Ciò che lo Stato fu e, si pensa, potrebbe ancora essere.
di LUCIANO BARRA CARACCIOLO
L’approvazione della Costituzione può essere riferita a una difficilmente ripetibile molteplicità di elementi di debolezza e di strategia in capo ad Essi.
Tra questi, il primo è la gradualità con cui sanno muoversi, quando occorre.
Come si poteva, negli anni ’40, dopo l’esperienza fascista, nel bel mezzo di quella sovietica che tanti attraeva, appena finito il new deal roosveltiano … insomma come si sarebbe potuto, in un periodo storico in cui l’intervento dello Stato nell’economia era considerato scontato, scrivere una Costituzione liberista? Troppo sarebbe stato lo stridore con il comune sentire.
In secondo luogo, l’Italia era in macerie. C’era la necessità di risollevarla, almeno fino al punto da creare un benessere sufficientemente diffuso da costituire uno stabilizzatore sociale, e questo non lo poteva certo fare il liberismo.
In terzo luogo, come evidenziato dai commenti precedenti di Danilo e Luca, c’era la sicurezza, rivelatasi fondata, di poter ‘amministrare’ e minimizzare i rischi di un possibile ‘socialismo compiuto’ ponendo uomini di fiducia ai vertici delle istituzioni, “legando” lo Stato a convenzioni internazionali di segno contrario (CECA/CEE/CE/UE in primis), impedendo una normale alternanza democratica, creando fattori di divisione sociale quali una diffusa corruzione, “rivolte” borghesi (vedi ’68), la strategia della tensione etc…
In quarto luogo, un interesse strumentale a un transeunte aumento dei poteri dello Stato e dell’affidamento dei cittadini ad esso.
Se non si fosse passati da questo stadio, la tolleranza sarebbe molto inferiore, (NdQ: chi rammenta la “rimozione del punto zero” nel paradosso €uropeo?) come lo era nei nostri avi, che, non avendo vissuto l’esperienza di uno Stato “dalla loro parte”, senza remore consideravano i detentori del potere (sia pubblico che religioso) alla stregua di delinquenti.