Social Network e libertà d’informazione in rete: il cerchio si stringe
di L’ ANTIDIPLOMATICO (Federico Nero)
“Per adesso l’utente medio ancora non si rende del tutto conto di questo cambiamento, ma cosa succederà quando le tecnologie di controllo saranno stati sviluppate fino al punto di rilevare e rimuovere rapidamente ogni frase fuori posto e ogni contenuto sgradito?”
La settimana scorsa un manager di Twitter Inc. ha dichiarato ai senatori statunitensi che l’azienda potrebbe notificare ad alcuni utenti di essere stati esposti a contenuti fuorvianti generati da un servizio di propaganda russa durante la campagna elettorale per le elezioni presidenziali del 2016 che hanno portato Donald Trump alla Casa Bianca.
Reuters riporta che Twitter Inc. ha dichiarato di lavorare per “identificare e informare individualmente“ gli utenti che durante le elezioni statunitensi del 2016 hanno visualizzato contenuti prodotti e diffusi dall’Internet Research Army (IRA), “un gruppo di propaganda russa legato al Cremlino“, secondo quanto comunicato dal direttore della public policy di Twitter al comitato per il commercio, scienza e trasporti del Senato statunitense.
Anche Facebook Inc. ha fatto qualcosa di simile. A dicembre dell’anno scorso ha creato un portale dove gli utenti possono essere informati se hanno interagito (condivisioni, like) con account creati dalla IRA. Alphabet Inc. (Google, YouTube ecc..) invece ha comunicato che la modalità con cui funzionano le sue piattaforme rende più difficile offrire lo stesso servizio di notifica e allerta.
Twitter, Facebook e Alphabet sono state ascoltate dal comitato del Senato statunitense per riportare ai legislatori gli sforzi fatti per contrastare l’uso dei loro servizi da parte di gruppi estremisti e terroristi come l’ISIS, ma durante l’audizione i senatori hanno finito col parlare molto più spesso della “propaganda russa”, accusando implicitamente i servizi social di non aver fatto abbastanza per impedire ai russi di usare i loro social network durante la campagna elettorale americana del 2016.
L’Unione Europea, al contrario, sembra essere soddisfatta dell’operato della triade Twitter, Facebook e YouTube. L’ultimo report della Commissione dimostra che tutte e tre le piattaforme stanno agendo per rimuovere entro 24 ore i contenuti segnalati come “incitazioni all’odio” in ossequio alle raccomandazioni di Bruxelles. La maggior parte dei contenuti segnalati e rimossi erano diretti agli immigrati, ai rifugiati e alle minoranze etniche (17%), a seguire i contenuti islamofobi (16,4%) e omofobi (14%). Se le aziende continueranno a rispondere con tanto zelo alle richieste di Bruxelles, saranno evitate politiche restrittive sul loro modo di fare business nella Ue, probabilmente anche chiudere un occhio sulla fiscalità molto allegra di questi colossi rientrerà nel pacchetto premio.
Il grafico del Financial Times prende in esame l’Unione Europea e mette in luce il miglioramento esponenziale della capacità dei giganti dei social nel rimuovere i contenuti segnalati (…o rilevati autonomamente, ma questo non viene specificato).
Twitter, Facebook, YouTube sono state messe sotto pressione dai legislatori e hanno sviluppato tecnologie (algoritmi sempre più sofisticati per rilevare i contenuti) e risorse umane (personale che osserva post e conversazioni) per monitorare e rimuovere contenuti considerati sgraditi con sempre più efficienza.
Per adesso l’utente medio ancora non si rende del tutto conto di questo cambiamento, ma cosa succederà quando le tecnologie di controllo saranno stati sviluppate fino al punto di rilevare e rimuovere rapidamente ogni frase fuori posto e ogni contenuto sgradito?
Da quest’anno in Germania c’è una legge, la NetzDG, estremamente controversa e severa, che assegna ai social network il dovere di rilevare, giudicare e rimuovere unilateralmente i contenuti che “incitano all’odio” o che non rispettano le altre direttive governative. Anche in Francia si progetta una normativa del genere, forse anche più severa, l’obiettivo è di approvarla entro la fine di quest’anno. In Italia le cose cominciano a prendere forma. Il Ministero dell’Interno ha messo online un “pulsante rosso” per segnalare le bufale alla Polizia di Stato. Per adesso la cosa potrebbe anche anche far sorridere, ma bisogna prenderla sul serio perché è solo l’inizio.
Non bisogna sottovalutare le pressioni governative su questi giganti del web. Per loro tutto questo è un enorme business e uno strumento per ottenere sempre più potere, al punto che Mark Zuckerberg ha promesso personalmente di fare in modo che Facebook dia maggiore priorità alle notizie provenienti da fonti affidabili.
Chi deciderà l’affidabilità delle fonti? Come avete visto, anche L’AntiDiplomatico è stato colpito da questa “censura dolce” e non è certo finita qui. Il prossimo governo dara la priorità al controllo di internet e dei social network, e i fanatici di questa battaglia sembrano aver capito che per avere successo basta minacciare sanzioni economiche ai colossi del settore, che prontamente si adegueranno.
Non servirà schierare chissà quali competenze o qualche colossale apparato di Stato, basterà molto meno, e accadrà tutto rapidamente. Molto rapidamente.
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