti, va considerato l’esito pressocché scontato (nelle sue dinamiche complessive e “geometrie” vincolate conseguenti) delle prossime elezioni, che sono pre-destinate a dar vita a un governo “istituzionale” di grande coalizione, il quale, negli esiti addizionali della sua azione, è, già oggi, preordinato a determinare uno shock che farà impallidire quello del 2011. Ma quando tutto ciò avverrà, ben poche “rane” avranno ancora le forze e le “risorse culturali” per tentare di saltar fuori dalla pentola…
1- Introduzione: imperialismo, sistema monetario internazionale e shock doctrine.
«Nel 1977 mia moglie ed io, con i nostri due bambini, abbiamo trascorso la prima di molte estati nella confortevole e rilassante casa di Nicky e ClarissaKaldor a 2 Adams Road. Anche Nicky aveva lavorato con Keynes da giovane, e amava discutere (o meglio spiegare) l’Economia. Era ossessionato dalla necessità di salvare il mondo dai mali del “monetarismo”, e avrebbe sviluppato questo tema per molte ore consecutive.
Avrò fatto domande che probabilmente considerava da ignoranti o da incompetenti – o da entrambi – ma che gli davano rinnovata opportunità di inveire contro Milton Friedman e altri vari economisti “neoclassici” e liberisti.Nicky soffriva di narcolessia, e spesso si addormentava in piena foga del discorso, solo per riprendere dieci o quindici minuti dopo, esattamente dal punto in cui era rimasto. Era un meraviglioso e generoso insegnante ed amico, e ho imparato molto da queste lezioni, sebbene avessi un forte sospetto che stava combattendo una battaglia persa contro le forze delle tenebre.» Robert Skidelsky,
“John Maynard Keynes: 1883-1946: Economist, Philosopher, Statesman”,(2003)
1.1. Si voleva speculare sulla condizione umana e sull’esoterismo inteso come strumento politico, solo come chiosa di questa riflessione: in verità sembrerà un ritorno alla realtà materiale dopo aver riflettuto sul ruolo della moneta nel conflitto tra classi.
Dopo aver provato a chiarire alcuni strumenti cognitivi e cercato in via teorica di comprendere alcuni macro-aspetti dell’evoluzione storica che ci vede passivamente protagonisti, si inquadreranno i più importanti pilastri strutturali su cui sono edificate lesovrastrutture politiche, giuridiche ed ideologiche dell’ultima globalizzazione.
Continueremo a costruire un modello di analisi economica in un paradigma sociologicoconflittualista, nei suoi vari aspetti storici e istituzionali, approfondendo come le naturalicongiure dei gruppi sociali dominanti trovino simmetrica responsabilità nella passivitàpolitica delle classi subalterne: ovvero le riforme strutturali vengono imposte a svantaggio della collettività a causa della mancanza di coordinazione di una società stordita dallaterapia dello shock permanente[1].
1.2. La partita è doppia: ESSI vivono ← perché → NOI dormiamo.
In questo modello di studio la Costituzione Italiana sarà assunta come archetipica, come se fosse adottata da tutti gli stati nazionali democratici che compongono la comunità internazionale.
[NdQ: e non per caso, dato che, a differenza dell’insieme dei provvedimenti del New Deal e del ben noto Rapporto Beveridge (qui p.1), la Costituzione italiana stabilizza a livello supernormativo e nel modo più compiuto, cioè superiore alla legge del parlamento, la risoluzione paradigmatica del conflitto sociale.
Ciò, a livello politico-ideologico, occupa, in nome della democrazia pluriclasse e “partecipata”, esattamente quello spazio che si fa coincidere con la titolarità dellasovranità: dunque, il ruolo costituzionale dello Stato costituzionale democratico esclude, in modo strutturale, l’applicabilità dell’assetto che la teoria neo-liberista di Hayek e di tutti i suoi sussidiari epigoni, fa risalire alla “Legge”, cioè ad una fonte, pur essa ritenuta superiore alla legislazione del parlamento, ma esclusivamente legittimata dalbio-potere razional-naturalistico e organicamente antidemocratico, che fa capo allapretesa di assetto allocativo predicato dalle oligarchie.]
