L’alleanza petrolifera tra Russia e Arabia Saudita che fa arrabbiare Donald Trump
di AGI.IT (Giandomenico Serrao)
È cominciato a Gedda il vertice tra i Paesi Opec e non Opec. Il progetto di una ‘Banca Centrale del petrolio’ di cui gli Stati Uniti non farebbero parte, trovandosi nello scomodo ruolo di spettatori
È cominciato a Gedda in Arabia Saudita il vertice tra i Paesi Opec e non Opec per mettere a punto la strategia in vista del meeting viennese del 22 giugno e, soprattutto, definire i dettagli di un’alleanza di lunga durata. L’evento ha messo le ali al prezzo del greggio tornato ai massimi di 4 anni. Tutto questo non è passato inosservato al presidente americano Donald Trump che non si è lasciato sfuggire l’occasione per sfogare la sua rabbia su Twitter lanciando strali contro l’Opec rea di far lievitare i prezzi del petrolio. “Ci risiamo con l’Opec. Con quantità record di petrolio dappertutto, anche con le navi a pieno carico in mare. I prezzi del petrolio sono artificialmente Molto Alti! Non va bene e non sarà accettato”, ha tuonato il presidente.
Da notare che le ire presidenziali hanno raffreddato momentaneamente la corsa al rialzo delle quotazioni. Ma probabilmente il calo durerà poco. Innanzitutto perché l’andamento del greggio non dipende solo dalle decisioni prese da Arabia Saudita e Russia, rispettivamente a capo dei Paesi Opec e non Opec. Anche se l’idea, sempre più concreta, che si crei un’organizzazione stabile (Opec Plus) in grado di controllare metà dell’offerta mondiale di greggio alletta molto gli investitori. Di questa Banca Centrale del petrolio gli Stati Uniti non farebbero parte, trovandosi nello scomodo ruolo di spettatori.
A ventilare la nascita di una organizzazione del genere era stato a fine marzo il principe saudita, Mohammed bin Salman: “Stiamo lavorando per passare da un accordo annuale a uno che duri 10-20 anni. Abbiamo già un’intesa di massima ma non ancora sui dettagli”. Concetto ribadito oggi dal ministro dell’Energia russo Alexander Novak: “Abbiamo creato basi solide per una cooperazione futura tra paesi Opec e non Opec che va al di là della dichiarazione di cooperazione”.
All’ira di Trump ha risposto proprio da Gedda il ministro saudita dell’Energia, Khaled al-Faleh: “Non ho notato alcun impatto sulla domanda con gli attuali prezzi. In passato abbiamo conosciuto prezzi ben più alti. Due volte quelli attuali”, ha affermato aggiungendo che “c’è la capacità di assorbire l’aumento dei prezzi”. Per la serie: vogliamo far salire ancora le quotazioni, il presidente americano se ne faccia una ragione. Come detto, il rialzo non dipende solo da Riad e Mosca. Anzi Trump stesso ha una responsabilità non piccola avendo contribuito ad aumentare le tensioni geopolitiche in giro per il mondo. In particolare proprio verso la Russia e l’Iran, rispettivamente, primo e quarto produttore mondiali di greggio.
Da ricordare che il primo approccio tra paesi Opec e non Opec risale alla fine del 2016 quando raggiunsero un’intesa per tagliare la produzione di 1,8 milioni di barili al giorno. L’accordo che dovrebbe durare fino alla fine del 2018 ha contribuito a far risalire i prezzi del greggio sopra i 70 dollari dai 29 di gennaio 2016. Secondo gli analisti inoltre l’obiettivo dell’Arabia Saudita – maggior esportare di greggio al mondo – è quello di riportare le quotazioni a 80 dollari (qualcuno si spinge fino a 100) per risanare il bilancio pubblico e valorizzare maggiormente il 5% di Saudi Aramco, prossima alla quotazione. E questo scenario, evidentemente, al presidente Vladimir Putin non dispiace per niente.
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