Tra gas, petrolio e immigrazione: come Conte si muove in Africa
di GLI OCCHI DELLA GUERRA ( Mauro Indelicato)
Così vicina geograficamente, così essenziale economicamente, ma anche così tanto lontana nella percezione sia mediatica che comune. L’Africa, immaginata come una terra unicamente di miseria e di sottosviluppo, da anni appare molto più protagonista degli interessi geostrategici italiani di quanto si possa immaginare. E di quanto, molto probabilmente, si può percepire dall’interesse mediatico rivolto verso il continente nero. Basti pensare che la nostra tv di Stato ha soltanto una sede di corrispondenza ubicata a Nairobi, con la quale dovrebbero essere coperti eventi ed avvenimenti che accadono in un territorio che va dalla Nigeria fino a Città del Capo. Eppure le nostre aziende sono lì. Anzi a guardare i numeri esce fuori un dato sorprendente: l’Italia è dietro soltanto Cina, Emirati Arabi Uniti e Marocco per quantità di investimenti nel continente nero. Siamo dunque davanti a francesi, tedeschi e spagnoli, i primi quindi in Europa e secondo questa classifica Roma sopravanza anche Washington.
L’Italia dunque c’è: privati, interessati non solo nel settore energetico ma anche in quello delle infrastrutture, enti, associazioni e piccole imprese portano il nostro Paese ad essere ben visto e ben presente in Africa. Adesso è forse il momento di far fruttare il tutto sotto un profilo anche più squisitamente geopolitico e politico.
Il “pallino” dell’Africa tornato in primo piano nelle agende diplomatiche
Il neo atlantismo incarnato dall’ala della Democrazia Cristiana capitanata da Amintore Fanfani fa approdare i temi della presenza italiana in Africa nello scacchiere politico del nostro Paese. Senza mettere in discussione il posizionamento dell’Italia all’interno dell’alleanza atlantica, la corrente di Fanfani propone ad inizio anni ’60 una visione di Roma quale Paese di primario spessore per gli equilibri del Mediterraneo. Una politica estera dunque incentrata sempre sulla fedeltà a Washington ma che, al tempo stesso, possa dare all’Italia autonomia di operatività nel contesto mediterraneo e quindi nell’intera Africa. Un’autonomia tanto politica quanto economica, in grado di proiettare Roma quale punto di riferimento per i rapporti tra occidente, oriente e continente nero. Poi le cose, come ben si sa, sono andate diversamente. Sia nella agende politiche che sotto il profilo mediatico, l’Africa è sparita dai radar delle nostre priorità.
Ma il pallino è sempre rimasto. Lo dimostra il ruolo avuto dall’Italia nel reinserimento della Libia all’interno della comunità internazionale, al pari delle politiche portate avanti tra Roma e Tripoli culminate con il patto di amicizia siglato a Bengasi nel 2008. In quell’occasione il nostro Paese riesce a confermare il suo determinante peso nella sua ex colonia e cerca di rimettersi in gioco nel resto del continente africano. Anche in questo caso la storia, assieme agli errori di valutazione occidentali e quindi (in parte) anche italiani, tirano un brutto scherzo a Roma con l’uccisione e deposizione di Gheddafi avvenuta nel 2011. Ma il “pallino” dell’Africa torna negli anni successivi. Matteo Renzi nei suoi mille giorni da presidente del consiglio visita tre volte il continente nero, toccando sia il corno d’Africa che il Kenya, così come i paesi sub sahariani. Un segno del ritorno dell’Italia in Africa che adesso sembra fare breccia anche nell’esecutivo gialloverde.
Il premier Conte nei giorni scorsi si è detto pronto a visitare il Corno d’Africa, con un viaggio in via di definizione logistica. Proprio il capo dell’esecutivo, nel corso del vertice di Salisburgo dedicato ai problemi dell’immigrazione, ha criticato la politica europea sull’Africa: “Destinare 500 – 600 milioni di Euro al continente nero – sono le sue parole – è irragionevole se comparati ai miliardi che stiamo dando alla Turchia”. Il riferimento è all’accordo tra Bruxelles ed Ankara con il quale l’Ue fornisce tre miliardi al governo turco per trattenere i migranti. Secondo Giuseppe Conte è necessario invece investire molto in Africa, non solo per la questione migranti ma anche per rispondere agli altri attori internazionali che puntano sullo sviluppo del continente. E questa questione, tra le altre cose, a lungo termine potrebbe essere interconnessa proprio con la tematica dell’immigrazione.
Fonte: http://www.occhidellaguerra.it/cosa-l-africa-rappresenta-per-l-italia/
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