1.3. Come primo passo procederemo ad integrare l’analisi economica con la teoria del circuito monetario, in modo da proporre spunti di analisi in un modello coerente – in primis – a livello nazionale.
Questo ci permetterà, nella dialettica tra dominanti ed asserviti, di fare un’ulterioredistinzione all’interno delle classi dirigenti.
I paradigmi mainstream – in quanto naturali sovrastrutture dei rapporti di produzione – rimarranno sullo sfondo della trattazione, presentandone solo gli effetti strutturali che, data la loro natura normativa piuttosto che predittiva-previsionale, “retroattivamente” inducono a supportare: le riforme in favore delle classi dominanti.
Ricorderemo come l’art.11 Cost. sia stato forzato tanto dall’esterno quanto dall’interno dell’unità nazionale.
Si lascerà sullo sfondo la dialettica della doppia verità, tanto dal punto di vista etico-politico, quanto da quello dell’educazione e dell’istruzione.
[NdQ: i paradigmi mainstream, oltre che aver trovato un’esposizione organica nel libro “Euro e(o?) democrazia costituzionale“, sono stati riportati all’interno della illustrazione della principale riforma, – quella che si potrebbe definire “madre“-, a valore normativo e istituzionale che caratterizza la restaurazione, perché di questo in sostanza si tratta, del paradigma (neo)liberista rispetto alle Costituzioni sociali quantomeno europee: cioè ladottrina (normativa) della banca centrale indipendente, corollario essenziale del predicato monetarista e delle altre teorie mainstream più recenti]
1.4. In seguito ipotizzeremo che Keynes – figura paradigmatica del XX secolo – sia stato osservatore di due snodi fondamentali in cui rapporti di forza da “tettonica delle placche” si sono riassestati contestualmente alla due grandi guerre mondiali: il Trattato di Versailles(1919) e la conferenza di Bretton Woods (1944).
Se, dall’analisi del primo, l’economista inglese intuì con saggezza l’evolversi delle dinamiche socioeconomiche e politiche europee (ovvero mondiali), la risoluzione del secondo snodo – propedeutico alla pace di Jalta (1945) – fu anch’esso oggetto delle sue critiche, a partire dal momento in cui le soluzioni da lui proposte per il sistema monetario internazionale furono rigettate.
Si proporrà che la valanga che ci sta investendo trova negli accordi di Bretton Woods la palla di neve che già dagli anni ’70 si trasformerà in una dottrina dello shock con cui forzare globalmente un’asimmetria sociale e politica riconducibile un dispotismo oligarchico a carattere totalitarista.
2 – Capitalismo, sovranità e moneta endogena.
«I monetaristi, in stretta analogia con Walras, sostengono che la sovrastruttura della moneta creditizia varia in modo strettamente proporzionale alla base monetaria. […]
In tale situazione raggiungere gli obiettivi monetari non sarebbe un problema: essi verrebbero automaticamente raggiunti determinando o razionando il volume di monete emesse ogni giorno. Ma, in realtà, la banca centrale non può rifiutare lo sconto di titoli primari…» N. Kaldor, “Il flagello del monetarismo”, 1984
2.1. In un sistema capitalistico non temperato dall’intervento distributivo dello Stato, la classe dominante vede tendenzialmente al vertice del processo decisionale chi controlla il capitale finanziario, ovvero coloro che – attraverso l’emissione di credito – detengono il controllo della prima fase del processo economico capitalistico che, per definizione, è basato sul debito.
Questo ruolo di primo anello del processo produttivo è conteso con lo Stato-nazione democratico che – come tutte le comunità sociali autogovernantesi – rivendica e ipostatizza la propria sovranità nella capacità di “battere moneta” e di raccoglierla tramite l’imposizione fiscale.
