I punti della trattativa fra Italia e Unione europea sulla manovra
Di LETTERA 43 (Francesco Pacifico)
Non basta una correzione dei conti. Da Bruxelles vogliono che Roma faccia un passo indietro politico. Abbassando i toni contro la Commissione. Per non rinfocolare i malumori di altri Paesi. Il negoziato.
Da Roma giurano e spergiurano che il rapporto deficit/Pil del 2,4% è soltanto virtuale. Che, in fin dei conti, i 27 miliardi impegnati oltre il dovuto nella manovra non saranno del tutto spesi. Da Bruxelles replicano che, più che sui conti, l’Italia deve fare un passo indietro politico: tradotto, Luigi Di Maio e Matteo Salvinidevono smetterla di attaccare l’Unione europea a testa bassa un giorno sì e l’altro pure. È in questi confini che si interseca la trattativa tra l’Italia e l’Ue, dopo che la Commissione europea ha dato tre settimane al nostro Paese per riscrivere la manovra.
UNA GARANZIA DI NOME DRAGHI
Spinge per un accordo Mario Draghi. E il monito del presidente della Banca centrale europea (Bce) ha un valore duplice: vuoi perché è l’unico che con le sue munizioni – il Quantitative easing destinato a chiudersi a dicembre – sta tenendo a bada i mercati; vuoi perché sta lavorando dietro le quinte per far sì che anche il suo successore continui a rinnovare i titoli italiani già oggi in pancia all’Eurotower. Draghi, che ancora una volta ha garantito sulla solidità italiana, ha mandato un chiaro messaggio alla maggioranza gialloverde: «Non spetta alla Bce finanziare il deficit dei singoli Paesi» e, in caso di crisi, «l’unico strumento applicabile è l’Omt (Outright monetary transactions, il piano anti spread, ndr), il programma già utilizzato per la Grecia» e troppo contenuto per un’economia come l’Italia. Da qui l’auspicio che sa di ukase: «È una mia percezione personale per cui prendetela per quello che è», ha detto ai giornali, «ma resto fiducioso che un accordo tra Italia e commissione europea sarà trovato».
Ufficialmente Roma non si muove di un millimetro. «Noi puntiamo», ha tuonato Salvini su Facebook, «sulla vita vera: lavoro, tasse, legge Fornero, Equitalia, partite Iva, agricoltura, risparmiatori truffati. Se la finanza e l’Europa seguiranno l’economia reale lo spread scenderà inevitabilmente, perché la nostra manovra darà stabilità e serenità all’Italia». Più tranchant il ministro alle Politiche comunitarie, e grande ispiratore delle linea economica, Paolo Savona: «Rimanderemo all’Ue la manovra tale e quale». Ma queste dichiarazioni, che pur rappresentano l’approccio di una parte del governo, rientrano soltanto nella dialettica politica. Dietro le quinte si tratta.
IL DEFICIT AL 2,4% POTREBBE NON ESSERE SPERO PER INTERO
Lo dimostrano le parole pronunciate come un mantra dal premier Giuseppe Conte appena può – «Siamo pronti al dialogo con l’Ue, ma basta pregiudizi» – o le precisazioni del ministro dell’Economia, Giovanni Tria, o del potente sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Giancarlo Giorgetti. I quali sottolineano che il deficit al 2,4% potrebbe non essere speso per intero.
PENSIONI: QUOTA 100 SOLTANTO PER POCHI
Dal governo italiano avrebbero fatto sapere a Bruxelles che la manovra è meno espansiva di quanto possa apparire. Su una platea potenziale di 400 mila persone, soltanto la metà potrebbe approfittare di Quota 100 per andare in pensione in anticipo. Anche perché 150 mila di questi sono statali, per la maggior parte in posizioni apicali. E potrebbero calare da quattro a due le finestre di uscita o potrebbero essere spostati in avanti i tempi per far partire la misura.
MAXI SPENDING REVIEW COME GARANZIA
Il reddito di cittadinanza potrebbe essere erogato a meno disoccupati e inoccupati, poiché il criterio fondante per l’ammissione sarà il reddito Isee: per esempio terrà fuori molti dei giovani che vivono con i genitori nelle loro case di proprietà. Ci sono poi il congelamento alla spesa di importanti ministeri come la Sanità e la Difesa. E se non bastasse, Tria starebbe starebbe studiando una maxi spending review da 7 miliardi spalmata sul triennio, a mo’ di garanzia come nelle precedeti manovre sono state le clausole di salvaguardia sull’Ilva.
L’EUROZONA E IL PERICOLO DELLE DIVERSE VELOCITÀ
Fino a qualche settimana fa tutto questo, più delle correzioni formali, sarebbe bastato a Bruxelles. Ma ora non più: serve un passo politico. Dalla Commissione fanno notare che il muro contro muro portato avanti da Di Maio e Salvini rischia di essere nocivo per tutta l’area, potrebbe portare a un laissez faire ingestibile per un’area, l’Eurozona, che deve viaggiare alla stessa velocità e che potrebbe, spaccata, potrebbe soggiacere sotto la potenza di fuoco economica di America e Cina.
RITROSIA DEI PAESI NORDICI VERSO I NOSTRI RITARDI
Soprattutto nella Commissione – e di questo avrebbero parlato Jean-Claude Juncker e Angela Merkel – si teme che l’atteggiamento italiano possa rinfocolare la ritrosia dei Paesi nordici verso i ritardi dell’area Mediterranea. Non a caso due potenziali alleati salviniani come il premier austriacoSebastian Kurz o i tedeschi dell’estrema destra di AfD hanno chiesto a Roma di rientrare dei loro propositi e di abbassare il deficit.
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