Così almeno la pensa un gruppo di docenti che tramite la piattaforma Change.org ha rivolto un appello al presidente della Repubblica Sergio Mattarella, chiedendo pene più severe per i bulli, figli o genitori che siano. Nel momento in cui scriviamo la petizione lanciata dall’associazione Professione insegnante ha già raccolto 54mila firme. Non è solo un problema legato alla violenza fisica, ovviamente. È prima di tutto un problema culturale: si è perso il rispetto sociale per la figura dell’insegnante, e i primi a perderlo sono stati proprio i genitori, come testimoniano le cronache degli ultimi mesi.
“Rimettere al centro la figura dell’insegnante”
“È sconvolgente – si legge nell’appello al capo dello Stato – pensare che un genitore possa entrare in una scuola e compiere atti simili o che uno studente si possa permettere di picchiare da solo o in gruppo un docente. Sono fatti che evidenziano quanto sia profondamente mutato il rapporto di fiducia tra scuola e famiglia, che interrompono bruscamente quel patto di corresponsabilità educativa e che vanno condannati con forza”.
I docenti auspicano che Mattarella si faccia portavoce della loro battaglia. Bisogna invertire la rotta e l’unico modo per farlo è restituire dignità e prestigio a chi svolge il delicato compito di formare gli alunni. “Serve una legge, serve una norma che istituisca e soprattutto rafforzi la figura dell’insegnante quale pubblico ufficiale, che inasprisca le pene laddove ci sono episodi di violenza conclamati, che tuteli la libertà di insegnamento e restituisca agli insegnanti un ruolo di primo piano”.
E ancora:
“Occorre una legge che comporti delle sanzioni che siano da esempio educativo per le generazioni future, serve una norma che tuteli il libero esercizio dell’insegnamento quale base per la crescita delle generazioni che verranno.Serve una legge atta a prevenire episodi del genere che si aggiungono alla non facile situazione del comparto scuola maltrattato sul piano economico, giuridico e sociale”.
A scuola di botte
Sono almeno sette (ma probabilmente molti di più) i casi di insegnanti picchiati o umiliati dai bulli emersi da inizio anno. L’ultimo episodio – in ordine di tempo – è stato segnalato ad Alessandria: nella classe prima di una scuola superiore alcuni studenti avrebbero legato con lo scotch alla sedia un’insegnante disabile. Non contenti, hanno poi cominciato a prendere a calci la sedia, davanti a un alunno che filmava la scena per poi pubblicare tutto su Instagram e Whatsapp. Usiamo il condizionale perché sia il preside dell’istituto che i genitori raccontano un’altra versione: la prof non sarebbe stata legata alla sedia con lo scotch, ma “solo” sbeffeggiata e ripresa in video. Tanto è bastato ai genitori per difendere i loro pargoli: “Vittima questa volta sono i ragazzi, si sono visti descrivere come delinquenti, sono stati demonizzati ingiustamente”, affermano. Poverini, c’è da capirli.
Insegnanti vittime di genitori violenti
Altra scuola, altra bravata: nell’istituto Ignazio Fiorio di Palermo una maestra è stata colpita con un pugno in pieno volto dal genitore dello studente nonché collaboratore scolastico. Il motivo? Aver lamentato le troppe assenze del figlio. E ancora: circa un mese fa una docente di una scuola in provincia di Piacenza sarebbe stata colpita ripetutamente ad un braccio e al viso da uno studente di prima media, riportando una prognosi di sette giorni.
A inizio in una scuola media di Avola, dove un docente di educazione fisica è stato picchiato da una coppia di genitori (47 anni lui e 33 lei), per aver rimproverato il figlio 12enne durante una lezione. Il professore ha subito la rottura di una costola: solo l’intervento degli altri docenti ha evitato il peggio. “Non ho avuto paura, ma un profondo senso di umiliazione”, il commento del docente all’indomani dell’aggressione. “La mia unica speranza è che questo episodio sia stato uno scossone per genitori, alunni e docenti”. E via di seguito. Un’escalation di violenza su cui tutti, in primo luogo i partiti, dovrebbero riflettere.
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