Esistono due importanti tipi di moneta: quella emessa dalla Banca Centrale[2] e quella emessa dal sistema bancario in forma di credito[3].
2.2. La moneta bancaria – ovvero il credito bancario – sta alla fonte del sistema capitalistico: in partita doppia, ad ogni debito corrisponde un credito.
Poiché la variazione di domanda, da parte del pubblico, di contanti e depositi bancari, deve trovare risposta diretta dall’offerta monetaria, questa, in una economia a moneta creditizia,è endogena – ovvero varia in funzione della domanda di credito di famiglie ed imprese – e a garanzia della stabilità del sistema bancario sta la banca centrale, ovvero l’ente strumentale e organo dello Stato che si occupa delle funzioni di tesoreria del “sovrano”.
Se sovrano è il popolo, la banca centrale svolge funzioni di mutuante di ultima istanzanei confronti del sistema bancario[4] (art.47 Cost.) e monetizza il debito pubblico, attravero la funzione di “tesoriere” dello Stato (democratico in senso sostanziale).
[NdQ: sulla funzione di tesoreria, come distinta da quella di “prestatore di ultima istanza” rivolta al solo sistema bancario, all’interno di un paradigma di Stato non oligarchico, ma costituzionalmente orientato alla tutela dell’intera comunità sociale, si veda qui e qui].
2.3. Se sovrana è l’oligarchia finanziaria, la banca centrale [NdQ: o il Ministero del tesoro, o equivalente, nel più frequente regime istituzionalizzato di separazione tra governo e banca centrale, quale predicato dalla dottrina delle BC indipendenti] colloca i titoli del debito pubblico sul mercato finanziario privato (a tassi sensibilmente più alti) e puòrifiutare lo sconto di titoli primari che le vengono presentati dalle Casse di sconto (è il caso della “indipendenza” che potremmo definire “semplice“, quale riscontrabile in Italia a seguito del divorzio tesoro-Bankitalia, o come è previsto in banche centrali fondamentali quali la Fed o la BoE).
Ovvero, la banca centrale deve, rifiutare tale acquisto [NdQ: o l’equivalente, – in termini di emissione monetaria a favore dello Stato-, concessione di “scoperti di conto“], in ogni forma diretta, in base ad un esplicito divieto [NdQ: pretesamente supernormativo, in funzione monetarista e quindi liberista-oligarchica, come nel caso dell’imposizione exart.123 del TFUE].
In quest’ultimo caso la banca centrale può essere definita indipendente “pura” (come la BCE), ovvero coattivamente indipendente dal popolo in quanto sovrana è l’oligarchia finanziaria, e, quindi, il sistema delle banche commerciali può fallire in caso di carenze di liquidità. Con quest’ultima eventualità si frantuma tanto l’unità politico-statuale (arché) quanto la struttura sociale (come nel caso tipico di default statali).
2.4. Politica monetaria e politica fiscale sono il simbolo del potere sovrano in quanto possono essere garantite “dalla spada”, ovvero tramite il monopolio della forza: sia che il sovrano sia il signore medievale, sia che il sovrano sia il popolo, sia che sovrana sia un’oligarchia.
Ad oggi, il monopolio della forza è preceduto dal monopolio dei mezzi di comunicazione, che ne fa le veci.
Sovranità, potere e libertà di una comunità sociale sono il medesimo concetto visto da prospettive diverse. (artt. 1,11 Cost.).
[NdQ: sul punto ribadiamo quanto già linkato sopra ed esposto nel post: COSTITUZIONI, BANCHE E SOVRANITA’]
Chiedere “cessioni di sovranità” significa pretendere impotenza e asservimento: questo è una tipica imposizione in caso di sconfitta bellica, con resa incondizionata.
