A seguito del risultato (non così) sorprendente delle elezioni del 4 Marzo, la narrazione mainstream ha fatto a gara per attribuire le cause del notevole risultato conseguito dal M5S alla parte di paese “scansafatiche” che vuole un reddito senza dover lavorare. La stessa narrazione mainstream ha tuttavia taciuto su alcuni elementi, anzi ha spinto in direzione completamente opposta durante le elezioni europee del 2014, quando il risultato elettorale era al rovescio: Il vittorioso PD guidato da Renzi che sfondava il 40%.
Cosa ci siamo dimenticati di quelle elezioni nel 2014?
Le elezioni si tennero dal 22 al 25 Maggio, ed esattamente un mese prima veniva introdotto il “Decreto-legge 24 aprile 2014, n. 66”, con il quale il governo Renzi avrebbe garantito un bonus di 80 euro in busta paga a tutti i lavoratori sotto una certa fascia di reddito.
Durante e dopo quelle elezioni non si parlò minimamente della elevatissima percentuale di persone che svolsero ricerche, su internet e/o telefonando a centri che offrono consulenza sulle politiche del lavoro, in merito al bonus degli 80 euro. Ma siamo sicuri che non esista alcuna correlazione tra le elezioni e questo tipo di ricerche? Google Trends ci dà una risposta netta a questa domanda:
Come potete vedere, nonostante il M5S è da anni che parla del reddito di cittadinanza, soltanto ora a seguito del risultato elettorale, vi è un picco di ricerche sul web.
Guardate ora la situazione in merito agli 80 euro di Renzi:
Le dinamiche sono esattamente le stesse: nonostante fosse almeno da febbraio che i giornali sbandieravano a gran voce la misura degli 80 euro, e nonostante il decreto fosse entrato in vigore già da un mese, solamente nella settimana immediatamente dopo le elezioni europee (25 – 31 maggio), a seguito della vittoria schiacciante del PD si ebbe il picco di ricerche.
Gli 80 euro non sono evidentemente l’unico motivo che ha spinto quel 40% di elettorato a votare PD, esattamente come il reddito di cittadinanza non è l’unico motivo che ha spinto il 33% dell’elettorato a votare M5S questo 4 marzo. Tuttavia, ciò che dicono i grafici sopra, è che le questioni di carattere puramente economico da parte dell’elettore siano assolutamente legate alle elezioni e, quindi, al voto.
Per alcuni questo è sintomo di egoismo: “Voto chi mi dà dei soldi”, ma è un’analisi estremamente limitata e superficiale. Prima di fare questo tipo di assunzioni dobbiamo ricordarci cosa avvenne prima degli 80 euro di Renzi: L’Italia era uscita dall’anno e mezzo (tra il 2011 e 2013) in cui Mario Monti aveva devastato il paese a suon di tagli e austerità, politiche parecchio impopolari che si rispecchiarono in una percentuale di voto minuscola di Scelta Civica nelle elezioni nazionali del 2013. Moltissime persone hanno vissuto sulla propria pelle i risultati dell’austerità, vedendosi in poco tempo comprimere di molto il potere di acquisto e conseguentemente la qualità della vita. Renzi era da poco arrivato alla guida dell’Italia, un giovane di “centro-sinistra” presentato come il “rottamatore” della vecchia politica, e per molte persone che avevano sperimentato l’austerità montiana poco tempo prima, vedere una misura come gli 80 euro in busta paga che andava in direzione (apparentemente) diversa, è stato chiaramente visto come un cambiamento positivo.
Mettiamoci in testa che poche, pochissime persone sono esperte (o presunte tali) di macro-economia, e ciò che valutano gli elettori al momento di votare è (giustamente) se il governo di turno farà misure volte a migliorare la qualità della loro vita. Piaccia o non piaccia dopo essere stati devastati dall’austerità, aver avuto 80 euro in più al mese aiutava parecchio: Quegli 80 euro erano reali, ci si poteva pagare le bollette. Questo è ciò che l’elettore percepisce.
Se agli 80 euro tuttavia poi sovrapponi una serie di misure chiaramente neoliberiste volte a tutelare gli imprenditori, rendi i lavoratori facilmente licenziabili, lasci che un sacco di aziende delocalizzino all’estero e creino disoccupazione nel tuo paese, tagli sanità e servizi, poi l’elettore ti punisce nelle successive elezioni. Il voto a quel punto, si sposta ovviamente verso una nuova possibile promessa elettorale che potrebbe migliorare la vita: il Reddito di cittadinanza.
Cosa ne possiamo dedurre? Che il messaggio che il popolo italiano, seppur diviso e spaccato, cerca di inviare (seppur inconsciamente) ad ogni elezione, è sempre lo stesso: un fermo rigetto e opposizione alle misure di austerità e una difesa del welfare.
Da questa lezione si deve ripartire: chi vuole unire il popolo presentando un’offerta politica, deve capire che non bastano slogan o promesse di diritti civili distanti dalla realtà di tutti i giorni, al contrario servono proposte in grado di entrare nella quotidianità degli elettori. Sta a chi le propone capire come smarcare le questioni tecniche più spinose: le coperture economiche e i vincoli di bilancio dei trattati europei, questioni che ovviamente vanno smarcate in modo saggio, per evitare un’altra Syriza.
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