Il commento del generale Carlo Jean, analista di geopolitica e intelligence economica, sulla posizione del governo Conte in materia di difesa comune europea
A margine della riunione dei ministri degli Esteri dell’Unione europea, tenuta a Lussemburgo il 25 giugno, nove Paesi (Germania, Francia, Regno Unito, Belgio, Paesi Bassi, Lussemburgo, Spagna, Portogallo ed Estonia) hanno approvato l’Iniziativa d’Intervento Europea.
Hanno fatto propria una proposta inizialmente formulata dal presidente francese Emmanuel Macron nel suo discorso alla Sorbona nel settembre 2017. Il principale e, a parer mio, l’unico aspetto positivo, consiste nella assicurazione del Regno Unito a continuare la cooperazione strategico-militare con l’Unione europea, fugando ogni dubbio sul fatto che Londra la volesse utilizzarla come ricatto per ottenere vantaggi economici nelle trattative sulla Brexit. Occorre ricordare che il Regno Unito non aveva aderito alla PESCO (Cooperazione Permanente Strutturata) per la sicurezza e la difesa collettiva. Quest’ultima era stata firmata da 25 Paesi membri dell’Ue nel dicembre 2017. Assieme al Regno Unito, anche Danimarca e Malta non avevano aderito alla PESCO.
La nuova iniziativa, i cui dettagli devono essere ancora precisati, segue altre decisioni dell’Ue di prevedere di dare una certa sostanza alla CSDP (The Common Security and Defence Policy) la politica comune europea di sicurezza e di difesa, rendendo l’Ue un attore geopolitico globale, qual è nelle ambizioni (e nei sogni!) degli europeisti più convinti.
Per disgrazia o per fortuna – a seconda delle preferenze di ciascuno – tutte le decisioni prese sulla sicurezza e la difesa si sono rivelate fantasie, per fortuna innocue. Una politica estera e di sicurezza, come la costituzione di un esercito europeo, richiederebbero uno Stato o almeno la costituzione di un’Europa politica. Anche quest’ultima possibilità sta divenendo sempre più irrealistica, in un periodo in cui prevalgono i sovranisti e gli interessi nazionali degli Stati membri sono sempre più divergenti, con qualche eccezione in campo economico.
La sicurezza europea rimane basata sulla Nato, cioè sui legami transatlantici. Non è vero, nonostante la retorica di Trump sull’obsolescenza dell’Alleanza, che gli Usa intendano disimpegnarsi dall’Europa. Il Pentagono ha aumentato recentemente i fondi destinati alla difesa europea ed è stato il primo a schierare forze per aumentare negli Stati Baltici e in Polonia le forze destinate a garantire una certa credibilità alla dissuasione che solo la presenza di forze convenzionali americane in Europa (e in Africa) e le armi nucleari americane possono garantire.
Un’autonomia europea nel campo della sicurezza non rappresenta un’opzione credibile contro le minacce non solo a Est, ma anche a Sud. Senza gli Usa non sarebbe credibile quanto resta della dissuasione nucleare. Anche nel continente africano, gli Usa hanno aumentato le loro forze e i loro impegni.
Ma allora perché il presidente francese ci tiene tanto all’EII? Certamente, ciò dipende dalla sua naturale tendenza a dare maggior peso alla retorica politica rispetto alla realtà strategica. Con la Brexit, l’Unione europea ha perduto le forze armate più efficienti. Una difesa europea dell’Europa è divenuta così ancora meno credibile. Inoltre, malgrado le sue alquanto ridicole ambizioni napoleoniche, Macron ha diminuito il bilancio della difesa, riducendo ancora le già ridotte capacità d’intervento francese, tanto da provocare le dimissioni del Capo di Stato Maggiore della Difesa.
Beninteso, la Francia rimane, dopo la Brexit, l’unica potenza nucleare sul continente europeo. Ma la cosa è irrilevante per gli altri Stati. Nessuno è tanto folle da basare la propria sicurezza su qualsiasi promessa di europeizzazione della Force de Frappe. E allora perché tanta insistenza? Non certo perché il Regno Unito ha partecipato a una quindicina d’interventi dell’Ue. L’iniziativa della forza d’intervento non può neppure essere motivata dal timore di Parigi che Londra ricatti l’Ue per ottenere vantaggi economici minacciando la fine dei suoi impegni nella difesa europea. Londra dipende troppo da Washington. Non potrà mai abbandonare la Nato, finché gli USA saranno presenti in Europa.
I motivi sono, a parer mio, l’ossessione per la grandeur che la Francia vuole tutelare dal punto di vista formale, anche perché sa di essere inferiore alla Germania. Gli altri paesi che hanno aderito alla EII lo hanno fatto perché è politicamente corretto e non costa nulla, sapendo che nessuno potrà ordinare loro d’intervenire realmente. Malgrado gli accordi più stringenti, l’uso della forza militare rimane una responsabilità esclusivamente nazionale.
A parer mio, giustamente l’Italia non ha aderito all’iniziativa. Scelta forse motivata dai deludenti risultati nei precedenti tentativi di collaborare con Parigi. I casi della Fincantieri e delle ripetute razzie francesi in gioielli industriali e bancari italiani, nonché l’ambiguità francese sul nostro progettato intervento militare in Niger, oltre che l’arrogante (è un eufemismo!) comportamento di Macron sulla questione dell’immigrazione, giustificano da soli la reticenza italiana di salire sul carro della EII. A parer mio, il caso del Niger in cui il nostro contingente avrebbe dovuto contrastare il traffico di esseri umani, è stato determinante.
Le forze francesi sono in quel paese per proteggere le miniere di uranio dell’Areva e, forse, anche per combattere l’Isis. Parigi non vuole interferenze italiane. La lotta contro l’immigrazione danneggerebbe grossi interessi locali, dato che i trafficanti sono strettamente collegati con le tribù locali. Provocherebbe forse il loro intervento anche contro il contingente francese schierato in quel paese e che si guarda bene dall’intervenire. Per Parigi è meglio bloccare gli immigranti a Ventimiglia e Bardonecchia e far sfoggio di buoni sentimenti per le navi delle Ong!
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