Autorità Palestinese assente al meeting della Casa Bianca su Gaza
di SICUREZZA INTERNAZIONALE
La Casa Bianca ha ospitato i rappresentanti di 19 nazioni, martedì 13 marzo, per discutere la crisi umanitaria a Gaza, al quale l’Autorità Palestinese non si è presentata in segno di protesta contro le politiche del presidente Donald Trump in merito a Gerusalemme.
Lo scorso 6 dicembre, il leader americano ha riconosciuto ufficialmente la Città santa come capitale di Israele, riferendo che vi avrebbe spostato l’ambasciata statunitense, attualmente ubicata a Tel Aviv, provocando un dissenso a livello internazionale. Lo status di Gerusalemme costituisce uno degli aspetti più complicati del processo di pace israeliano-palestinese, in quanto la città rappresenta un sito religioso fondamentale sia per i musulmani, sia per gli ebrei, che ambiscono entrambi a proclamarla capitale del proprio Stato. La comunità internazionale ritiene che lo status di Gerusalemme possa essere definito soltanto nei colloqui di pace diretti tra Israele e la Palestina. In seguito all’annuncio di Trump, gli scontri fra israeliani e palestinesi sono aumentati, con lanci di missili, raid e rappresaglie da entrambe le parti. In numerose occasioni, in seguito ad alcuni di questi attacchi, le forze armate israeliane hanno deciso di chiudere gli attraversamenti di confine verso la Striscia di Gaza, peggiorando la già precaria situazione nell’area.
Secondo quanto riportato dal quotidiano U.S. News, l’obiettivo della conferenza era quello di convincere i palestinesi che Trump attribuisce al loro futuro un’importanza pari a quella di Israele. Il genero del presidente americano, Jared Kushner, che sta dirigendo le mosse della Casa Bianca per facilitare il processo di pace tra i palestinesi e Israele, è intervenuto all’incontro, parlando dei progetti di breve termine che potrebbero migliorare la situazione di Gaza, che è sull’orlo di un disastro economico.
Occorre ricordare che in seguito alla vittoria di Hamas nell’enclave di Gaza, dal giugno 2007, Israele ha imposto un blocco terrestre ed aereo su tale territorio. La autorità israeliane controllano altresì lo spazio aereo e le acque territoriali della Striscia di Gaza, così come 2 dei 3 attraversamenti di confine, l’ultimo dei quali è presieduto dall’Egitto. Per la maggior parte del tempo, i confini vengono tenuti chiusi, peggiorando la situazione economica e umanitaria nell’area. Israele permette il passaggio nei suoi confini solamente in casi umanitari eccezionali per casi medici urgenti.
Dalla primavera del 2017 fino al gennaio 2018, inoltre, nella zona era stato imposto un blocco sull’energia elettrica. Tale blocco era stato provocato principalmente dalle divisioni politiche all’interno del movimento palestinese, che è diviso in due anime contrapposte. Da una parte, Hamas, che controlla la città di Gaza; dall’altra, Al-Fatah, che guida l’Autorità Nazionale Palestinese, il cui centro amministrativo è a Ramallah, in Cisgiordania. L’Autorità Nazionale Palestinese ha sempre fornito il combustibile a Gaza, comprandolo da Israele. Recentemente, però, ha imposto una serie di misure punitive nella Striscia di Gaza per colpire Hamas che, dal giugno 2007, in seguito ad un conflitto con Al-Fatah, controlla la città.
Tra le misure punitive vi è l’aumento delle imposte sulle importazioni, quindi anche sul carburante, che Hamas non può permettersi. Di conseguenza, l’Autorità Nazionale Palestinese ha diminuito i pagamenti a Israele, facendo ridurre le importazioni elettriche nella Striscia di Gaza fino al 40%. A fare le spese di questa situazione sono stati gli abitanti di Gaza che, ogni giorno, hanno potuto utilizzare utilizzare l’energia elettrica per due sole ore. In merito alla questione si erano espresse anche le Nazioni Unite, le quali, in un comunicato emesso venerdì 11 agosto 2017, avevano annunciato la loro profonda preoccupazione per il deterioramento delle condizioni umanitarie e per la protezione dei diritti umani nella striscia di Gaza. In tale occasione, l’organizzazione internazionale aveva altresì accusato Israele, lo Stato della Palestina e le autorità di Gaza di essere responsabili della situazione e di non rispettare gli obblighi in merito alla promozione e alla protezione dei diritti degli abitanti di Gaza. Il 3 gennaio 2018, il blocco dell’elettricità è stato revocato.
Ad avviso dell’inviato della Casa Bianca in Medio Oriente, per far sì che gli USA guidino i negoziati di pace, devono prima impegnarsi nel migliorare le condizioni die palestinesi per creare speranza. Al momento, non è ancora chiaro se siano emersi nuovi progetti o iniziative dal meeting di martedì 13 marzo, in quanto gli ufficiali che vi hanno partecipato hanno declinato qualsiasi commento. Ciò che è certo, è che al meeting erano presenti Paesi come Arabia Saudita, Bahrein, Qatar e Oman, i quali non hanno alcun legame diplomatico con Israele. La Giordania e l’Egitto, gli unici due Stati arabi ad avere rapporti con le autorità israeliane, erano anch’essi presenti. La conferenza si è tenuta lo stesso giorno dell’attentato contro il convoglio del premier palestinese, Rami Hamdallah, mentre stava entrando a Gaza. Hamas ha negato la propria responsabilità e al momento nessuno ha rivendicato l’attacco.
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