L’insofferenza verso Merkel raccontata dalla Germania
Di LETTERA 43 (Stefano Casertano)
Angela ha costruito la carriera sulla mediazione. In pieno stile Kohl. Ma i tedeschi iniziano a manifestare nostalgia di una politica più diretta. E le elezioni in Baviera, in questo senso, sono solo l’ultimo segnale.
da Berlino
Icancellieri tedeschi hanno la tendenza a rimanere al potere a lungo, e da fuori siamo abituati a osservare quest’abitudine con una punta d’invidia. Angela Merkel segue fedelmente il tracciato dei suoi predecessori: da 13 anni guida la Germania. Eppure, stante anche il tracollo elettorale appena realizzatosi in Baviera, giungono segnali che per i tedeschi l’abitudine a Merkel si sta trasformando in una forma di insofferenza. Ma perché Angela ha smesso di funzionare politicamente? Perfino lo storico alleato Wolfgang Schäuble, per anni suo ministro delle Finanze e adesso presidente del Bundestag, ha riconosciuto sibillinamente che il periodo Merkel è stato «eccezionalmente lungo e ricco di successi», ma anche che «nei sistemi umani tutto ha il suo tempo e dopo un po’ giunge una forma di stanchezza».
Traducendo le parole dell’oracolo di Friburgo, s’intende qui come un certo stile di fare politica sia arrivato al termine: come spesso capita agli uomini di potere, il mondo è cambiato e l’adattamento è difficile. Per Merkel, lo stile è da sempre quello di affrontare i problemi, studiare diverse soluzioni, prendere tempo e alla fine, possibilmente, non decidere. I tempi sono ancora troppo acerbi per comprendere la genialità politica di Merkel. Nell’ambito del suo partito nessuno avrebbe mai pensato che sarebbe riuscita a prendere posizioni di potere, e men che meno a diventare cancelliera. Caduto il muro, Merkel, unitasi al partito nel 1990, in poco tempo è riuscita a legarsi ai personaggi più importanti per progredire tra i ranghi. Il più significativo è stato il cancelliere Helmut Kohl, dal quale Merkel ha appreso anche lo stile di fare politica.
IL MODELLO KOHL ALL’INSEGNA DELLA MEDIAZIONE
La grande qualità di Kohl è stata quella di riuscire a mediare tra le varie anime del partito, ritagliandosi sempre una posizione super-partes che gli consentiva libertà d’azione. È così che Kohl riuscì a far passare un piano rapidissimo di riunificazione tedesca, perfino con un cambio tra marcooccidentale e orientale uno a uno. Fu sufficientemente scaltro da addossare gran parte dei costi della ristrutturazione dell’Est all’Europa, peraltro con particolare entusiasmo da parte di Bruxelles. La fine di Kohl è stata dovuta a uno scandalo di donazioni alla Cdu da parte del commerciante di armi Karlheinz Schreiber. Il problema portò a uno stallo nella carriera politica di Schäuble, destinato a prendere il posto del cancelliere. Merkel colse l’occasione di ergersi immediatamente a riformatrice del partito: era il 1999 e rivestiva già il ruolo di segretaria generale della Cdu. Nell’anarchia interna dovuta alle indagini, riuscì a radunare voti a sufficienza per assumere nel 2000 la guida del partito.
La prima Merkel era un capo dell’opposizione duro e flemmatico: sue le parole del 2004 secondo cui «la società multiculturale è fallita», fino a richiami continui al concetto di «cultura guida» cui tutti gli abitanti in Germania dovrebbero attenersi. Il successo elettorale del 2005, quello che l’ha portata al governo, è stato però dovuto più a una forma di suicidio politico dei socialdemocratici, che a meriti propri della Cdu. Il cancelliere Spd aveva infatti introdotto un piano di riforme – Agenda 2010 – che includeva elementi assai poco socialdemocratici quali taglio delle aliquote fiscali per i più ricchi e riduzione dei sussidi per i disoccupati. Lo scopo era il rilancio dell’economia della Germania, la cui cartina era stata troppo spesso protagonista di copertine satiriche dell’Economist. Il primo effetto è stato quello di vedere aumentare ulteriormente la disoccupazione, e Merkel ha trovato un altro spazio di opportunità politica per inserirsi.
L’EREDITÀ DI SCHRÖDER E UNO SCUDO DI NOME WOLFGANG
La realtà la negano in pochi: gran parte del successo economico della Germania negli ultimi 10 anni è stato dovuto alle riforme di Schröder. La cancelliera ha seguito uno stile di governo orientato più alla gestione che alle riforme o ai grandi atti politici. Quasi tutte le decisioni più significative sono state dovute a forti pressioni popolari, o a ragioni di opportunità politica, attingendo a porzioni dell’agenda degli avversari e degli alleati politici. Si prenda il caso della posizione sull’energia nucleare in Germania. Fino al 2011, Merkel era a favore del prolungamento delle vita delle centrali, ma dopo il disastro di Fukushima ha rapidamente cambiato idea, ordinando uno stop pianificato a tutta la produzione. Sul piano sociale, è stato introdotto un reddito minimo progressivo, svilendo il programma politico degli alleati della Spd. Per il resto, a fare il muso duro in Europa veniva inviato Schäuble.
Il problema è che la Germania è più fragile di quanto non si pensi. Con la crescita dell’export è aumentata la polarizzazione del reddito e dei patrimoni. Lascito delle riforme socialdemocratiche è una serie di contratti di lavoro atipici a bassissimo reddito – a completamento delle misure che consentono la riduzione del costo del lavoro tra i fattori produttivi. Più di un lavoratore su cinque in Germania guadagna troppo poco per vivere, mentre quasi 4,2 milioni di tedeschi ricevono sussidi sociali. Ma proprio qui si colloca il problema per lo stile Merkel. Se arriva una questione come quella degli immigrati, dove si trova la mediazione? Laddove si teme una concorrenza per gli impieghi a basso reddito, l’elettorato si sta spostando chiaramente a destra. Merkel ha iniziato a opporsi in maniera sempre più ferma ai piani d’accoglienza, ma questo ha creato gravi problemi elettorali nelle zone più abbienti.
LA LEZIONE DEL TRACOLLO BAVARESE
In Baviera la Cdu ha perso principalmente a Monaco, dove il primo partito è stato quello dei Verdi. Si può tacciare la capitale bavarese di essere radical chic, eppure è normale che in un centro urbano di tradizione cristiano-cattolica i “valori” prevalgano sulle esternazioni razziste dell’estrema destra. La questione dell’economia interna alla prova della migrazione è la sfida più difficile per Merkel. Finora l’indecisionismo ha pagato, ma il tracollo bavarese insegna che i tedeschi hanno nostalgia di una politica più diretta. E forse, dopo tanti anni al potere, un ricambio sarebbe normale. Non possiamo però trascurare il fatto che Merkel sia stata data più volte per finita: una costante della sua carriera, fin dagli inizi.
Fonte: https://www.lettera43.it/it/articoli/mondo/2018/10/18/merkel-carriera-politica-stile/224611/
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