Siria, mistero sui raid contro l’esercito di Damasco
di GLI OCCHI DELLA GUERRA
Dalla Siria giungono notizie di un presunto attacco della coalizione internazionale a guida Usa contro le postazioni dell’esercito siriano e delle milizie ad esso collegate.
Secondo alcuni media legati a Hezbollah e al governo di Damasco, gli aerei delle forze internazionali avrebbero preso di mira due avamposti dell’esercito siriano nel deserto orientale e un’unità di supporto di Hezbollah.
Conferme sui raid arrivano anche dall’ormai noto Osservatorio siriano dei diritti umani con base a Coventry. Secondo le sue fonti, il raid sarebbe avvenuto nei pressi di Abu Kamal e sarebbero morti 12 membri delle milizie pro-Assad.
La smentita degli Stati Uniti
Mentre i media locali affermano l’avvenuto raid da parte delle forze della coalizione, il Pentagono nega qualsiasi coinvolgimento. In sostanza, questo strike resta un mistero.
Bill Urban, portavoce del Comando centrale degli Stati Uniti, ha riferito all’agenzia Reuters: “Non abbiamo alcuna segnalazione di un attacco della coalizione guidata dagli Stati Uniti contro gli obiettivi o le forze del regime pro-siriano”. Mentre un altro portavoce del Pentagono, che ha parlato in condizioni di anonimato, ha dichiarato: “Non abbiamo informazioni a sostegno di tali rapporti”.
Ma le notizie riguardo una ripresa degli attacchi anche contro le milizie legate all’esercito siriano sono in aumento. Come riportano i media britannici, Danny Makki, esperto di Medio Oriente, ha dichiarato su Twitter: “L’attacco degli Stati Uniti a due basi dell’esercito siriano, base T2 nella Siria orientale, è stato confermato“. E si tratterebbe del secondo caso, dopo l’abbattimento di un drone siriano da parte delle forze internazionali.
A Est della Siria infuria la battaglia
Il luogo è di particolare importanza non solo perché al centro della guerra per la riconquista del territorio siriano contro lo Stato islamico, ma anche perché lì sorgono alcuni fra i più importanti terminali petroliferi siriani. La corsa per accaparrarsi le (pur esigue) risorse petrolifere siriane non è secondaria nella logica di guerra delle milizie ribelli. Ed è per questo che il governo sta puntando a riprenderne il controllo: la rinascita della Siria passa anche dalla riconquista della sua energia.
La parte orientale della Siria resta ancora il nodo da sciogliere per il futuro del Paese. L’area è l’ultima sacca di resistenza dello Stato islamico ed è la zona in cui la coalizione internazionale guida i bombardamenti.
Le forze ribelli legate alle potenze occidentali, in particolare le milizie arabo-curde, combattono contro Daeshma, nello stesso tempo, servono come ostacolo all’avanzata dell’esercito governativo. A nord, i curdi controllano ormai un’area molto vasta, nonostante le iniziative della Turchia. E a sud, le bandiere nere dei terroristi resistono.
Le forze di Bashar al Assad insieme a quelle degli alleati tentano di sfondare la linea del fronte per raggiungere l’Eufrate. Ma non è semplice. Il fronte di Damasco è stato impegnativo e l’esercito deve recuperare le forze. Nel Sud della Siria, a Dara’a e al confine con la Giordania, la situazione è incandescente.
Ma l’idea è che a Est, al confine con l’Iraq, si possa giocare la battaglia decisiva per il futuro della Siria. Qui le forze della coalizione occidentali non sembrano intenzionate a riconsegnare il territorio al governo siriano. E dall’altra del confine, l’Iraq, soprattutto con la vittoria di Moqtada al Sadr alle elezioni, rischia di essere il nuovo fallimento della strategia americana.
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