[NdQ: l’equivalenza alla “debellatio” militare della cessione di sovranità imposta mediante trattato che sottragga prima la sovranità monetaria, – istituendo una valuta sovranazionale non statale e affidandone la gestione a una banca centrale indipendente pura, che opera sul presupposto esclusivo della conservazione di tale moneta- e quindi, per necessità, la sovranità fiscale, impedendo ogni possibile soddisfazione delle esigenze sociali di sostegno alla domanda in funzione anticiclica, è illustrata in questo post: I POMPIERI CIECHI DELL’€UROPA E I NEO-LIBERISTI CAPACI “DI TUTTO”].
2.5. Dati gli ordini formalmente democratici, però, ad oggi nessuno ha dovuto dichiararela guerra a Stati nazionali europei: poiché il conflitto di classe si caratterizza dall’ascondimento da parte della classe dominante della violenza esercitata sulle classi subalterne (cfr. con “la scrittura reticente” nella letteratura liberale), il processo di oppressione e asservimento indicato dalle pressanti richieste di “cessioni di sovranità”, ci porta – in questa congiuntura storica – ad identificare l’imperialismo nazionalista con il conflitto di classe: stando con il prof. Ernesto Screpanti, abbiamo a che fare con unimperialismo globale.
Tale processo è garantito dalla globalizzazione finanziaria a trazione USA.
2.6. Libero mercato e dottrina della banca centrale indipendente – agendo in modo concertato rispettivamente dall’esterno e dall’interno rispetto alla sovranità statuale – si dimostrano funzionali alla tirannia di un governo sovranazionale a vocazione mondialista.
Questo è il motivo per cui il federalismo interstatale viene usato come grimaldello diipocrita ideologia irenica, anti-nazionale e anti-sovrana: la sovranità che viene rigettata- ovvero assorbita e distrutta- è quella del popolo, ovvero si impedisce “tecnicamente” quella forma di governo chiamata democrazia in cui il potere sovrano viene socializzato.
2.7. [NdQ: Sul concetto di sovranità democratica, legato, dalle Costituzioni pluriclasse e solidaristiche, alla tutela primaria dei diritti sociali, cfr.; il citato “Euro e(o?) democrazia costituzionale” e i post: NON BISOGNA MAI DIMENTICARE nonché SOVRANITA’ DEMOCRATICA, CITTADINI EUROPEI (only), COLLABORAZIONISTI.
Da quest’ultimo rammentiamo:
“Come si definisce la capacità-attitudine di un gruppo-comunità territoriale di perseguire i propri interessi (anche) rispetto agli altri Stati? Sovranità.
Se con un trattato, eliminandosi ogni termine finale dei vincoli che impone, venganostabiliti PER SEMPRE i rapporti di forza tra gruppi sovrani, si sarà, solo per questo, anzitutto eliminata la ragion d’essere della stessa sovranità; ma con questo si sarà anche eliminata la dignità e tutelabilità degli interessi che la sovranità perseguiva, come sua naturale funzione.
OVVIAMENTE QUESTO SOLO PER CHI NEL RAPPORTO DI FORZA SIA LA PARTE “DEBOLE”: per chi sia in posizione prevalente, si avrà, al contrario, una riaffermazione rafforzativa della sua sovranità.
Godendo dunque della SOVRANITA’ DEMOCRATICA – quella che, sul piano del diritto internazionale esclude il ricorso alla guerra offensiva e sul piano interno riconosce l’eguaglianza sostanziale dei cittadini (art.11 e 1-3 Cost.) – i cittadini si danno delle istituzioni (elettorali) per perseguire, anche e specialmente, sul piano del diritto internazionale, tali interessi democratici (se non altro perchè inclusivi, nel senso della massima rappresentatività delle istituzioni rispetto agli interessi dell’intero corpo sociale).
Invece, gli stessi cittadini, all’interno di un’organizzazione internazionale che stabilisca per sempre la crescente distruzione della sovranità, come riflesso della inevitabilecristallizzazione dei rapporti di forza tra gli Stati contraenti, perdono di ogni rappresentanza e possono solo adeguarsi alla prevalenza ed alla realizzazione di interessi diversi da quelli del gruppo, oramai assoggettato, di cui si trovano a far parte.
