Quando la cittadinanza è un premio
di I DIAVOLI
Sabato 26 maggio, nord di Parigi. Un bambino, scivolato dal balcone di casa, è sospeso nel vuoto al quarto piano di un edificio. Sono le otto di sera, quando Mamadou Gassama, 22 anni, migrante irregolare sul suolo francese, sta passando per quella stessa strada con la sua ragazza. Alza la testa, si accorge della situazione. Non lascia correre, si lancia a scalare il palazzo, balcone dopo balcone, a mani nude, fino a raggiungere il quarto piano. E salva il bambino. Nelle ore successive le istituzioni avviano in tempi record la procedura per la cittadinanza del signor Gassama, che ha dimostrato, con un atto di super-volontà, di meritarsela. Gassama adesso è un eroe, ma chi era prima? E chi sarebbe stato in circostanze diverse? Senza dubbio considerare la cittadinanza come un premio da dare a chi, come Gassama, si distingue con un gesto eroico, tradisce un atteggiamento di brutale selettività nei parametri dell’accoglienza.
Nelle ore successive, si è discusso su quale fosse il premio più giusto per Mamadou Gassama. La Légion d’honneur, la più alta onoreficenza della Repubblica francese. Un periodo di servizio civile con i Vigili del Fuoco di Parigi (che si sono dichiaratipronti ad accoglierlo). Alla fine si è deciso per la cittadinanza onoraria.
E in tempi record: perché a un atto eccezionale deve corrispondere una procedura eccezionale, come titola «Le Parisien».
C’è il Ministro degli Interni in persona, allora, a vigilare affinché il permesso arrivi “nel minor tempo possibile”. La circolare Valls del 2012 dice che un irregolare può cambiare la propria posizione dando prova “di un talento eccezionale o di servizi resi alla collettività”.
Per la Francia degli anni Dieci la cittadinanza è una ricompensa, un premio.
Mamadou Gassama, 22 anni, migrante irregolare sul suolo francese, sta andando a cena con la sua ragazza e poi vedranno inseme la finale di Champions League. Dev’essere affamato perché è periodo di ramadan, e lui è un musulmano praticante.
Alza la testa, si accorge della situazione. Non lascia perdere, pensando ai guai che passerebbe se fosse identificato. Si lancia a scalare il palazzo, balcone dopo balcone, a mani nude: si arrampica, in meno di trenta secondi, fino a raggiungere il quarto piano. E salva il bambino.
Mamadou Gassama è orfano di madre e da adolescente ha lavorato in Costa d’Avorio, prima di dover tornare a casa per la guerra civile. Casa è il paese di Yaguiné, in Mali, da dove si è messo in viaggio nel 2013 per cercare di vivere meglio. Ha attraversato il Burkina Faso e il Niger, ha vissuto oltre un anno in Libia, dove ha lavorato ed è stato picchiato e incarcerato. Da lì Mamadou Gassama arriva in Italia, con l’obiettivo di raggiungere il fratello in Francia. E ci riesce, alla fine del 2017, con un ultimo viaggio per Montreuil, sobborgo povero a est di Parigi, detto “la piccola Bamako” per la forte presenza maliana.
Trova lavoro, in nero, in un cantiere. Dorme in una struttura, a Montreuil, che contiene fino a 430 posti letto per lavoratori migranti. È formalmente un clandestino e rischia l’espulsione.
Non appena si diffonde la notizia, per Mamadou Gassama arrivano i soprannomi: “Superman”, “Spiderman”. Nell’immaginario, insomma, diventa un supereroe.
Chi sarebbe stato, però, se non fosse passato in quella strada, in quel momento? Chi sarebbe stato, se avesse deciso di non intervenire? E chi sarebbe stato, se non fosse riuscito a salvare il bambino?
Uno straniero irregolare, un clandestino. Uno di quelli che vivono ai bordi di Parigi e della Francia. La feccia di cui sbarazzarsi, la racaille, come la chiamava Sarkozy.
Non è il primo caso recente di questo tipo.
Ad Aubervilliers, nel 2014, i sans-papiers tunisini Mohssen e Mohamed salvano circa quindici vicini di casa da un incendio. Per loro arriva il premio della cittadinanza. Il prefetto di Seine Saint-Denis la definisce una “regolarizzazione a titolo umanitario e per ricompensare un comportamento esemplare” .
Un altro giovane maliano, Lassana Bathily, viene regolarizzato nel 2015 per aver messo in salvo, dai terroristi che hanno sparato nella redazione di «Charlie Hebdo», i clienti del supermercato kosher dove lavora. L’incontro con Valls e Cazeneuve avviene pochi giorni dopo.
Non così diversa la vicenda di “Didi”, che ha limitato la portata di un altro attentato sconvolgente. È il responsabile della sicurezza del Bataclan, la notte del 13 novembre 2015, e riesce a salvare decine di persone. Nato in Algeria, Didi vive in Francia da quando aveva sei mesi ed è sposato con una francese.
La procedura per la cittadinanza è già in corso, ma il suo comportamento eroico accelera i tempi: può diventare francese più in fretta del normale.
Una decisione che viene dalle istituzioni ma risponde a un sentire più ampio: in quei giorni, una petizione raccoglie oltre centomila firme per chiedere al presidente Hollande di naturalisere dare la legion d’onore a Didi. Lui non cavalca il clamore mediatico, anzi abbassa i toni quasi stupito: “Ho fatto quello che dovevo”.
I casi di Bathily e “Didi” sono simboli perfetti dell’accoglienza selettiva. Un musulmano che salva vite di ebrei, onorando il suo lavoro e il Paese in cui vive. Un maghrebino, musulmano, che salva decine di persone dal fanatismo dell’ISIS.
A poche ore dal salvataggio, Macron incontra Gassama. Gli offre una medaglia, firmata dal prefetto di Parigi, e lo invita a fare domanda per una naturalisationeccezionale. Per diventare francese. Perché, spiega il presidente della Repubblica, “la Francia è una volontà. E con impegno il signor Gassama ha dimostrato di averla”.
Se non avere documenti regolari significa stare fuori dalla legge, bisogna intervenire eccezionalmente per portare un coraggioso dentro la legge. Non possono esistere supereroi clandestini.
Per la Francia degli anni Dieci la cittadinanza è una ricompensa, un premio. Bisogna essere straordinari per ottenerla. Bisogna mettere a rischio la propria vita.
Fonte: http://www.idiavoli.com/focus/quando-cittadinanza-e-premio/
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