di LUCIANO BARRA CARACCIOLO
1. In margine al
(lungo) post sull’insostenibilità giuridica, – sia in via di principi di teoria generale sulle fonti di diritto, sia quanto al fondamento istitutivo e funzionale e, peraltro anche letterale, dei trattati europei (e di ogni fonte su di essi fondata) -, della prevalenza del diritto europeo rispetto alle Costituzioni nazionali,
Francesco ci aggiorna, nei commenti, su
come, in effetti, stiano reagendo altri ordinamenti, di Stati appartenenti all’Ue, ad una pressione pervasiva del diritto comunitario medesimo.
“…Soprattutto…negli anni immediatamente successivi l’approvazione del Trattato di Lisbona, i controlimiti erano diventati una sorta di spettro che si aggirava tra le Corti costituzionali e supreme dell’Unione: Polonia (Tribunale Costituzionale polacco, caso K32/09 Trattato di Lisbona, decisione del 24 novembre 2010), Ungheria (Corte costituzionale ungherese, 143/2010, decisione del 12 luglio 2010), Repubblica ceca (Corte costituzionale ceca, caso Pl. ÚS 19/08 Trattato di Lisbona I, decisione del 26 novembre 2008 e caso Pl. ÚS 29/09 Trattato di Lisbona II, decisione del 3 novembre 2009) sono forse i casi ove l’ispirazione alla giurisprudenza di Karlsruhe è più evidente.
A volte le sentenze del “cammino comunitario” tedesco sono espressamente citate, altre volte compaiono – pur prive di etichetta – nell’ordito motivazionale
In alcuni casi altre Corti costituzionali hanno non solo attinto dalla giurisprudenza di Karlsruhe in materia di controlimiti, ma lo hanno fatto estremizzandone le conseguenze.
Sembra essere questo il recente caso deciso dalla Corte costituzionale ungherese sulla delicata questione delle misure europee di redistribuzione delle quote di migranti.
La Corte costituzionale ungherese (decisione 22/2016 (XII. 5.) AB del 16 dicembre 2016), ha infatti fatto esplicito riferimento al trittico Solange – Maastricht – Lissabon, per giustificare una decisione che, per ora soltanto astrattamente, ha paventato la possibilità di utilizzare una versione magiara dello strumento tedesco dei controlimiti per vigilare su obblighi che in materia vengano posti sullo Stato ungherese…” (P. FARAGUNA, Alla ricerca dell’dentità costituzionale tra conflitti giurisdizionali e negoziazione politica, 10-11).
1.1. In
quest’altro articolo, sempre in prospettiva comparatistica, vengono riportate in particolare alcuni passaggi della sentenza del
Tribunale Costituzionale polacco (caso K32/09 Trattato di Lisbona, decisione del 24 novembre 2010), ove si afferma che rientrano tra
le competenze inalienabili:
“
le decisioni che specificano il fondamento dei principi della Costituzione e delle decisioni relative ai diritti del individuo che determinano l’identità dello stato, tra cui, in particolare, l’esigenza di tutela della dignità umana e dei diritti costituzionali, il principio di sovranità, il principio di governance democratica, il principio di uno stato governato dalla legge, il principio della giustizia sociale…nonché l’esigenza di garantire una migliore attuazione delle valori costituzionali e il divieto di conferire il potere di modificare la Costituzione e la competenza per determinare le competenze”.
1.2. Per ritornare allo scritto di Faraguna, il caso più significativo (forse il primo) di applicazione concreta dei controlimiti è quello che ha avuto come protagonista la Corte Costituzionale della Repubblica ceca (causa no. Pl. ÚS 5/12, Slovak Pensions XVII, decisione del 31 gennaio 2012) la quale va ben oltre la Corte Costituzionale tedesca, dal momento che:
“… dichiarava la sentenza della Corte di giustizia ultra vires. I controlimiti venivano applicati… per dichiarare un atto di un’istituzione dell’Unione fuori dalle competenze attribuite, non risparmiando alla Corte di giustizia parole di censura assai aspre…” (37 e ss.).
Una corte nazionale che a muso duro dichiara ultra vires una sentenza della Corte di Giustizia. Spettacolo.
E così scopriamo stranamente che le nazioni europee…sono gelose della propria sovranità e della propria identità nazionale!
