Inchiesta sulle ONG: la guerra in Siria e i contractors
Inchiesta in tre parti di LOOKOUT NEWS – Terza parte
di LOOKOUT NEWS (Tersite)
Il confine tra umanitarismo e ingerenza politica, i collegamenti con i movimenti islamisti, i tentativi di regime change: il peso delle Organizzazioni Non Governative nelle crisi di Medio Oriente, Africa ed Est Europa
Un ultimo sviluppo di un numero rilevante di ONG che operano nelle aree di crisi di tutto il mondo è parallelo alla privatizzazione della guerra che ha visto il rapido sviluppo di enormi organizzazioni di mercenari. Soprattutto americane, come la Blackwater (costretta a cambiare nome in XE Services-Academi per le troppe inchieste sul suo violento operato in Iraq), o inglesi come la Aegis Defence Services. Queste agenzie sono divenute talmente grandi, e sostitutive, che prima del ritiro americano vi era in Iraq un numero maggiore di contractors che non di militari USA.
Nella guerra in Siria la privatizzazione della guerra passa per il dato di fatto che tutte le milizie entrate nel Paese con il compito di rovesciare il governo di Assad sono formate da mercenari finanziati dai Regni del Golfo. Alcune di queste milizie mercenarie godono della guida diretta nella pianificazione tattica di ex membri del SAS britannico, opportunamente divenuti contractors privati.
Il profilo del Syria Civil Defence
Ma la guerra non è fatta soltanto di combattenti. Occorrono loro dei supporti. Così alla privatizzazione della guerra è seguita la privatizzazione dell’assistenza ai combattenti. La principale organizzazione di assistenza ai miliziani in Siria è la Syria Civil Defence, conosciuta come The White Helmets, che opera come ONG umanitaria soccorrendo i civili vittime dei combattimenti.
La White Helmets – che ha significativamente base a Istanbul, cioè nel Paese con il maggior coinvolgimento militare e di supporto nella guerra contro il governo di Assad – è stata però creata, come buona parte delle compagnie di contractors, da un ex militare. Si tratta di un inglese, James Le Mesurier, formatosi nell’accademia militare di Sandhurst, già ufficiale coordinatore dell’intelligence NATO nelle guerre in Bosnia e Kosovo, poi in Iraq e in Libano. È stato operativo anche negli Emirati Arabi Uniti, dove ha addestrato la forza di protezione dei campi petroliferi. Successivamente ha avuto compiti di rilievo in progetti sulla sicurezza per l’UE ed è stato vice presidente nella società inglese di mercenari privati Olive Group, una delle maggiori al mondo, e direttore della società di sicurezza Good Harbour International, entrambe con sede a Dubai. Un curriculum davvero insolito per creare una ONG di assistenza e difesa di civili.
(Miliziani di Jabhat Al Nusra a Idlib)
I fondi della presunta ONG dei White Helmets vengono per i primi 300mila dollari dai governi di Stati Uniti e Inghilterra, ma anche dal Syrian National Council dell’opposizione, dunque dai principali finanziatori del regime change di Assad, vale a dire Arabia Saudita e Qatar. Mentre materiale di intervento è stato fornito dalla Turchia, sponsor di altre milizie anti-governative. Successivi finanziamenti sono poi emersi da parte della Fondazione Soros, mentre da un report pubblicato dall’USAID (U.S. Agency for International Development) nel 2015 si evince un suo finanziamento per 15 milioni di dollari. Ma la maggior parte dei fondi – accertati per due tranche da 3,5 milioni di sterline e altri 10 milioni – sono arrivate dal ministero degli Esteri inglese.
I White Helmets si fanno fotografare con bambini e donne eroicamente recuperati dalle macerie e probabilmente, per la parte che serve alla propaganda e alla copertura, il loro lavoro è anche questo. Ma fin dalla fondazione hanno premuto per un intervento occidentale (formalmente a tutela dei civili, come in Libia) e per la creazione della no fly zone tanto voluta dallo sponsor turco. Il grosso del loro lavoro è invece quello di supporto ai miliziani feriti, loro recupero e ospedalizzazione. Soprattutto nelle zone di influenza dell’ISIS e dei qaedisti di Jabhat al Nusra. Perché, nonostante quanto dichiarato sul loro sito, “The volunteers save people on all sides of the conflict”,non lo fanno anche nelle zone governative ma soltanto in quelle dei miliziani.
La vicinanza dei White Helmets con i gruppi terroristici wahabiti è tale che il suo stesso direttore, Raed Saleh, è persona non grata negli USA, e il mese scorso ha visto negarsi l’ingresso nel Paese, proprio per ritirare un premio per l’attività dei White Helmets, ed è stato rispedito a Istanbul. Nel commentare l’accaduto, il portavoce di Dipartimento di Stato ha spiegato in modo arzigogolato che erano eroi perché avevano salvato “40mila vite” ma che però avevano legami sospetti.
(Raed Saleh, direttore del Syria Civil Defence)
Di fatto molti suoi dirigenti in Siria sono stati leader di gruppi anti-Assad o coinvolti in forniture di armi ai miliziani. Mentre armi sono state portate apertamente da suoi membri, che dovrebbero essere soltanto di difesa civile. Membri dei White Helmets ricoprono il doppio ruolo di ‘soccorritori’ e di miliziani. Come nel caso documentato dal fotoreporter Muawiya Hassan Agha. Mentre un video li mostra raccogliere subito dopo l’esecuzione il cadavere di un giovane giustiziato da al-Nusra ad Aleppo.
Nelle loro dichiarazioni rese sul campo i White Helmets hanno manifestato in più occasioni la loro vera natura. Quella per cui il loro direttore Raed Saleh è stato respinto dagli USA. Se nel loro sito è scritto che “hanno rischiato il fuoco dei cecchini per recuperare corpi di militari della SAA per dare loro degna sepoltura”, in un video uno di loro parla di “gettare nella mondezza i corpi degli Shabiha”. Shabiha, la cui tradizione letterale è “cani”, è il termine dispregiativo usato dai miliziani per esercito e corpi militari governativi.
In altri video sempre membri dei White Helmets definiscono i miliziani jihadisti benedetti da Allah e si felicitano per la loro conquista di un villaggio e affermano che presto, con l’aiuto di Allah, le roccaforti di Assad a Latakia e Damasco verranno liberate.
(Siria: White Helmets armati in un’area controllata da milizie ribelli)
Sullo stesso sito dello USAID che ha foraggiato i White Helmets, si legge: “Il nostro lavoro sostiene a lungo termine una crescita economica equa e avanza gli obiettivi di politica estera degli Stati Uniti, sostenendo: la crescita economica, l’agricoltura e il commercio; salute globale; e, la democrazia, la prevenzione dei conflitti e l’assistenza umanitaria”. La copertura, umanitaria e democratica, e i reali obbiettivi nella stessa frase.
Si può concludere questa inchiesta sulle ONG dicendo che in linea generale, salvo prova contraria, tutte quelle nel cui nome compaiono le parole Democracy,Human Rights o Freedom seguono sicuramente, in modo più o meno diretto – dalla collaborazione o alla copertura per agenti, dalla propaganda a funzioni di destabilizzazione – l’agenda del Dipartimento di Stato. Perchè “democrazia”, “diritti umani” e “libertà” sono le parole utilizzate dal Dipartimento di Stato e dalla Casa Bianca per discreditare Paesi non allineati agli interessi USA e, in una fase successiva, per giustificare interventi militari.
Fonte: http://www.lookoutnews.it/siria-ong-syria-civil-defence-white-helmets/
Commenti recenti