Apple e compagnia continueranno a ingannare il fisco. Tocca alla politica agire
di GIANLUIGI PARAGONE
Può essere un’idea, certo. Per far capire ad Apple e ai nuovi padroni del vapore che l’inganno fiscale è un danno che si riverbera sulle economie dei singoli paesi, può essere un’idea quella di boicottare i prodotti della mela mozzicata. Ma non credo che andremo lontano.
Il consumatore è parte di un mondo che la modernità ha creato come soggetto passivo, come prodotto; è egli stesso parte del gioco di prestigio, dell’illusionismo. La Silicon Valley ha creato una specie di Paese dei Balocchi con Lucignolo, il Mangiafuoco, il Gatto e la Volpe e tutte le altre storie nella storia. Il Paese dei Balocchi è bello e resta bello pur essendo falso, pieno di inganni. Ecco perché è difficile che il Paese dei Balocchi possa chiudere per mancanza di pubblico.
Usciamo dalla metafora. Apple, Facebook, Amazon e compagnia cantante sono anni che raggirano il fisco con leve studiate dai loro stessi uffici legali. Sanno di poter contare su meccanismi elusivi, su impianti normativi scritti “ad hoc” per attirare quelle multinazionali sempre in cerca del miglior posto possibile per ingrossare il profitto. Sono decenni che sentiamo parlare di paradisi fiscali e di black list; e sono anni che poi ci stupiamo se qualcuno tira fuori una gola profonda che racconta le sozzerie del mondo.
Ma davvero abbiamo bisogno dei Paradise papers per mettere a fuoco il tema del mega raggiro fiscale (e non solo)? Scusate, ma la Commissione europea è retta da un signore che quando era a capo del Lussemburgo attirava le multinazionali con legislazioni decisamente poco europeiste e molto… furbiste. Dopo lo scandalo LuxLeaks non s’è mosso nulla: Juncker è rimasto a Bruxelles da dove pontificava di regole uguale per tutti. Non c’è leader che non abbia fanfaronato di rigore fiscale, intanto le asimmetrie fiscali restano e si aggravano creando squilibri impressionanti. Vi sembra normale?
Apple non cambierà politica per una improbabile ribellione del consumatore. Tocca alla politica, tocca alle istituzioni, tocca ai governi scrivere nuove regole, ribaltare il paradigma neoliberista, stracciare il predicato GangBank e ridare dignità all’economia reale rispetto a quella di carta.
Le contraddizioni delle moderne multinazionali tanto care ai giovani sono le stesse del vecchio mondo padronale e arbitrario che pensavamo di aver abbattuto in nome dei diritti. Non posso dimenticare che l’ex presidente del Consiglio Matteo Renzi, fresco di sconfitta referendaria, andò alla Silicon Valley e commentò: “Vado ad imparare dai più bravi”. Son bravi tutti a essere bravi con metodi arbitrari e arroganti. Apple, Facebook, Amazon, ripartano dalle regole basilari, e i governi comincino a fare loro barba e capelli. Partendo da fisco e diritti.
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