La sinistra, l’Europa e la Quinta internazionale
di CARLO CLERICETTI
Questa Europa fa schifo, è strutturalmente liberista e antipopolare, dominata dalla Germania. Ma nell’era della globalizzazione e del potere delle multinazionali non c’è scelta, quindi bisogna cambiarla, puntare a un’Europa federale e democratica, e per farlo c’è bisogno di costruire un nuovo soggetto politico non limitato ad un solo paese, ma che riesca a mobilitare tutti i cittadini europei.
Questo, in estrema sintesi, il senso del dibattito “L’Europa e la sinistra” che si è svolto a Roma il 2 febbraio con la partecipazione di rappresentanti di diverse organizzazioni: Luciana Castellina (SI), Giulia Del Vecchio (SI, Gioventù federalista europea), Elly Schlein (Possibile), Anna Falcone (LeU), Roberta Agostini (Mdp), Tommaso Visone (Diem25), Salvatore Marra (CGIL) e Piero Soldini (Si). Tutti d’accordo sul fatto che in Europa bisogna stare, per cambiarla da cima a fondo. Come ha detto in altra occasione Laura Boldrini, “vogliamo più Europa, da riformare dall’interno”. Con quali possibilità di riuscirci e in che tempi? Di questo non si è parlato.
L’Europa “democratica e popolare”, insomma, ha preso il posto del sol dell’avvenire. Ma in attesa che decolli la Quinta internazionale, e che dimostri di poter incidere sulle scelte europee, sarebbe il caso di dire qualcosa sul quel che succederà nel futuro molto prossimo, e anzi sta già succedendo. Perché tedeschi e francesi si stanno accordando sulla riforma della governance europea, sulla base del cosiddetto Non paper che Wolfgang Schäuble ha diffuso appena prima di lasciare il ministero delle Finanze. E’ stato da poco pubblicato un intervento di 14 economisti – guarda un po’ tedeschi e francesi – che riprende e sviluppa le linee del Non paper: ne ha fatto un’ottima disamina l’economista Sergio Cesaratto, a cui rimando chi voglia capirci qualcosa. Qui basti dire che l’atteggiamento verso l’Italia è persino peggiore che in passato, e si potrebbe riassumere così: prima morite, e dopo veniamo a darvi qualche medicina.
Se quella riforma passasse le nostre banche dovrebbero vendere decine di miliardi di titoli di Stato, e per fronteggiare la conseguente crisi del debito pubblico dovremmo far ricorso al fondo salva-Stati ( la nuova versione della Troika) che ci imporrebbe condizioni del tipo di quelle sperimentate dalla Grecia e perdite per tutti i possessori dei titoli del debito. Ha qualcosa da dire, la sinistra, su questa prospettiva, i cui tempi, al contrario di quelli della costruzione dell’Europa “democratica e popolare”, sono imminenti? Nella campagna elettorale è del tutto assente il dibattito sul problema più importante e urgente che dovremo affrontare. Ha troppo poco appeal? Lasciamo che se ne occupino i tecnici?
Ecco, dalla sinistra – ma anche dagli altri partiti, parimenti “distratti” – ci aspetteremmo che di questi problemi parlasse, ed elaborasse una linea politica su cui chiamare a confrontarsi il governo e i partiti. In futuro costruiremo certamente un’Europa bellissima, ma intanto bisognerebbe fare in modo che a quel futuro non arriviamo in miseria
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