In altri termini, i trattati a fini generali economici (liberoscambisti) possono ottenere deirisultati che, spesso neanche le guerre riescono a raggiungere in favore del “vincitore”: sia per l’ampiezza degli interessi prevalenti affermati (in capo ad uno o più Stati dominanti), sia per la stabilità di tale risultato.
Il sacrificio definitivo e perenne degli interessi (solo) del popolo il cui Stato agisce considerando la sovranità un bene rinunciabile, e tale rinuncia un valore positivo, è dunque ciò che, nella sostanza, sostengono coloro che, pur appartenendo a quello stesso popolo (!), si dicono cittadini “europei”, cioè di questa UE.
L’UE risulta perciò un’organizzazione non sovrana in senso democratico sostanziale , ma solo in senso strumentale e oligarchico, poichè, in base all’oggettivo contenuto del trattato, non persegue gli interessi pluralistici dell’intero gruppo sociale degli “europei” che il Trattato, in alcuna sua parte, neppure in via di enunciato formale e teorico, riconosce come corpo sociale detentore della sovranità.
Questa organizzazione, in effetti, com’è inevitabile, semplicemente maschera gli interessi dello Stato (o “degli Stati”) che ha potuto affermare la prevalenza della propria sovranitànell’assetto del trattato, e cioè la prevalenza dei propri interessi.
E, a loro volta, questi interessi, corrispondono a quelli, più ristretti, propri della oligarchia dei paesi che rafforzano la propria prevalenza economico-politica].
Ovvero «Federalismo interstatale E Democrazia» sono realizzazioni politiche che – per motivi strutturali – non possono essere complementari: cioè, o «”federalismo” O “democrazia”». Tutto il resto è “narrazione”, “propaganda”: ovvero falsa coscienza.
3 – Tradimento e collaborazionismo: il Quarto Partito e il piede nella porta dell’articolo 11 Cost.
«I voti non sono tutto […]. Non sono i nostri milioni di elettori che possono fornire allo Stato i miliardi e la potenza economica necessaria a dominare la situazione. Oltre ai nostri partiti, vi è in Italia un quarto partito, che può non avere molti elettori, ma che è capace di paralizzare e rendere vano ogni nostro sforzo, organizzando il sabotaggio del prestito e la fuga dei capitali, l’aumento dei prezzi e le campagne scandalistiche. L’esperienza mi ha convinto che non si governa oggi l’Italia senza attrarre nella nuova formazione di governo – in una forma o nell’altra – i rappresentanti di questo quarto partito» De Gasperi inversione complottista nel celebre discorso del maggio 1947.
3.1. Il “grimaldello federalista” è stato possibile utilizzarlo perché, in realtà, era stato posto già un “piede nella porta” della sovranità popolare da quel gruppo sociale che trovava rappresentanza in ciò che il primo capo di governo dell’Italia repubblicana aveva chiamato il “quarto partito”.
Ovvero si constatava che il Capitale nazionale, “tenendo la spada dalla parte dell’elsa” nei rapporti di produzione, metteva pressione affinché le sovrastrutture giuridiche e politiche si conformassero ai suoi interessi. Interessi convergenti con il Capitale internazionale ma che la Costituzione del 1948 subordinerà a quelli del Lavoro: interessi che, come annoterà in seguito Lelio Basso, congeleranno l’attuazione della Costituzione stessa.
Questi “entristi” rappresentavano e rappresentano un gruppo sociale che avrà tendenzialmente interesse a collaborare con forze sovranazionali ed estere; rappresentano una classe incline alla sovversione.
3.2. Ne consegue che i grandi liberali-federalisti-liberisti – mandatari del grande capitale – potevano diffusamente agire dall’interno delle istituzioni per spingere i “cammelli” dei Trattati dalla cruna dell’ago dell’art.11 Cost.