E si tratta di un’
apparente contraddizione: cioè di fronte a intrusioni (comparativamente) meno estese e costanti ai rispettivi principi costituzionali, gli Stati “aggrediti” reagiscono; mentre di fronte all’imposizione di vincoli estesamente incisivi e durevoli, che estinguono quasi del tutto la sovranità,
cfr; p.2.4….non reagiscono; e, anzi,
dimenticano di avere precetti costituzionali dichiarati o ritenuti immodificabili e incomprimibili.
Strano, viene da pensare…
E torniamo sempre al solito punto: da un lato, le istituzioni europee autointerpretano (come già la Corte GUE in tema di superiorità del diritto europeo), in rem propriam, la propria legittimazione e la sfera di imperatività dei propri poteri, al di fuori di una norma che li preveda e che costituisca una fonte vincolante – e preesistente- che possa legittimamente affermarsi sulla volontà negoziale e sovrana degli Stati.
4. Ebbene,
per l’Italia, si potrebbe erroneamente pensare che la sovranità sia regolata da alcune previsioni fondamentali della nostra Costituzione, che si integrano in una
sequenza che, un tempo, nella logica giuridica e, ancor più, nella coscienza democratica diffusa e partecipata, risultava particolarmente chiara: artt. 1,
3 e 4 e, naturalmente,
11 della Costituzione.
Ma, naturalmente ciò valeva…
5. Invece, no.
I nostri più illustri e importanti Costituenti, – insigni giuristi che parevano il punto di riferimento finalmente stabile di una
democrazia fondata su una fede profonda che accomunava alla Nazione intera la schiacciante maggioranza dei Costituenti-,
si sbagliavano. Si sbagliavano…?
Lo apprendiamo da un altro commento di Francesco in cui un “moderno” giurista ci insegna che la democrazia non è la sostanziale partecipazione del popolo alle istituzioni di governo, in modo che la sua volontà sia costantemente accertata e manifestata in modo libero e egalitario, ponendosi a carico dello Stato l’obbligo prioritario e fondamentale di rimuovere istituzionalmente ogni ostacolo che risulti, di fatto, di impedimento a tale allargamento sociale della partecipazione popolare al governo e, quindi, all’esercizio della propria sovranità.
No.
La democrazia è “un sistema di limiti”: una curiosa essenza fenomenologica, che serve da premessa all’implicita ma necessitata conclusione che più limiti si pongono, e proprio da parte di forze esterne al popolo e al di sopra dello Stato, (come nel caso dell’€uropa) più democrazia c’è.
“Al mainstream giuridico, ovviamente (da quello che ho potuto leggere), fa orrore l’affermazione dei controlimiti da parte delle corti costituzionali dei Paesi europei.
Segnalo per tutti quest’articolo di Cassese (http://irpa-c02.kxcdn.com/wp-content/uploads/2011/06/25_LUnione-Europea-e-il-guinzaglio-tedesco.pdf) pubblicato dopo la sentenza Lissabon Urteil ove, in modo profetico, l’Autore infatti paventava:
“… Si può immaginare che cosa può accadere se, per la forza diffusiva dei principi in sede europea, tutte le corti nazionali vorranno fare un analogo controllo (NdF: di identità). Applicando l’uniforme principio del controllo di identità, ciascuna vorrà affermare il modo proprio di riconoscere l’identità, perché un Paese si riconosce nella sua scuola, un altro NEL SUO SISTEMA DI SICUREZZA SOCIALE, un altro nella circolazione stradale, e così via. Vi saranno non solo identità diverse, ma anche modi diversi di individuare la propria identità. Insomma, una cacofonia di voci…
… la Corte tedesca porta a livello superiore una visione domestica della democrazia, assumendo erroneamente che il popolo determini la legislazione, mentre può scegliere solo i legislatori; … L’errore principale sta nell’aver dimenticato che la democrazia consiste in un sistema di limiti: se L’UNIONE EUROPEA AGGIUNGE UN ULTERIORE LIMITE, che serve a tenere sotto controllo gli Stati, contribuisce alla loro democrazia, non la diminuisce…”.
Fonte: http://orizzonte48.blogspot.it/2018/01/rassicuratevi-la-democrazia-e-un.html
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