Salvini e flat tax: ecologia del dibattito
di ALESSANDRO GILIOLI
Matteo Salvini non ha detto che «è giusto far pagare meno tasse ai ricchi». Ma forse ha fatto di peggio, confondendo (o lasciando confondere) le imposte alle imprese e quelle alle persone fisiche, quindi alimentando un caos che forse piace alle tifoserie ma non aiuta un cacchio nell’ecologia del dibattito, nel “conoscere per deliberare” a cui tutti dovremmo attenerci come regola.
Ha detto infatti Salvini che «se uno fattura di più e paga di più, è chiaro che risparmia di più, reinveste di più, assume un operaio in più, acquista una macchina in più, e crea lavoro in più».
Ora è evidente che se parliamo di fatturare, di assumere e di acquistare macchinari ci stiamo riferendo a un’impresa, piccola o grande che sia.
Quindi non stiamo in alcun modo fornendo un’argomentazione a favore della flat tax (o meglio dual tax) sui salari dei dipendenti e in generale sulle dichiarazioni dei redditi delle persone fisiche.
Possiamo discutere tutta la vita – se volete – di quanto sia opportuna la detassazione alle imprese proposta da Salvini (che di questo ha parlato, anche se nella sua risposta ha lasciato intendere che la flat tax sia cosa buona e giusta per le persone fisiche, visto che la domanda era su questo, sulle tasse alle famiglie).
In linea generale – sempre per conoscere i fatti – in Italia le imposte alle imprese pesano il 48 per cento, al di sopra quindi della media mondiale (40,5) ma sotto quella di diversi altri paesi europei come Francia (62,2), Austria (51,8), Germania (48,9), Repubblica Ceca (50) e Svezia (49,1), mentre la Spagna è appena sotto i nostri livelli (46,9). Quindi abbiamo una tassazione sulle imprese alta ma non lunare. Vero è invece che da noi il sistema fiscale è più complesso, farraginoso e barocco: e porta con sé un intreccio di scadenze e adempimenti che sembra pensato da un sadico e che pesa soprattutto sulle imprese piccolissime e sulle partite Iva (i big se ne fregano, strapagano apposta stuoli di commercialisti).
Perché accada ciò che dice Salvini, comunque, è nozione abbastanza comune che sia necessario stimolare i reinvestimenti (anziché incassare gli utili), cosa che può essere fatta attraverso incentivi e sgravi (anche fiscali) sugli utili reinvestiti, appunto: vuoi in macchinari, vuoi in ricerca e sviluppo, vuoi in personale, vuoi in riduzione delle emissioni nocive per l’ambiente o altro. Intendiamoci, una tassazione differente tra utili reinvestiti e utili incassati in Italia c’è già, ma è evidente che se si vuole raggiungere l’obiettivo proposto da Salvini è in quel “delta” che bisogna ancora intervenire.
Tutto questo cosa c’entra con la flat tax (anzi dual tax) che nei propositi del nuovo governo dovrebbe portare a due sole aliquote i redditi delle persone fisiche? Niente, zero.
Nessun benestante (sopra i 100 mila euro lordi di reddito annui) se pagherà meno tasse farà “girare di più” l’economia.
Anzi, il più delle volte funziona esattamente alla rovescia: perché se si mettono più soldi nelle tasche dei ceti bassi e mediobassi, questi tendenzialmente li utilizzeranno per consumi più o meno primari, ma comunque tali (appunto) da stimolare i consumi, compresi quelli interni, quindi svolgendo una funzione positiva per l’economia; per contro, se si mettono più soldi nelle tasche dei ceti alti e molto alti, questi tendenzialmente li investono in strumenti finanziari (fondi etc) che poco hanno a che fare con l’economia reale e molto con la speculazione nominale e in ogni caso giovano poco o niente al Pil nazionale (anzi, si irrobustiscono ulteriormente i famosi “poteri esterni” finanziari che poi ricattano le democrazie).
Il super premio da 40-50 mila euro in più l’anno che verrebbe dato con la proposta gialloverde (prevalentemente a dirigenti, manager privati e boiardi di Stato, che costituiscono il grosso dei dichiaranti oltre 100 mila) non ha nulla a che vedere con l’acquisto di macchinari e con l’assunzione di un operaio di cui ha parlato Salvini.
Ecco, è l’argomentare truffaldino di Salvini che a me sta sulle scatole. La domanda del collega radiofonico al ministro era sulla flat tax per le persone fisiche, che premia solo i ceti alti. Lui ha risposto parlando della riduzione delle imposte alle imprese che reinvestono.
A Roma si dice “buttarla in caciara”, vecchia tattica da usare quando non si hanno buone ragioni, quando si sta facendo una porcheria: quale appunto il supertaglio delle tasse ai contribuenti più ricchi.
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