Così Augusto Graziani evidenzia che, dopo Jalta: «Tutti i ministeri economici vennero affidati a uomini di sicura fede liberista. Einaudi lasciò il governo della Banca d’Italia a Menichella e assunse la direzione del nuovo ministero del Bilancio: Del Vecchio, autorevole studioso di eguali tendenze liberiste, assunse il ministero del Tesoro; i ministeri delle Finanze e dell’Industria andarono rispettivamente a Pela e a Merzagora, ambedue legati agli ambienti della grande industria del Nord. A questo governo spettò di prendere nei mesi immediatamente successivi i provvedimenti di maggiore portata, e di realizzare la famosa svolta deflazionistica del 1947.»[5]
3.3. Prendiamo spunto da questa autorevole citazione in cui liberismo, grande capitale edeflazione sono strettamente legati, per rimarcare che il liberismo è sovrastrutturaideologica del grande capitale, o meglio – a riguardo alla connotazione “deflazionista” – del capitale finanziario: la deflazione è naturale conseguenza della stabilità monetaria, permette contemporaneamente di non veder svalutati i grandi investimenti, e di disciplinare sindacati e rappresentanti politici delle classi subalterne, quelle lavoratrici.
Inoltre, nel caso siano protratte per lungo tempo, le politiche deflattive si rivelano funzionali al controllo sociale e demografico[6].
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[1] Non è che se dei neocon usano lo slogan della “rivoluzione permanente” quindiTrotskij era un fascista ultraliberista… o viceversa.
[2] Ovvero la moneta legale, ovvero quella “battuta” dal sovrano: regola i rapporti economici tra i privati e lo Stato. Lo Stato – in una democrazia sociale – è la comunità sociale nel suo complesso. Poiché tutto si risolve in un circuito che costituisce “l’apparato circolatorio” della struttura economica, in quest’ultimo caso la raccolta fiscale sarà necessariamente informata a criteri di progressività (art.53 Cost.), in favore di un’equità sociale funzionale alla stabilità del sistema: inoltre la propensione al risparmio è tanto maggiore quanto maggiore è il reddito, sottraendo moneta agli investimenti. Se la monetanon ritorna in circolo diffusamente, si favorisce la “necrosi” del sistema produttivo: leinsolvenze.
[3] Questa moneta è scritturale: può essere creata ex nihilo – dal nulla – e regolainternamente i rapporti tra privati.
[4] « Una volta valutata la solvibilità della clientela, e stabilito un congruo ricarico sul tasso di interesse di riferimento fissato dalla banca centrale, le banche commerciali non sono mai vincolate (nella concessione di prestiti) dal rapporto tra riserve immediatamente disponibili e depositi. Laddove necessario, le riserve vengono sempre costituite ex post mediante ricorso a prestiti elargiti da altre banche ovvero tramite cessione di titoli alla banca centrale (la quale non può far altro che assecondare le necessità del sistema bancario). In effetti, in un sistema compiutamente capitalistico non soltanto la quantità di mezzi monetari è fuori dalle possibilità di controllo della banca centrale, essendo creata endogenamente dal sistema, ma la moneta perde anche qualsivoglia agganciamento metallico. È, per contro, possibile stabilire un’equivalenza tra valore aggiunto monetario della produzione in un dato periodo e la quantità di lavoro vivo erogato nel processo produttivo », Marco Veronese Passerella.
[5] Citazioni filologicamente selezionate da Arturo.
[6] «Si può di conseguenza affermare che in tutti i paesi ove le entrate annuali delle classi lavoratrici non siano sufficienti per allevare in piena salute le famiglie più numerose, la popolazione è effettivamente frenata dalla difficoltà di procurarsi i mezzi di sussistenza »Thomas Malthus, “Saggio sul principio di popolazione”
Fonte: https://orizzonte48.blogspot.it/2017/11/cessioni-di-sovranita-e-debellatio-la.html?spref=fb
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